Nicola Palombaro ha 57 anni. È presidente dell’Anpi di Pescara dal 2019, da un giorno inoltre che ha un peso rilevante nella memoria democratica, il 25 luglio quando – il prossimo anno sarà l’ottantesimo – venne defenestrato Mussolini. Ed è alla guida di un comitato provinciale che nasce nel 2010, dedicato al comandante della Brigata Maiella, Ettore Troilo.
In questi dodici anni di strada ne hanno fatta i partigiani pescaresi e oggi sono riconosciuti come interlocutori fondamentali dalla gran parte del mondo dell’associazionismo e del volontariato di base, che vedono in loro una passione e un impegno antifascista che spesso nelle sedi dei partiti si fa fatica a trovare.
L’Anpi di Pescara è una casa accogliente. Sta in piazza coi collettivi femministi e col sindacato, dialoga con i partiti, con tutti i partiti del centrosinistra, dice la sua sulle vertenze sociali e del lavoro. Promuove cultura e conoscenza della storia recente. È una realtà ascoltata e rispettata.
«Siamo aperti alla società e al mondo dell’associazionismo, senza rinunciare alle attività legate alla memoria democratica e alla difesa della Costituzione – dice Palombaro –. Anzi, su questi temi siamo riusciti a fare massa critica e a coinvolgere i tanti compagni di strada che abbiamo incontrato in questi anni».
Nicola ci racconta che quando la delegazione di Pescara è venuta a Roma per la manifestazione per la pace in Ucraina «erano tanti quelli, anche non iscritti, che hanno deciso di sfilare accanto alle nostre bandiere. E tanti, soprattutto, i giovani alla prima manifestazione. Hanno scelto l’Anpi, perché vedono nell’associazione dei partigiani i valori dell’antifascismo aggiornati al presente».
Il 2022 chiuderà con più di 200 iscritti. È un segnale incoraggiante «in una città certo non facile». Pescara è retta da una giunta di destra a guida Lega e Fratelli d’Italia, un’amministrazione che non perde occasione per polemizzare con l’associazione partigiani.
O, peggio, di mettere in piedi vere e proprie provocazioni, come quella – poi rientrata per le vibranti polemiche che ha sollevato – di far presentare nella sala consiliare del Comune alla nipote di Benito Mussolini il suo libro su Rachele Mussolini. «I due relatori di quell’evento – racconta Palombaro – sono i promotori di una associazione dichiaratamente fascista, basti pensare che il 28 ottobre dello scorso anno uno di loro salutava la marcia su Roma come “una delle più gloriose pagine della storia dell’umanità”. Siamo riusciti in quell’occasione a evitare questo sfregio delle istituzioni».
Nicola dice sempre «noi» non parla mai in prima persona. Uno dei primi comunicati stampa prodotti sotto la sua presidenza era firmato “comitato provinciale Anpi”. Così, senza nome. Tanto che un giornalista locale lo chiamò per dire che il comunicato non era firmato da nessuno. «Parla l’Anpi, gli risposi e quello che c’è scritto è la posizione dell’Anpi».
Questo approccio ha dato i suoi frutti, liberando energie, facendo lievitare idee e progetti. Come quello del vino o la rassegna dei Teatri R-Esistenti che fino al 23 novembre ha animato le serate pescaresi. Una iniziativa organizzata dal comitato provinciale Anpi e dalla Fondazione Brigata Maiella.
«Con il teatro – dice Palombaro – intercetti pezzi di società che non raggiungeresti in nessun altro modo perché utilizzi un linguaggio diverso non mediato, basato sulle emozioni ma che ti fa riflettere. La rassegna delle arti resistenti è nata esattamente con quest’ottica e se questa edizione è stata molto attenta al territorio con la prossima andremo a raccontare le altre resistenze, anche quelle all’estero». Un programma culturale e politico di spessore, fatto apposta per avvicinarsi alla gente e avvicinare la gente, a partire dalla scelta della gratuità degli spettacoli.
Teatro e non solo. In contemporanea con la rassegna è nato il progetto sul vino. E per raccontarcelo Nicola passa la parola ad Anna Ricciutelli. «A Radio Città Pescara, una radio locale molto seguita – racconta Anna – teniamo una rubrica settimanale, “Aldo dice 26×1”, che nel corso del tempo è riuscita ad avvicinare non solo altre Anpi (Trieste e Spagna, per esempio) ma ha invitato in trasmissione nomi illustri del giornalismo, della politica, della magistratura.
Ebbene, come fosse una forma di iniziazione, in radio usano offrire del vino agli ospiti in studio. L’idea era molto carina, il vino un po’ meno – prosegue Anna – così ci è venuto di dire che sarebbe stato bello, la prossima volta che ci fossimo presentati in radio, alzare il calice con un buon vino portato da noi e, perché no?, un vino partigiano».
Quella che era nata come una battuta ha sedimentato nella testa di Anna. Sarà che di professione fa la consulente su progetti europei per molte realtà del terzo settore; sarà che la passione per il buon vino l’ha portata a seguire un corso di sommelier, fatto sta che quella battuta sul vino partigiano è diventata un progetto. E quel progetto è oggi un ottimo rosso, un Montepulciano d’Abruzzo e un blend di uve bianche – Sauvignon, Riesling e Pinot – delle colline pescaresi.
Vini di qualità per una idea di assoluto valore ideale. L’etichetta sulle bottiglie è praticamente un manifesto politico: sotto c’è una stella scomposta. È la stella dell’Anpi ma anche della Repubblica fondata sul lavoro. Chiediamo il perché della stella scomposta: «Per dare il messaggio – precisa Nicola – che partiamo da un passato glorioso e familiare ma siamo pronti a fare nostre nuove lotte e nuove battaglie: per il lavoro, per i diritti, per lo stato sociale. È una stella aperta al futuro, è la Resistenza in movimento».
Sopra la stella la scritta: “Siamo dalla parte dell’uva, del lavoro e della terra, dei vignaioli, di chi fa il vino con passione mostrando orgogliosamente come si fa. Siamo dalla parte del popolo che si schiera, che si oppone, che esiste perché resiste. Siamo con ciò che è contrario e non uguale. Siamo con chi è dalla parte giusta. Tu da che parte stai?”.
Quelle righe, sgorgate dalla penna di Anna sono state ragionate e dibattute. E ora fanno mostra di sé su 400 bottiglie di vino partigiano certificato e tracciato. A imbottigliarle un vignaiolo locale che non fa più di 10mila bottiglie l’anno. Solitamente poche per un produttore di vino, ma sono il segno di rispetto e cura per il prodotto, dalla vigna alla cantina, e per il lavoro delle persone. Il vignaiolo è iscritto all’Anpi: vino biologico e antifascista dunque. «Questo territorio ha avuto una Resistenza significativa, i partigiani della Maiella sono andati fino al nord per combattere il nazifascismo. Molti di loro erano contadini. E col vino partigiano contiamo anche di ri-scoprire tra i filari delle vigne pescaresi storie e volti della Resistenza che aspettano di essere raccontati e di onorare la memoria dei tanti partigiani fucilati dai fascisti».
Quelle 400 bottiglie racchiudono, insomma, un prodotto di qualità, veicolano una idea di società e rappresentano anche una forma di autofinanziamento per l’Anpi pescarese. Chi compra il vino partigiano non solo beve un buon vino ma aiuta l’Anpi a organizzare le iniziative da mettere in piedi sul territorio. In pochi mesi due terzi delle bottiglie sono state vendute e l’idea è quella di continuare a far crescere il progetto, «abbracciando in prospettiva territori e vini che non siano riferibili esclusivamente all’Abruzzo, sempre però partendo da una profonda coerenza nella scelta e dei produttori e dei prodotti», spiega Anna, che ha già contattato delle illustratrici per disegnare le prossime etichette (saranno dedicate alle donne).
Il vino partigiano viene proposto in tutte le iniziative dell’Anpi. Ma sull’etichetta non ha il logo dell’Anpi. Come mai, chiediamo?
«Perché – risponde il presidente provinciale Nicola Palombaro – l’obiettivo è quello di fare rete, di aprirci ad altre realtà del territorio, di mettere l’antifascismo a fattor comune».
Qualcuno nell’associazione ha fatto fatica a capire l’idea del vino partigiano, forse perché attaccato alle consuete certezze, al banchetto, al volantino, «però oggi è il momento di osare, di fare un salto di qualità nel rapporto con la società. E il vino che è tanta parte della cultura del territorio, può aiutare a costruire una nuova socialità, a tornare sulle strade, a parlare alle persone, a riagganciare i sentimenti migliori che pure ci sono nel Paese».
Pubblicato domenica 18 Dicembre 2022
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