Dopo anni di denunce da parte di Ilaria, col sostegno di tanti media (fra cui Patria Indipendente), comincia a sgretolarsi la cortina di silenzio che per ben 9 anni non permesso di arrivare alla verità sulla morte di Stefano Cucchi, il giovane geometra romano, arrestato il 15 ottobre 2009 e morto una settimana dopo in ospedale.
In apertura dell’udienza del processo che vede in giudizio cinque carabinieri, uno degli imputati, il carabiniere Francesco Tedesco, non solo ha ammesso il pestaggio ma ha anche “chiamato in causa” due colleghi dell’Arma con lui a processo. Tedesco ha ammesso di essere stato presente al pestaggio, all’interno della caserma della compagnia Appia, ma di non aver colpito materialmente Stefano. Anzi, avrebbe detto agli altri militari di smettere.
La confessione è stata resa nota in aula dal pm Giovanni Musarò e fa parte un’attività integrativa di indagine in seguito a una denuncia dello scorso 20 giugno, presentata da Tedesco contro ignoti, in cui il militare ha ricostruito i fatti di quella notte di ottobre di 9 anni fa.
Il Pubblico ministero ha spiegato che lo stesso Tedesco ha reso tre dichiarazioni. “In sintesi – ha detto il rappresentante dell’accusa – ha ricostruito i fatti di quella notte e chiamato in causa gli altri imputati: Mandolini, da lui informato; D’Alessandro e Di Bernardo, quali autori del pestaggio; Nicolardi quando si è recato in Corte d’Assise, già sapeva tutto”.
Al momento Alessio Di Bernardo, Raffaele D’Alessandro e lo stesso Tedesco sono a processo per omicidio preterintenzionale, Raffale Mandolini di calunnia e falso e Vincenzo Nicolardi di calunnia.
Nell’interrogatorio del 9 luglio 2018, Tedesco racconta la violenta aggressione: “Fu un’azione combinata, Cucchi prima iniziò a perdere l’equilibrio per il calcio di D’Alessandro, poi ci fu la violenta spinta di Di Bernardo che gli fece perdere l’equilibrio provocandone una violenta caduta sul bacino. Anche la successiva botta alla testa fu violenta, ricordo di avere sentito il rumore”. Tedesco avrebbe provato a fermare i colleghi, senza riuscire : “Spinsi Di Bernardo ma D’Alessandro colpì con un calcio in faccia Cucchi mentre questi era sdraiato a terra”.
Tedesco ha inoltre affermato di aver redatto una nota di servizio sull’accaduto, depositata alla notizia della morte del ragazzo. Ed è questo un aspetto da chiarire: dagli archivi dell’Arma, infatti, la relazione si è volatizzata. I successivi riscontri della procura, infatti, hanno portato a verificare la sparizione: Il comandante di stazione dell’epoca non ha saputo spiegare la mancanza”, ha detto il pm Musarò.
Nei giorni successivi, racconta ancora Tedesco ai magistrati , “fui contattato da D’Alessandro e Di Bernardo, i quali mi dissero che avrei dovuto farmi “i cazzi miei””. Prima di essere sentito dal pm titolari della prima indagine, nel 2009, inoltre, Mandolini gli avrebbe detto: “Tu gli devi dire che stava bene” e “che non è successo niente, capisci a me, poi ci penso io”.
Infine Tedesco spiega perché ha deciso di parlare. “All’inizio avevo molta paura per la mia carriera – dice al termine dell’interrogatorio – poi mi sono reso conto che il muro si stava sgretolando e diversi colleghi hanno iniziato a dire la verità”. Tra loro c’è l’appuntato Riccardo Casamassima, che con la sua testimonianza fece riaprire l’inchiesta e che ora ha detto a Tedesco “bravo, ti sei ripreso la tua dignità”.
L’avvocato difensore di Francesco Tedesco, Eugenio Pini, ha dichiarato che “c’è stato uno snodo significativo per il processo, ma anche un riscatto per il mio assistito e per l’intera Arma dei carabinieri”.
“Il muro è stato abbattuto. Ora sappiamo e saranno in tanti a dover chiedere scusa a Stefano e alla famiglia Cucchi”, ha scritto la sorella Ilaria Cucchi, che sempre si è battuta per la verità, in un post su Facebook, pubblicato e condiviso dall’avvocato Fabio Anselmo. In aula anche i genitori di Stefano: “A Stefano non doveva accadere tutto quel che gli è capitato – ha commentato mamma Rita –. È doloroso per tutti noi ripercorrere questa sua vicenda. Oggi però siamo sicuri che cominci il vero processo”.
Quello in corso è il Processo bis per la morte di Stefano Cucchi. Il primo “sbagliato”, vedeva imputati tre agenti della polizia penitenziaria accusati di aver pestato Cucchi nelle celle di sicurezza del tribunale all’indomani del suo arresto e poi assolti definitivamente dalla Cassazione. Anche i medici dell’ospedale Pertini, furono assolti nell’Appello bis, perché “il fatto non sussiste”.
Sulla morte di Stefano Cucchi nel 2018 è stato realizzato il film “Sulla mia pelle” diretto da Alessio Cremonini. Il film è stato presentato nella sezione “Orizzonti” alla 75ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia.
Con le ammissioni di Tedesco, finalmente, dopo anni di sofferenze e lotte la verità ora è forse meno lontana.
Pubblicato giovedì 11 Ottobre 2018
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