Questo racconto di ridotte dimensioni e di autore ignoto è stato di recente trovato nella forma di manoscritto dentro una copia di Repubblica appena acquistata da un redattore del periodico online. Si ignora l’origine del manoscritto, né si conosce la ragione per cui sia finito dentro le pagine di una copia del titolato quotidiano. A prima vista sembra il parto di una fantasia spigliata e debordante. Eppure non si esclude – pur essendo molto improbabile – che possa trattarsi della cronaca romanzata di un fatto realmente avvenuto poche ore fa.
Horan si era materializzato proprio lì, in piazza Pio XI, davanti al Mc Donald, a venti minuti a piedi da San Pietro. Horan insegnava tecnologia cronospaziale alla Sapienza di Roma nell’anno 2216; non era solo un docente: era uno scienziato, l’inventore del teletrasporto spaziotemporale ed il suo era proprio il viaggio d’inaugurazione di quella strana macchina che per secoli aveva animato la fantasia di tanti scrittori. Insomma, si trattava della macchina del tempo. Certo, la Roma del XXIII secolo non aveva nulla a che vedere con quella del 2016. L’immondizia – per esempio – veniva ritirata ogni giorno. Gli autobus e gli aeroautobus fornivano un servizio puntuale, come non si era mai visto. Le automobili parcheggiate in seconda o terza fila non si vedevano più; nei rari casi in cui ciò accadeva, dopo aver debitamente allontanato il guidatore e gli eventuali passeggeri, il veicolo veniva vaporizzato sul posto. Gli ininterrotti frastuoni di clacson erano un ricordo del passato, da quando – per l’esattezza – una legge aveva sanzionato gli schiamazzatori al volante con l’obbligo di ascoltare tre volte al giorno (sei, in caso di recidiva) un’intera compilation di Gigi D’Alessio. I veicoli elettrici avevano del tutto sostituito la produzione di automobili a benzina, gasolio, gas, metano grazie alle decisioni della Società dei Popoli Uniti, che da più di un secolo aveva preso il posto dell’Onu, ritenuta inconcludente e inetta. Insomma, la Roma del 2216 era una gran bella metropoli, una gran bella capitale di un gran bel Paese, l’Italia.
Horan era curioso di assaporare il gusto del passato della sua città, la vita quotidiana, le abitudini, il normale tran-tran di una Roma vintage, quella di duecento anni prima. Gli avevano raccontato di una città vivace, ricca di fecondi conflitti, positiva ed anticonformista. Insomma, un luogo dove si incarnava produttivamente la vita democratica. Così si trovò, verso le 23 del 27 ottobre 2016, davanti a quel Mc Donald. Sorpresa. A sua memoria, i Mc Donald erano stati chiusi da tanto tempo, dopo la famosa sentenza. Nel 2101 infatti l’intero consiglio d’amministrazione era stato condannato a mangiare solo cheeseburger bacon – un tipo di panini con cetriolo, cipolle, senape, formaggio, pancetta e carne tritata – per sei mesi “per reati gravissimi – si leggeva sulla sentenza – contro il piacere del cibo e l’arte della cucina”. Causa molteplici aggravanti, la pena prevedeva che nel suddetto cheeseburger bacon venissero aggiunti 100 grammi di maionese prodotta industrialmente. Tant’è, pensò Horan. E, parcheggiato il mezzo a 200 metri di altezza grazie al pilota automatico e orientatosi col crononavigatore satellitare, s’incamminò lungo via Gregorio VII. Si fermò davanti ad un accogliente alberghetto con la bizzarra insegna “Hotel Sì” e lì trascorse la notte. La camera era disadorna: armadio, tavolino, telefono, televisore, letto, un bel bagno. Nulla di strano, se non fosse stato per quel cartello davanti al telefono: “Vuoi telefonare? Basta un Sì!”.
In breve riuscì a familiarizzare col telecomando e ad accendere l’apparecchio televisivo. Tg1; parlava il Presidente del Consiglio: “Basta un Sì!”. Tg2; parlava il Presidente del Consiglio: “Rottamiamo i parrucconi!”. Tg3; parlava il Presidente del Consiglio: “Una riforma attesa dai tempi della Rivoluzione francese!”. Tg4; parlava il Presidente del Consiglio: “Oggi tagliamo le poltrone, domani i divani, le sedie, gli sgabelli e le cassapanche!”. Tg5; parlava il Presidente del Consiglio: “Nenni, Togliatti, Calamandrei, Ingrao, Pertini oggi voterebbero Sì. Per non parlare di Mazzini e Garibaldi!”. Tg Com; parlava il Presidente del Consiglio: “Ce lo chiede l’Europa. Ed anche l’America, l’Asia, l’Africa e l’Oceania!”. Pensò a un guasto.
Sintonizzò su varie reti minori. S’imbatté in una televendita d’antiquariato. Il banditore: “Solo 300 euro per questo meraviglioso arazzo del 1686, che – ve lo dico con rispetto – ne vale più di mille! Sarà vostro subito. Basta un Sì!”. Passò ad un film: “Sì può fare” (2008); zapping, altro film: “Sì accettano miracoli” (2015). Ancora zapping, nuovo film: “Sì può fare…amigo”, 1972, Bud Spencer. E ancora: “Duri Sì diventa” (2015). Cambiò di nuovo. Pubblicità: collant SìSì. Spense. Il giorno dopo avrebbe passeggiato a lungo. Sotto le coperte e a nanna.
Fu svegliato alle sette di mattina dallo squillo del telefono. “Buongiorno, esimio signore turistico! Sappia che sono le sette in punto, e tutto è pronto per la sua doccia. Basta un Sì! Saremo poi lieti di offrirle la colazione: caffellatte, spremuta, biscotti, crostata. Il nostro motto è: più colazione, meno politici!”. Effettivamente, seppur perplesso, Horan si mise sotto la doccia, si asciugò meticolosamente, si rivestì e scese nella hall. Consumò rapidamente qualcosa sfogliando i quotidiani a disposizione dei clienti dell’albergo. Titoli di apertura. Repubblica: “Previsto nella legge di Stabilità un incremento del Pil del 32%. Ma solo se vince il Sì”. Corriere: “Il presidente del Consiglio dichiara: “Liberi di votare No, se scegliete la catastrofe”. La Stampa: “Si accende la campagna referendaria: ecco tutte le iniziative del Sì”. Gli parve di percepire un lieve senso di vertigine.
Si alzò e se ne andò.
Bighellonava in viale Vittorio Emanuele, quando vide un market. Entrò per curiosare. Reparto pasta; prese un pacco di spaghetti e osservò la marca: “Pasta un Sì!”. Ripose. Sanitari: vide una confezione di lamette da barba usa e getta: “Elimina i peli alla radice e riduce i costi della politica”. Biscotti. Rilevò una confezione: “Ai quattro cereali. Agevolano la digestione e aiutano nel superamento del bicameralismo paritario”. Andò via.
Largo di Torre Argentina. Passava un autobus. Sulla fiancata Horan lesse: “Cara Italia, vuoi diminuire il numero dei politici? Basta un Sì”. Si girò e osservò il muro, dove era affisso un grande manifesto. Campeggiava il bel profilo dell’Italia, il sinuoso stivale davanti alle grandi isole. Sospirò quasi con affetto, riconoscendo il quel Paese il suo Paese. Poi lesse la scritta: “L’Italia che dice Sì”. Gli tornò per una frazione di secondo il senso di vertigine.
Decise di tornare in albergo. Prese un taxi. Musica dall’autoradio, poi il jingle della pubblicità radiofonica: “Giovine, ragazza, qui non si chiacchiera. Qui si rottama. Se voti Sì, ti promettiamo tutto. Lavoro, denaro, salute, amore. Perché chi ama, rottama!”. Giornale radio, prima notizia: “Qui il corrispondente del Gr1 da Giakarta. La maggioranza dei rappresentanti dei commercianti in plettri di avorio dell’isola di Giava si è pronunciata, dopo un acceso dibattito, per il Sì al referendum costituzionale in Italia. Abbiamo appreso la news da fonte certa, la AADAGI (Agenzia Amici Dell’Attuale Governo Italiano)”. Seconda notizia: “Il presidente del Consiglio, in visita a Serracapriola, in provincia di Foggia, ha comunicato la prossima costruzione di un aeroporto internazionale, corredato di sala giochi ed agenzia locale del Monte dei Paschi di Siena, all’estrema periferia, per incentivare lo sviluppo non solo di questo paese, ma anche dei comuni di Apricena e San Severo. È ovvio però – ha aggiunto – che questa proposta sarà realizzata solo se viene approvata la riforma costituzionale. Se vince il No, niente aeroporto, niente sala giochi e niente Monte dei Paschi”. Terza notizia: “Grazie ad una ricerca scientifica effettuata da ambienti governativi, si è oramai avuta la certezza che, in caso di vittoria del No, si determinerebbe in pochi mesi in Italia una gigantesca epidemia di Gomito del tennista e Ginocchio della lavandaia. Internisti ed ortopedici in ansia”. Il senso di vertigine si fece di colpo più forte.
Horan era oramai davanti all’albergo. Scese dal taxi, saldò il conto con l’hotel, si incamminò. Dopo dieci minuti era presso il Mc Donald di piazza Pio XI. Richiamò la macchina di teletrasporto spaziotemporale, vi salì e in batter d’occhio tornò nel suo tempo. Quanto bastò per pensare: “Poveretti! Che noia!”.
Pubblicato lunedì 31 Ottobre 2016
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