Monumento a Graziani, il cosiddetto “sacrario” di Affile, dedicato nel piccolo Comune del Lazio al gerarca fascista, criminale di guerra e ministro della Rsi, realizzato con fondi regionali e inaugurato nell’estate del 2012. Sulla vicenda di quello che era stato definito “mausoleo della crudeltà” erano sorte aspre polemiche e la questione era finita davanti alla magistratura a seguito di una denuncia dell’Anpi nazionale. Nei giorni scorsi il tribunale di Tivoli ha condannato per apologia di fascismo il sindaco di Affile, Ercole Viri, e gli assessori Giampiero Frosoni e Lorenzo Peperoni. L’avvocato Emilio Ricci è il legale che ha rappresentato l’Anpi nazionale, costituitasi parte civile nel processo.
Avvocato Ricci, il primo grado del processo ha condannato gli imputati per apologia di fascismo.
È stata applicata la legge Mancino, comminando al sindaco di Affile la pena di 8 mesi di reclusione e di 6 mesi per i due assessori. Ci sono inoltre sanzioni accessorie: l’interdizione dei condannati dai pubblici uffici per quel periodo e un risarcimento del danno all’Anpi nazionale, l’unica parte civile nel procedimento. Si tratta intanto di ottomila euro che i condannati in via provvisionale dovranno versare all’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia mentre sarà un successivo giudizio civile a stabilire l’entità complessiva del risarcimento. Sono danni morali quelli subiti, dunque rilevanti seppur di complessa quantificazione, per questo è importante aver avuto nella sentenza penale l’indicazione di una cifra di riferimento.
Perché spesso nei processi l’apologia di fascismo non viene riconosciuta?
Il profilo dell’apologia di fascismo è delicato per l’individuazione del reato, che consiste nell’esaltazione del fascismo, ed è sanzionato sia dalla Costituzione sia dalle leggi Scelba e Mancino. Per esempio, sul saluto romano esibito nelle manifestazioni giudici diversi hanno dato valutazioni differenti. Lo comprendo, ma ovviamente non sono d’accordo. In questo caso però il giudice ha ritenuto che la condotta degli imputati nel realizzare un monumento intitolato a Graziani, uomo simbolo soprattutto del nazifascismo saloino, sia apologia.
Graziani è stato un criminale di guerra oltre che un gerarca.
Il generale Graziani venne inserito nell’elenco dei criminali di guerra dell’Onu per aver utilizzato l’iprite, un gas tossico, in Somalia, Etiopia, Libia e massacrato migliaia di civili oltre che militari e combattenti contro l’occupazione italiana negli anni 30 e 40. Rodolfo Graziani è stato un significativo esponente del fascismo, ministro e comandante delle forze armate della repubblica di Salò. Firmò lui il bando che nel ’43 prevedeva la fucilazione di ogni renitente alla leva, cioè di chi si rifiutava di entrare nell’esercito del governo fantoccio di Mussolini. Nel 1950 venne condannato a 19 anni di prigione dal Tribunale militare italiano per collaborazionismo col tedesco invasore. Scontò appena 4 mesi e in seguito si iscrisse al Msi, di cui fu presidente.
La sentenza prevede l’abbattimento della struttura?
No. La Procura della Repubblica, nella persona del Procuratore capo, che ha seguito personalmente il processo, nella requisitoria aveva chiesto il sequestro del monumento ai fini della confisca e della demolizione. Secondo il Pm, infatti, quell’edificio è una concreta e materiale forma di apologia di fascismo e dunque va abbattuto. Il giudice non ha accolto la richiesta. Ne leggeremo le motivazioni quando saranno pubblicate, fra circa 90 giorni, ma su questo punto la Procura ha già annunciato di ricorrere in appello. Da parte nostra, come parte civile chiederemo alla Procura di impugnare la sentenza, lo prevede un articolo del codice di procedura penale.
Il processo è nato nel 2012 in seguito a una denuncia dell’Anpi nazionale.
È così. E l’Anpi ha anche deciso di costituirsi parte civile, come accade ormai in numerosi procedimenti. Nel processo di Tivoli, l’Associazione è stata riconosciuta depositaria della memoria della lotta di Liberazione. Né gli imputati né i loro avvocati si sono opposti.
La vicenda del mausoleo a Graziani ha avuto rilievo internazionale, ne parlò il New York Times.
Quando si è saputo della sentenza, mi hanno chiamato anche da New York e ho anche ricevuto le congratulazioni dalla Comunità etiope.
Quando andrà in giudicato, la sentenza di Tivoli potrà fare scuola?
Ritengo di sì, farà giurisprudenza. Purtroppo in Italia vengono avviati molti procedimenti per comportamenti apologetici del fascismo che si concludono con un nulla di fatto. Il giudice di Tivoli, una giovane donna, ha invece fatto un grande lavoro di indagine, ha reperito il pronunciamento del Tribunale militare, il suo lavoro potrà essere molto utile in altri processi per reato di apologia di fascismo.
Che succederà ora ai condannati?
Sia chiaro, nessuno di loro finirà in carcere perché è stata concessa la sospensione condizionale della pena. Il Comune sarà informato dal giudice sull’interdizione ma spetterà all’amministrazione decidere se applicarla o meno, non è un provvedimento automatico.
Alcuni Comuni e capoluoghi italiani hanno inserito nel regolamento di polizia urbana norme per non concedere spazi pubblici alle organizzazioni che si richiamano a ideologie fasciste, razziste o discriminatorie. Altre Amministrazioni hanno il timore dei ricorsi.
Quei regolamenti comunali vanno valutati caso per caso, nonostante ci siano criteri generali validi per tutti: sono delibere nate dalla necessità di contrastare una situazione in cui si moltiplicano le manifestazioni richiamanti al fascismo. Dunque da questo punto di vista, escludo corrano il rischio di essere cassate per incostituzionalità. Va detto tuttavia che ogni provvedimento amministrativo deve rispettare il diritto di opinione che, piaccia o meno, è tutelato dalla Costituzione ed è quindi inalienabile. Naturalmente nelle manifestazioni non ci deve essere apologia di fascismo, esaltazione del regime, comportamenti sanzionati appunto dalla legge Mancino.
Nei Consigli comunali il centro-destra ha votato contro, perché le delibere sarebbero inutili, un duplicato della Mancino
È un argomento pretestuoso. Si tratta di atti amministrativi locali, mentre la legge Mancino, norma nazionale, sanziona penalmente l’apologia di fascismo. La disposizione amministrativa ha obiettivi diversi e corretti, cioè mira a garantire la buona gestione del territorio. D’altronde, contravvenire a una delibera non comporta un procedimento di tipo penale, ma se si esalta il fascismo, e non c’entra nulla il diritto di opinione, se ne risponde penalmente.
Pubblicato giovedì 16 Novembre 2017
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