Walkiria Terradura Vagnarelli, 97 anni compiuti lo scorso gennaio, nata a Gubbio, è stata comandante partigiana, Medaglia d’Argento al Valor Militare. Ben otto mandati di cattura erano stati spiccati dai nazifascisti contro la giovane combattente specializzata nel minare e far saltare i ponti. Diversi anni fa, Walkiria venne contattata da una produzione cinematografica che stava girando un film ambientato nella seconda guerra mondiale e nessuno degli addetti ai lavori riusciva ad assemblare i pezzi di uno Sten, necessario in una scena. Lo Sten era un fucile progettato nel Regno Unito nel 1940, che venne utilizzato durante il conflitto anche dalle varie formazioni di Resistenza in tutta Europa. In Italia i partigiani lo ricevevano dai lanci paracadutati dell’aviazione britannica.
Il set cinematografico era bloccato, il fucile era arrivato smontato per ragioni di sicurezza, i tempi per chiamare un militare non c’erano. Qualcuno ricordò che la sua amica Walkiria era abile con le armi. La chiamarono e la già anziana partigiana montò, smontò e rimontò lo Sten in appena tre minuti.
A Walkiria, per rendere omaggio a tutte le donne partigiane, è dedicato il racconto “Uomini che narrano di donne: Walkiria Terradura Vagnarelli” del narratore Marco Lilli, un inedito presentato l’8 marzo 2021 durante l’iniziativa online promossa dal Comitato provinciale Anpi di Perugia in occasione della Giornata internazionale della donna. All’incontro “Libere e partigiane”, introdotto e moderato dalla presidente del provinciale Anpi e componente del Comitato nazionale Anpi, Mari Francheschini, hanno partecipato donne e uomini, storiche e scrittrici, cineasti e narratori. Tra i presenti “a distanza” anche Mirella Alloisio, la partigiana “Rossella”, 95 anni, durante la Resistenza responsabile della segreteria operativa clandestina del Cln Liguria, insignita della Croce di Guerra al Valor Militare. Durante la video conferenza è stato proposto in anteprima anche “Vivo partecipando”, un’intervista-ritratto ad Alloisio, parte di un progetto che sta raccogliendo la memoria storica della città umbra. Il racconto di Marco Milli fa parlare in prima persona Walkiria. Buona lettura.
UOMINI CHE NARRANO DI DONNE: WALKIRIA TERRADURA VAGNARELLI
di
Marco Milli
Il freddo è maschile, la paura e la fame sono femminili, il dolore è maschile, la vita e la morte sono femminili, ma di fronte a esse, soprattutto di fronte alla morte, siamo tutti uguali.
Io ho patito la fame e il freddo e ho avvertito la paura nello stesso modo in cui li ha patiti e l’ha avvertita qualunque compagno di lotta. Davanti alla natura siamo tutti uguali, davanti al mondo no.
Sono stata fortunata. Samuele aveva una mentalità aperta, molto aperta per l’epoca, ma ad affidarmi il comando di una squadra sono stati gli stessi compagni, il “Settebello”; non una squadra femminile con compiti logistici, quali lavare i panni dei compagni, far da mangiare e rammendare calzetti. Una squadra armata che compie delle azioni, composta da uomini e da me. Ma Panichi è stato in America, ha persino sposato un’americana. Non so se a qualcuno non sia stato bene del mio ruolo di comando nella squadra, in ogni caso non si è fatto sentire: il partigiano Sam sa ispirare rispetto. Mai nessuno mi ha infastidita, e sì che di occasioni ce ne sono state: tante notti passate in rifugi di fortuna, in stalle, a dormire attaccati l’uno all’altro per combattere il rigore dell’inverno. Non volevo che mi considerassero per prima cosa una donna, quel che volevo era che mi vedessero come una partigiana, come una combattente, proprio come loro, al pari di loro in tutto.
“Sicché tu sei stata armata, hai compiuto delle azioni, hai persino premuto il grilletto?” Sissignore, ho fatto tutto questo. Anzi, grazie a Valentino ho anche imparato a piazzare e far brillare gli esplosivi. E allora?
“E chi preparava il rancio, chi cuciva le maglie bucate?”
Provaci tu a stendere la sfoglia con la canna di un fucile… Del resto anche in un gruppo tutto al maschile c’era chi se ne occupava, quindi è un falso problema.
Non sto cercando di sminuire quante hanno supportato la Resistenza impastando, lavando e rammendando, ma la guerra di Liberazione al femminile non è stata solo questo, sia ben chiaro. E nemmeno condivido la divisione tra “patriote” e “partigiane” in base all’aver imbracciato o meno un’arma. Sono le solite divisioni grossolane degli uomini.. .chi ha fatto la staffetta ha rischiato quanto, se non di più, di chi era in prima linea.
Prima ho detto che uomini e donne siamo uguali davanti alla morte e non ho intenzione di contraddirmi. Però di fronte agli aguzzini, ai vili disumani che ti sottoponevano a torture eravamo diversi uomini e donne. Lo stupro di gruppo era una regola e l’accanimento che le compagne hanno subito era maggiore, perché non solo i carnefici avevano di fronte dei “banditi”, dei “ribelli”, delle figure cui erano stati avvezzi a relazionarsi con odio (e la scuola dell’odio trova sempre con facilità ottimi insegnanti e allievi desiderosi di apprendere), con disumanità anche se erano i vicini di casa, essi (i boia) erano in presenza di donne! e se queste resistevano, come spesso è accaduto, più degli uomini ai supplizi loro inferti, i porci andavano su tutte le furie e aggravavano i tormenti…Spesso ho avuto l’impressione che all’interno della guerra noi donne ne combattessimo pure un’altra…
E cambiando fronte non è che le cose migliorassero. L’ufficiale alleato che stava con la Brigata San Faustino era convinto che quell’aereo che si avvicinava fosse uno dei “suoi”, non tanto perché fosse certo di averne riconosciuto il suono del motore, quanto perché io, in quanto donna, mi dicevo certa che fosse nemico. Poi è corso come tutti noi al riparo, una volta accertato che era un caccia tedesco…
Ho tanto sperato che la Liberazione portasse dei cambiamenti sostanziali nella maniera di pensare e di agire degli uomini, ma così non è stato. Quando ho saputo che, su al Nord, al momento di sfilare nelle città liberate, hanno tolto di mano le armi alle donne come si fa con un oggetto pericoloso di cui un bambino si è momentaneamente impadronito, mi è venuto da piangere: “Dai qua, che ti fai male…Volete davvero sfilare insieme a noi? Via, date qua gli Sten e io vi do in cambio una bella fascia bianca con la croce rossa da infilare al braccio…”
Cosa dici?
“Se volete sfilare è così, altrimenti niente”.
Ma noi con quelle armi abbiamo combattuto, sono pesate sulle nostre braccia quanto pesavano a un uomo, abbiamo sparato, abbiamo ucciso… E poi, non scordarti delle staffette, di coloro che hanno rischiato, e rimesso la vita, con il telaio della bici pieno di esplosivo, di ciclostilati, di…
“Basta con queste chiacchiere. O così o niente”.
Sì, ho, abbiamo premuto il grilletto, abbiamo tolto la sicura alle granate per poi lanciarle contro i nemici, ma, ogni volta, per me è stato con l’animo pesante, impossibilitato a liberarsi dal pensiero di togliere una vita, di lasciare figli orfani e genitori straziati; se ciò non ha impedito di agire è stato per spirito di sopravvivenza. Ecco, non amo molto i consigli, specie se non richiesti, ma in questo specifico caso sento di doverne dare uno: diffidate sempre di chi toglie la vita a cuor leggero.
Se solo ci fossero stati più comandanti come Sam saremmo state armate in molte di più.
Le poche, meritate cariche ottenute durante e dopo la guerra di Liberazione non sono state sufficienti a cambiare certi modi di pensare, più duri del granito, inscalfibili.
Con Rosa, con mia sorella Lionella “la Furia rossa”, con Iole e Rita, sedicenne alta meno del moschetto con la baionetta inastata, ho vissuto alla macchia dei bei momenti in rapporto alla difficoltà del momento. Riuscivamo a produrre degli squarci nella solida tensione che ci avvolgeva. Eravamo giovani, piene di vita e di forza, eravamo cinque donne combattenti circondate da uomini. Pure vengo ricordata come la bella guerriera dalla bionda criniera e dagli occhi chiari, mai una volta che qualcuno abbia detto la valente e valorosa comandante di squadra prima di citare i miei attributi fisici. Se rientri nei canoni di bellezza del momento puoi anche essere in grado di spostare una montagna con una sola mano, sempre, etichettandoti, non mancherà chi farà passare in primo piano la tua avvenenza.
Abbiamo contribuito alla sconfitta dei nazi-fascisti, ma non siamo riuscite a sconfiggere i pregiudizi. Quella guerra interna è riuscita a estendersi attraverso i decenni e ora, siamo qui, quotidianamente, a leggere i bollettini delle cadute a causa delle mani assassine che si vestono di tutti i colori e si mascherano dietro i ruoli di padre, di marito, di compagno, di ex marito, di ex compagno…
C’entra forse il fatto che termini come pace, giustizia, equità sono tutti femminili?
Pubblicato martedì 9 Marzo 2021
Stampato il 21/11/2024 da Patria indipendente alla url https://www.patriaindipendente.it/idee/il-racconto/la-comandante-che-rimontava-uno-sten-in-60-secondi/