In Cile il voto non è un diritto/dovere come da noi ma un obbligo e quindi gran parte dei 15 milioni aventi diritto si sono recati alle urne. Ma per dire No, con quasi il 62%, a un testo che secondo gli analisti era tra i più avanzati al mondo. Così recitava il preambolo: “Il Cile è uno stato sociale e democratico, fondato sullo stato di diritto. È plurinazionale, interculturale, regionale ed ecologico”.
I 388 articoli erano il risultato del lavoro di 154 cittadini eletti nel maggio del 2021 (quasi un anno prima del voto che ha portato alla presidenza il 36enne Gabriel Boric): 50% uomini e 50% donne, tra cui 17 rappresentanti dei popoli indigeni (per lo più mapuche, il 21% dei diciannove milioni dell’intera popolazione).
A pesare sull’esito della consultazione sono state sia le campagne di disinformazione finanziate da grosse compagnie private, rilanciate a suon di fake news sui social e la stampa nazionale (per esempio, la possibilità di abortire fino al nono mese di gravidanza) sia i timori che alle minoranze sarebbero state restituite le terre avite, in passato depredate dalle multinazionali alla ricerca delle preziose materie di cui è ricco il sottosuolo, ghiacciai compresi.
La bozza, per la prima volta dopo il golpe che nel 1973 depose e uccise Salvador Allende, introduceva inoltre i concetti di sanità e istruzione pubblica di qualità, di pensioni dignitose e di servizi basilari a carico dello Stato.
Cosa è cambiato da quando tre anni fa il 78,2% dei cileni disse sì a una nuova costituzione?
Certamente una grossa parte nella sconfitta dell’apruebo (il Sì) l’ha avuta la paura ben alimentata dalle società minerarie private perché non avrebbero più avuto mani libere nello scempio ambientale (per proteggere la natura si sarebbe creata una defensoria, un organo politico per tutelarla) e dal timore delle quote rosa riservate alle donne in tutti gli incarichi pubblici.
“In Cile è tornato l’inverno”, ha commentato l’esito del plebiscito la sindaca comunista di Santiago, Irací Hassler Jacob.
Il risultato è infatti una bella grana per il presidente Boric, sostenitore del Sì, che non appena conosciuto l’esito ha convocato alla Moneda i rappresentanti di tutti i partiti politici e su Twitter ha diffuso un messaggio, sottolineando come “L’anelito al cambiamento e alla dignità richiedono alle nostre istituzioni di lavorare con più impegno, dialogo, rispetto e affetto, fino ad arrivare a una proposta che ci interpreti tutti. Eccoci qui. Viva la democrazia e viva il Cile!”.
l futuro ancora non è chiaro: mentre i sostenitori del rechazo (No) esultano, esperti di ogni opinione hanno osservato che non può essere trascurata la volontà espressa quasi coralmente nel 2019 e quindi sarà necessario giungere comunque a un accordo politico per definire le modalità di un nuovo organo costituente.
Di certo però a perdere un’occasione storica di emancipazione sono ancora una volta le donne e il pianeta. Una lezione da tenere bene a mente dalle nostre parti il 25 settembre.
Pubblicato lunedì 5 Settembre 2022
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