La verità su Riace, diventata oramai un simbolo di integrazione, di umanità, di resistenza. Ce ne parla Mimmo Lucano, il “sindaco sospeso” da un provvedimento che intende fare tabula rasa di ogni forma di integrazione e che, assieme al “decreto sicurezza” mette paradossalmente in discussione proprio la sicurezza degli italiani e dei migranti. Mimmo Lucano: “Sono ancora il sindaco, e alla terza legislatura, ma sono stato sospeso. Ed è grandissima la preoccupazione per Riace”. “Grazie ai rifugiati era possibile superare i problemi tipici delle aree interne della mia Regione e cioè calo demografico, con la perdita dei servizi essenziali, abbandono, emigrazione, rassegnazione sociale”. “Col decreto sicurezza i migranti verranno ammassati in megacentri, dove non c’è rispetto della dignità umana, né dei diritti umani, dove ci si ammazza”. “Ho basato tutto il mio lavoro sulla Costituzione, che in ogni articolo sancisce il rispetto dei diritti umani. Prima di tutto viene quello”. “Riace è oggi semplicemente un’idea di umanità alternativa alla deriva fascista e alla deriva disumana di questa società delle barbarie”. “La tessera ad honorem dell’Anpi è una gratificazione per due aspetti per me importantissimi e centrali: oltre alla memoria della Resistenza, il resistere ogni giorno e l’essere di parte. Cioè dalla parte dei diritti umani e delle persone che hanno più necessità, i deboli, gli emarginati. Ecco, sono orgoglioso di essere di parte”.
Come sta Sindaco?
Da tempo ormai sento una pressione continua; negli ultimi due anni soprattutto tanti eventi si sono susseguiti, continui, senza darmi scampo. Prima i problemi amministrativi, i rapporti istituzionali con ministero dell’Interno e prefetture, andare avanti senza soldi, e infine la vicenda giudiziaria, con gli arresti domiciliari e poi la libertà condizionata, ma con il divieto di dimora a Riace. È questa la condizione più dura da sopportare. Non credo ci siano altri casi simili al mio. Nella mia storia personale spesso mi sono trovato solo, i miei amici di gioventù, per esempio, emigrarono tutti al Nord e ho reagito ad amarezze e solitudine con l’entusiasmo e l’amore per la mia terra. Fare il sindaco mi ha fatto sentire utile, dandomi enormi gratificazioni sul piano umano, interiore. Potevo fare politica per come la intendo io, cioè mettendomi al servizio delle persone, e creare opportunità per loro, per l’ambiente, per il territorio mi dava quotidianamente tanto entusiasmo e una carica talmente forte da non rendermi neppure conto del passare dei giorni. Sono ancora il sindaco, e alla terza legislatura, ma sono stato sospeso. Ed è grandissima la preoccupazione per Riace.
Cosa sta accadendo ora a Riace?
Quest’anno la storia di Riace e della sua capacità e volontà di accogliere avrebbe compiuto 20 anni. Quel primo sbarco di profughi, dal quale è cominciato tutto, c’è stato nel 1998, io sono divenuto sindaco solo dopo, nel 2004, e non ho fatto altro che continuare una scelta spontanea della mia gente, accogliere, e dilatare una casualità. Con un’intuizione semplicissima: ri-costruire una Comunità. L’arrivo di tante persone permetteva di superare i problemi tipici delle aree interne della mia Regione e cioè calo demografico, con la perdita dei servizi essenziali, abbandono, emigrazione, rassegnazione sociale. Tutto questo lo abbiamo sconfitto e superato grazie ai rifugiati. Ed è stato fantastico perché oltre ad arricchire la nostra sensibilità di essere umani ci siamo resi conto che la loro presenza contribuiva alla rigenerazione sociale, dava un impulso molto forte a recuperare i servizi. Ora le persone stanno lasciando il paese. Che ha il destino di essere pioniere. E come al solito, purtroppo in questo caso, ha anticipato i tempi: lo Sprar (ndr: Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati costituito dalla rete degli enti locali per la realizzazione di progetti di accoglienza integrata) è stato sospeso con decreto immediato del Viminale, ma così accadrà nel resto d’Italia a tutti gli altri progetti di accoglienza di cui si sono fatti carico i Comuni. Sono molto addolorato per questa umanità, con tante donne e bambini, che deve tornare a mettersi in viaggio.
Nel corso degli anni, abbiamo sviluppato tantissime attività, con l’associazione Jimuel abbiamo anche messo su un ambulatorio con un medico di base, un pediatra e una ginecologa oltre ad altri servizi per la salute a disposizione non solo dei rifugiati, ma anche dei residenti originari, in un periodo di forte crisi del settore sanitario; abbiamo recuperato la scuola, c’erano due pluriclasse; un asilo nido multietnico dove lavoravano 14 ragazzi di Riace, dotati di tutti i requisiti necessari; con i progetti Sprar hanno trovato occupazione oltre 80 persone, educatori, assistenti sociali, mediatori culturali fino a idraulici ed elettricisti; sono state aperte botteghe di artigianato etnico e di antichi mestieri locali. E Riace è divenuto un esempio virtuoso, a livello internazionale. Per raccontare l’esperienza di Riace sono arrivati prestigiosi e famosi artisti, musicisti, registi – Win Wenders solo per citarne uno, tra i tanti. Hanno voluto narrare una terra bellissima normalmente ricordata solo per il condizionamento della criminalità organizzata, della ‘drnagheta. Invece la Calabria non è ad unica dimensione. Riace lo ha dimostrato, per molti studenti è stato oggetto di tesi di laurea. Per questo mi domando: come è possibile che ministero e prefettura abbiano criteri di valutazione tanto diversi? Addirittura si sono attaccati al fatto che il contratto per i progetti di accoglienza non avesse il timbro del Comune, ma quello del soggetto gestore. Gravissimo, per loro. Hanno pure rilevato che gli interpreti non avevano il titolo di studio adatto. Beh, i rifugiati provenienti dall’Africa sub sahariana per giungere sulle nostre coste hanno dovuto attraversare i Paesi arabi, e dunque sanno parlare l’arabo perfettamente e sono velocissimi nel capire chi si esprime in quella lingua. Al contrario chi ha studiato in Italia, diplomandosi, non sa più di quattro parole in arabo e fa fatica a intendere pienamente quell’idioma molto complesso.
Lei deve rispondere alla magistratura di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e di illeciti nell’affidamento diretto del servizio di raccolta dei rifiuti.
Spero che la vicenda giudiziaria si chiarisca la più presto. Mi assumo le responsabilità del mio vero operato. Certo, disordini burocratici ci possono essere stati e potrei anche accettare di pagare per aver adottato un’interpretazione più elastica delle norme vigenti. Insisto: ho dedicato gli ultimi anni della mia vita per la causa dei rifugiati di Riace e per migliorare il mio paese e non ho mai speculato. Sono invece stato arrestato per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e questo mi fa male al cuore. Mi accusano di aver affidato senza gara la raccolta differenziata dei rifiuti a una cooperativa sociale del luogo. Vi fanno parte anche dei rifugiati per realizzare il porta a porta su degli asinelli perché le strade del vecchio borgo sono molto strette. Credo di aver dato un piccolo contribuito per migliorare la nostra umanità, consapevole di aiutare persone in fuga da guerre, miseria, malattie. Siamo di fronte a un nuovo Olocausto, si può restare indifferenti? Ascoltare quelle storie drammatiche e dolorose, ti cambia per sempre, non ti può lasciare insensibile. Mi contestano di aver combinato un matrimonio, sottolineo uno, uno solo, per aiutare una ragazza in grande difficoltà ad avere il permesso di soggiorno. Se pure fosse, sarebbe un crimine? Non è stato un crimine piuttosto stringere accordi con i capi clan della Libia per impedire alle persone migranti di arrivare in Italia e rinchiuderli nei lager? Oppure si accetta una situazione come quella in Calabria, nella Piana di Gioia Tauro, della famigerata tendopoli di San Ferdinando? In quei luoghi si commettono crimini contro l’umanità.
Cosa pensa del decreto sicurezza?
Dicono che porterà ordine e sicurezza e invece avverrà l’esatto contrario. I migranti verranno ammassati in megacentri, dove non c’è rispetto della dignità umana, né dei diritti umani, dove ci si ammazza. Stiamo assistendo a una deriva fascista, dove c’è un sistema autoritario che decide e impone, con una sola voce che potrà parlare. Le persone migranti arrivate a Riace dall’Africa sub sahariana avevano collegamenti con i loro familiari in Libia e dunque sapevano perfettamente che nei campi di concentramento non davano niente da mangiare e si subiva una condizione inumana; che il governo italiano, il precedente, stava stipulando accordi con i capi clan libici avendo per obiettivo la riduzione degli sbarchi e alle elezioni ottenere il consenso degli italiani. Adesso dicono che quei voti li ha invece intercettati tutti Salvini. Quei migranti mi spiegavano di aver studiato la storia del colonialismo italiano; raccontavano della paura vissuta dalla popolazione di Eritrea, Somalia, Etiopia; oggi sostengono che in Italia c’è un nuovo fascismo.
Lei partecipa, invitato, a incontri con i cittadini in molte realtà del Paese, da Sud a Nord. Ritiene che la maggioranza degli italiani sia divenuta razzista, che possa accettare un’eventuale svolta autoritaria?
Non sono un politico, non mi intendo di sondaggi, so fare bene solo il sindaco. Ho però la sensazione che ci sia un popolo affamato di umanità. Lo ha dimostrato il fiume di solidarietà per Riace. Riace è oggi semplicemente un’idea di umanità alternativa alla deriva fascista e alla deriva disumana di questa società delle barbarie. Ma quale diritto abbiamo di fare del male alle persone? Come posso fare il sindaco se nel mio Comune arriva una persona che ha bisogno e mi giro dall’altra parte? Se così avessi fatto, non avrei rispettato la Costituzione italiana. Che per me è stata, ed è, la stella cometa. E ho basato tutto il mio lavoro sulla Costituzione, che in ogni articolo sancisce il rispetto dei diritti umani. Prima di tutto viene quello. Avere rispetto, educazione verso chi ti sta vicino, volere il bene delle persone, avere sensibilità per chi sta male sono qualità dell’animo umano, riguardano la normalità dei rapporti. Il mio comportamento è stato dettato dal cuore. E vorrei invitare tutti coloro che immaginano “l’invasione”, che accettano di vivere “l’emergenza”, a considerare che nel mondo non esistiamo solo noi, che chi è vicino a noi è uguale a noi e ha i nostri stessi diritti, e che la vicinanza con chi è diverso esalta la nostra umanità.
La presidente nazionale dell’Anpi, Carla Nespolo, il 17 novembre a Torino, le consegnerà la tessera ad honorem.
È una gratificazione, per due aspetti per me importantissimi e centrali: oltre alla memoria della Resistenza, il resistere ogni giorno e l’essere di parte. Cioè dalla parte dei diritti umani e delle persone che hanno più necessità, i deboli, gli emarginati. Ecco, sono orgoglioso di essere di parte. È la storia che ci richiama ogni volta a resistere e ad andare avanti, perché così la vita ha un senso più vero e profondo. Si tratta solo di scegliere tra egoismo e altruismo. Per prendere in prestito le parole di un teologo della liberazione, Gustavo Gutiérrez, “la vita è un no o un sì a Dio”. L’odio, il razzismo, la società delle barbarie, la disumanizzazione, l’egoismo sono un no a Dio. Ho cominciato a essere “partigiano”, di parte, quando avevo sedici anni, e ovviamente so di dover pagare una sorta di pedaggio per un’altra umanità possibile, ma non mi tirerò mai indietro. C’è una frase che ho scolpita nel cuore da quando l’ho letta. Durante il nazismo un pastore luterano, Dietrich Bonhoeffer, condannato a morte nel campo di concentramento di Flossenbürg, la notte prima dell’esecuzione scrisse nel suo diario: “Può darsi che domani spunti l’alba dell’ultimo giorno: allora, non prima, noi interromperemo il lavoro per un futuro migliore”.
Pubblicato venerdì 16 Novembre 2018
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