In occasione della giornata della memoria del 27 gennaio, desidero condividere una riflessione attualizzata sui temi della cultura e della memoria.
Tutti dovremmo conoscere il significato di questa giornata, che commemora il drammatico sterminio degli ebrei da parte dei nazisti nei campi di concentramento, le torture, le camere a gas, gli esperimenti scientifici e medici. Questa pagina di storia ci tocca nell’anima, tutti abbiamo letto almeno una pagina del libro “Se questo è un uomo” di Primo Levi, visto in tv un’immagine di un campo di concentramento, un fotogramma del Binario 21 divenuto memoriale della Shoah, una scena del film “Il bambino con il pigiama a righe”, ascoltato una parola dei processi nei tribunali di Norimberga.
Tutti siamo a conoscenza quanto accaduto, eppure continua ad essere viva e martellante, nelle sue sfaccettature più crudeli, la corrente del “negazionismo”, come se questa dolorosa pagina non fosse mai avvenuta ma soltanto immaginata dalle nostre menti.
Ancora oggi, i tanti cittadini che si impegnano nel ricordo con civica sensibilità si chiedono: perché la riflessione sentita del ricordo diventa strenua difesa dello stesso? Perché lottare per difendere memoria e verità storica di ogni grave evento storico? Perché persistono correnti di pensiero, cortei e manifestazioni di ispirazione ideologica nazifascista, nonostante la ricostituzione del partito fascista sia vietata dalla nostra Carta Costituzionale?
Il contesto sociale in cui viviamo ci vede ancora divisi, incapaci di compiere un passo avanti nell’affermare ed accettare verità storicamente accertate e, di riflesso, vede nel nostro Paese rappresentanti istituzionali menzionare falsi storici fuori contesto, aggressioni a giornalisti, saluti romani, ideologie che postulano la superiorità razziale con totale sfregio e mancanza di rispetto e sensibilità per chi ha vissuto quei drammi in prima persona.
Sono oggi numerose le battaglie che si conducono per difendere la memoria storica, sia essa relativa agli stermini nei campi di concentramento, alle vittime delle guerre mondiali, alla stagione stragista degli anni di piombo, allo spontaneismo armato o alle vittime delle stragi di mafia.
Tante battaglie di riflessione storica e civile ci fanno dubitare se il nostro Paese sia compiutamente democratico, per l’esistenza di tante associazioni di familiari delle vittime del terrorismo che pretendono giustizia e verità, per la concessione di palcoscenici politico-istituzionali a personalità appartenenti a formazioni paramilitari-estremiste che mai si sono pentite dei reati commessi, per (a volte) un giornalismo da audience che ascolta maggiormente le frasi del carnefice ignorando quelle della vittima. Oggi c’è un impegno civile mai domo da portare avanti con caparbietà e determinazione, soprattutto nelle scuole e nei luoghi simbolo della cultura.
Per quanto mi riguarda, cerco il più possibile di portare la mia testimonianza di nuova generazione, che crede profondamente nei valori di onestà, limpidezza e trasparenza come pilastri fondanti della nostra Carta Costituzionale e come “bussole” imprescindibili della regolamentazione delle istituzioni democratiche, intervenendo nelle scuole e nelle università, organizzando convegni e conferenze durante le quali dibattere costruttivamente, interrogandoci sulla direzione che come Paese stiamo intraprendendo, sul rischio concreto di perdere la memoria, la conoscenza e l’insegnamento della nostra storia o che esse siano tramandate alle nuove generazioni dal punto di vista militante. Perché il dramma della Shoah e le sue conseguenze sono storia di tutti noi, perché molti di noi hanno avuto un parente deportato in un campo di concentramento e perché tanti giovani oggi non hanno mai potuto ascoltare quelle testimonianze.
La tenacia e l’impegno propositivo di ogni cittadino consapevole devono rappresentare quindi la linfa vitale ed il carburante del funzionamento della vita politica, istituzionale e socio-culturale del nostro Paese. La costruzione del nuovo tessuto civile, democratico e culturale, che funga da antidoto al vuoto di conoscenza storica, al negazionismo ed alla capacità critica, passa da questo impegno, che da parte di tante persone non verrà mai meno.
Matteo Dendena, vicesindaco di Crespiatica (Lodi) e vicepresidente dell’Associazione “Piazza Fontana 12 dicembre 1969”
Pubblicato giovedì 24 Gennaio 2019
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