In questo ultimo febbraio, tre nazisti che, al campo dieci del cimitero di Milano, hanno esibito se stessi forti di svastiche e saluti romani, sono stati assolti “perché il fatto non sussiste”. Impossibile, per noi, non osservare che, quasi in folle simmetria, in questo mese di marzo l’antifascismo pavese andrà a processo in alcuni dei suoi esponenti, tra cui un componente del Comitato Provinciale Anpi, già responsabile della sezione Anpi cittadina.
Sì, perché questo nostro iscritto insieme a tanti di noi, compreso chi firma questo pezzo, in una scelta consapevole di pacifica disobbedienza civile, si è dato presente per protestare contro il corteo fascista, autorizzato a sfilare.
Trascuriamo la cronistoria della sera del 5 novembre 2016, e non ci addentriamo, non avendone le competenze, nei passaggi legali che, dipanatisi sin qui porteranno a processo il 29 marzo alcuni che, come chi firma, stavano in fondo a Strada Nuova, mentre il nuovo fascismo sfilava tambureggiando in lugubre parata militare verso Borgo Ticino, ripercorrendo il ponte già percorso da Ferruccio Ghinaglia, qui ucciso dagli squadristi il 21 aprile 1921.
Mentre prendiamo atto della sentenza di Milano, e aspettiamo il processo di Pavia, vogliamo però aggiungere che gli imputati del prossimo 29 marzo non saranno solo quelli già raggiunti dalla convocazione in tribunale.
Ma saremo tutti noi che il 5 novembre 2016, con il cappotto e l’ombrello, qualcuno con il cane al guinzaglio, nessuno in assetto di sommossa, ma tutti mostrando la faccia, esposto alle cariche delle forze dell’ordine, eravamo presenti per esprimere lo sdegno e la vergogna delle reiterate manifestazioni fasciste, ahimè sapendo che dietro ogni braccio teso nel saluto romano e dietro ogni striscione fascista che sfila impunito, sta un pezzo di Stato che non ha fatto il proprio dovere, forse dimentico, in perversa equiparazione tra i morti di Salò e i morti partigiani, che, unica tra i Paesi sconfitti, “solo” grazie alla guerra di Liberazione, “solo” l’Italia poté liberamente e sovranamente scrivere la Costituzione repubblicana e antifascista, oggi così macroscopicamente oltraggiata.
Siamo in pochi a pensarla così? Probabilmente sì, ma non siamo un partito, e non ci interessa contarci, unicamente rivendicando per noi il dovere dell’intransigenza, già limpidamente profilata come virtù civile negli scritti dell’antifascista Piero Gobetti.
A rappresentare tutti noi, forse, basta il responsabile di una sezione dell’Anpi di un piccolo paese vicino Pavia che, per pudore, non vuole essere citato in questo pezzo. Con assoluta mitezza, e in serena disobbedienza, da solo, in un estremo atto di dignità, questo signore non più giovane ha distribuito un volantino recante, sotto il simbolo dell’Anpi, un indimenticato passaggio dell’antifascista ucciso Carlo Rosselli, mentre una organizzazione del nuovo fascismo entrava in un sala comunale a Palazzo Broletto, per tenervi, in un sabato sera di questo ultimo buio febbraio, con rinnovata, e autorizzata, arroganza, nonostante il regolamento sugli spazi pubblici, una propria iniziativa.
Annalisa Alessio e Mario Albrigoni, componenti della segreteria provinciale dell’Anpi di Pavia
Pubblicato mercoledì 20 Marzo 2019
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