La notizia di assoluzione piena, dopo cinque anni di gogna mediatica e dell’onta subìta dell’arresto di Simone Uggetti, ex sindaco Pd di Lodi, suscita gioia per lui e le persone che gli sono care, ma allo stesso tempo genera sconforto e sfiducia.
Sono sentimenti provati come ex amministratore pubblico, come cittadino e persona che crede nell’impegno politico, nella legalità e nella giustizia, nel ruolo fondamentale della corretta informazione.
Chi ripagherà quel sindaco, e tanti altri come lui di qualsiasi colore politico, per l’ingiustizia sofferta, per la distruzione della sua immagine pubblica, per la sofferenza fisica e morale propria e della sua famiglia?
È semplice errore giudiziario o un sistema complessivo in crisi che investe politica, magistratura, informazione?
È sufficiente chiedere scusa (è il minimo!) con una lettera sui giornali (come ha fatto Di Maio) o richiamare le fasi del procedimento giudiziario e rivendicare il diritto di informare l’opinione pubblica?
Sono domande a cui ognuno dovrebbe cercare di dare una risposta sincera.
In questi anni la politica è diventata sempre più fragile e inconcludente. È venuta meno al suo ruolo costituzionale di democrazia partecipata e di capacità decisionale collettiva.
Sempre più è prevalso il grido di pancia, lo sciacallaggio come lotta politica, il qualunquismo più becero come strumento per raccattare pugni di voti.
Si è abdicato al potere giudiziario il compito di riforma e di decisione.
E la magistratura è solo “ordinamento giurisdizionale” oppure è diventata “potere” supplente e sostitutivo di quello legislativo ed esecutivo?
E l’informazione assolve sempre al suo diritto-dovere di corretta informazione dopo il necessario approfondimento della notizia? Oppure, come a volte tocca costatare, si spara un titolo in prima pagina pur di vendere qualche copia in più o incrementare il sostegno pubblicitario?
L’annuncio di “avviso di garanzia”, atto dovuto per una persona sottoposta a indagine, diventa subito condanna definitiva.
Nel frattempo passano anni per avere un giudizio definitivo (i tempi lunghi della giustizia, vera riforma negata) e quando la sentenza arriva nessuno ne parla più.
Non sono accuse ma un grido di allarme, un invito ad aprire una riflessione da parte di tutti.
È un invito a usare saggezza, equilibrio e professionalità nello svolgimento del proprio ruolo pubblico.
Perché è “pubblico” il ruolo del politico, del magistrato, del giornalista.
Si possono commettere errori? Certo. Ma li possono commettere tutti e nei vari campi di azione, e non parlo di malafede e dolo.
Il mio è un appello perché se non si affrontano temi così fondamentali, viene sempre meno la disponibilità delle persone perbene a dedicarsi all’impegno pubblico, a servire la propria comunità e a essere giudicate per le cose fatte nell’interesse generale.
“Chi me lo fa fare?” è la reazione di chi, interpellato per una eventuale candidatura, preferisce stare a casa propria e non correre rischi.
Così, la sfiducia dei cittadini nella politica e nelle istituzioni (tutte) aumenta e sempre più gli affaristi e gli intrallazzatori prevarranno.
Giuseppe Brescia, già parlamentare e sindaco di Melfi
Pubblicato martedì 1 Giugno 2021
Stampato il 21/11/2024 da Patria indipendente alla url https://www.patriaindipendente.it/idee/lemail/il-caso-uggetti-le-scuse-di-di-maio-e-il-chi-me-lo-fa-fare/