“Si possono criticare molte delle cose che fa questo governo, eppure sul riconoscimento delle unioni civili ha ragione Renzi: il suo esecutivo ha fatto quello che i governi degli ultimi venti anni non hanno voluto affrontare. Si discuteva non per risolvere bensì per non decidere”. Franco Ferrarotti, decano della sociologia italiana, osservatore attento della società e dei suoi cambiamenti non ha dubbi: “Se da una parte con questo voto l’Italia si allinea semplicemente, e anche con non pochi tentennamenti, agli altri Paesi europei che hanno legiferato sull’unione civile tra persone dello stesso sesso alcuni decenni prima di noi, se dunque la legge che è uscita dal Parlamento non è un fatto storico, è pur tuttavia innegabile che per l’Italia, tenuto conto della sua storia, della presenza della Chiesa cattolica e del suo peso ancora forte nella società, aver approvato la legge sulle unioni civili è comunque una importante e significativa novità. Quando si parla di unione civile si parla di diritti di successione, di reversibilità della pensione, della possibilità per i gay di veder riconosciuti i loro diritti di fronte allo Stato e alla società. Si parla insomma di civiltà. Ebbene l’Italia su tutto questo era fino a pochi giorni fa la Cenerentola d’Europa.
In molti lamentano che si poteva fare di più.
Certo. Si poteva e sono convinto che si dovrà arrivare al più presto ad una legge sulle adozioni, ma intanto un passo è stato fatto. Purtroppo registro ancora una volta che i parlamentari della Repubblica hanno perso l’occasione di dare di sé un’idea più positiva di quella corrente. C’è stata una massiccia dose di ipocrisia, molti si sono mossi sull’onda del personalismo e di piccoli interessi elettorali, quando avevano l’occasione per discutere senza pregiudizi su cosa sia oggi la famiglia. Siamo passati dalla famiglia patriarcale e gerarchica del vecchio mondo contadino alla famiglia proletaria della moderna società industriale a quella ristretta e mononucleare. La famiglia – termine che discende dal latino familia, l’insieme dei famuli, i servi che hanno un rapporto di dipendenza dal pater familias – di oggi è completamente diversa da quella di ieri. Andrebbe indagata e studiata bene. E invece ci si è accapigliati su fedeltà sì, fedeltà no perché quel termine poteva far pensare troppo al matrimonio!
Qual è il suo punto di vista sulla stepchild adoption?
Quella delle adozioni è una questione delicata, che si scontra con una mentalità ancora diffusa che vede nella omosessualità, se non un peccato, una “irregolarità”, e che considera i gay inadeguati ad allevare e crescere dei bambini, ma credo che all’adozione, sia quella del figliastro sia l’adozione in generale, si dovrà arrivare. Perché è giusto riconoscere il diritto anche alle coppie omosessuali di dare il loro amore a dei bambini. Ma non è solo questo il punto. L’Italia oltre a un enorme debito pubblico ha anche un altro debito se possibile ancora più grave di quello finanziario. Si tratta del debito demografico che si misura nello scarto tra nascite e morti. Aumentano i decessi e diminuiscono le nascite, ci dice l’Istat, consegnandoci la fotografia di un Paese anagraficamente in declino. Da una parte abbiamo un nord economicamente prospero ma demograficamente debole e un sud, invece, che è demograficamente abbastanza forte ma economicamente debole. Ci sono migliaia e migliaia di bambini abbandonati e senza genitori le cui possibilità di vedersi garantito affetto e una vita degna passano proprio per le adozioni. Ebbene, se ci sono coppie, anche dello stesso sesso, disposte a prendersi cura di questi bambini dovremmo solo rallegrarcene. Questi nuovi genitori adottivi contribuiranno a rivitalizzare una società avvitata su se stessa e sempre più anziana. Redistribuzione della popolazione e redistribuzione delle risorse tra nord e sud del mondo sono le sfide del presente. E incrociano anche la questione delle adozioni.
Il dibattito sulle unioni civili in parlamento è stato preceduto dal Family day con cui parte del mondo cattolico ha voluto far sentire la sua voce contraria alle unioni civili. Vede il rischio di un rinfocolarsi delle antiche divisioni tra laici e cattolici in Italia, il ritorno insomma di guelfi e ghibellini?
No, francamente questo pericolo non lo vedo. E credo che alcune dichiarazioni di Papa Francesco rispetto agli omossessuali – come il famoso “chi sono io per giudicare?” – ci dicano chiaramente che la Chiesa è più avanti di tanti cattolici che siedono in parlamento. L’Italia è un Paese cattolico ma grazie al Concordato del 1984 di Bettino Craxi, il cattolicesimo non è più una religione di Stato. La grande divisione guelfi-ghibellini lasciamola ai libri di storia. Il vero tema oggi non è il conflitto laici-cattolici, bensì il superamento della forma e della formula statuale singola, verso federazioni e unioni di più Stati che sconfiggano gli egoismi nazionali. E con gli egoismi nazionali l’intolleranza e le discriminazioni in tutte le loro forme.
Giampiero Cazzato, giornalista professionista, ha lavorato a Liberazione e alla Rinascita della Sinistra; oggi collabora col Venerdì di Repubblica
Pubblicato lunedì 7 Marzo 2016
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