La legge Casati del 1859 non prescriveva alcun giuramento speciale per i professori universitari, equiparati a tutti gli altri impiegati dello stato. Nel processo che portò alla costituzione dell’Italia unita, man mano che i vari stati preunitari venivano annessi, nelle università veniva richiesto soltanto un giuramento politico di fedeltà al re, allo statuto e alle leggi dello Stato. La stessa riforma Gentile del 1923 prevedeva che i professori di ruolo, prima di assumere l’ufficio, dovessero, pena decadenza, prestare giuramento secondo la formula: “Giuro di essere fedele al Re ed ai suoi Reali successori, di osservare lealmente lo statuto e le altre leggi dello stato, di esercitare l’ufficio di insegnante e adempiere tutti i doveri accademici col proposito di formare cittadini operosi, probi e devoti alla Patria”. Formula che non risultava ingombrante nella limitazione della libertà individuale dell’insegnante. Di fatto l’Italia era una monarchia parlamentare col suo statuto.
Ma nulla nasce a caso. Come regalo di Natale, il regio decreto n. 2300 del 24.12.1925 prevedeva l’allontanamento di tutti i funzionari statali – insegnanti compresi – che si fossero posti “in condizioni di incompatibilità con le generali direttive politiche del governo”. È, in sostanza, il decreto che obbliga tutti i dipendenti pubblici a giurare fedeltà al fascismo. Bisogna tenere in considerazione questo decreto, perché apre le porte ad una delle violenze psicologiche del regime. Di fatto, se tanti hanno aderito e creduto da “fieri italici” al fascismo, tanti sono stati obbligati, per legge. Chi nel 1925 avrebbe perso un posto di lavoro pubblico? In questo caso, a differenza del provvedimento varato nella riforma Gentile del 1923, la limitazione alla libertà è ingombrante. La fascistizzazione dell’Italia ha inizio.
L’estensione della formula del giuramento al fascismo fu opera di Balbino Giuliano, ministro in carica al momento dell’emanazione del provvedimento. Tuttavia, in una nota inviata a Mussolini il 5 gennaio 1929, Gentile scrisse: “con una breve aggiunta alla formula vigente potrà, come ho avuto l’onore di esporre a voce, risolvere la questione delicata e ormai urgente della fascistizzazione delle Università Italiane”.
Fu esteso, dunque, ai professori universitari l’obbligo del giuramento di fedeltà al re e allo Statuto, anche se, nella realtà, i professori giuravano di non appartenere alla massoneria. Il colpo di grazia, con la resa della quasi totalità del corpo insegnante, fu dato con il decreto del 28.8.1931, n.1.127, dal titolo “Disposizioni sull’istruzione superiore”, pubblicato sulla Gazzetta del regno dell’8.10.1931, n.233.
Parlando al secondo Congresso nazionale degli istituti di cultura fascista, il 21 novembre 1931, Giovanni Gentile disse: “L’intellettuale sbandamento, ecco finalmente, grazie all’art. 18 del Decreto di agosto sull’Istruzione superiore, sparisce dalle nostre università, dove rimase sino a ieri annidato, e la pace necessaria al lavoro torna nella scuola”. Aggiunse inoltre: “Il fascismo ha vinto e l’Italia è tutta fascista”. Una pesante cappa di piombo calò sulla scuola e sul mondo universitario. Sulla cultura più in generale.
Il giuramento, nella sua nuova formulazione, venne introdotto con il regio decreto n. 1227 del 28 agosto 1931. Preparato dal ministro dell’Istruzione Balbino Giuliano, era composto di 90 articoli. Il 18° recita: «Giuro di essere fedele al Re, ai suoi Reali successori e al Regime fascista, di osservare lealmente lo Statuto e le altre leggi dello Stato, di esercitare l’ufficio di insegnante e adempiere tutti i doveri accademici col proposito di formare cittadini operosi, probi e devoti alla Patria e al regime fascista. Giuro che non appartengo ne apparterrò ad associazioni o partiti, la cui attività non si concilia con i doveri del mio ufficio». Una limitazione che non riguarda, dunque, solo l’ambito professionale dell’insegnamento – che già è criminale – ma anche l’ambito della sfera personale: “giuro che non appartengo ne apparterrò ad associazioni o partiti…”.
La decisione del governo fascista suscitò la protesta dei docenti universitari di tutte le nazioni democratiche. Solidarietà con gli insegnanti universitari italiani furono espresse negli atenei inglesi, francesi, spagnoli, svizzeri, tedeschi, belgi e americani. “L’Ateneo italiano è condannato a morte nel confronto di tutti gli altri”, così scrisse, il 15.10.1931, La Libertà di Parigi. E si chiese: “Prevarrà nei Maestri il bisogno spirituale, ormai fatto una seconda nobilissima natura, di comunicare coi giovani, di addestrare i giovani alla scienza e alla vita, a prescindere anche da qualunque angusto calcolo di interesse o di carriera? O, per contro, prevarrà l’idea che non c’è insegnamento efficace presso i giovani che quello che si accompagna con l’esempio della vita?”.
Francesco Ruffini si rivolse ad Albert Einstein sperando che “se mai una voce di solidarietà e di protesta si dovesse levare da parte dei più illustri docenti delle università straniere, il governo desista dalla sua sconsiderata decisione”; ed Einstein scrisse immediatamente una lettera ad Alfredo Rocco: “Egregio signore, due dei più autorevoli e stimati uomini di scienza italiani, angosciati si sono rivolti a me… al fine di impedire, se possibile, una spietata durezza che minaccia gli studiosi italiani… La mia preghiera è che lei voglia consigliare al signor Mussolini di risparmiare questa umiliazione al fior fiore dell’intelligenza italiana. Per quanto diverse possano essere le nostre convinzioni politiche… entrambi riconosciamo e ammiriamo nello sviluppo intellettuale europeo beni superiori. Questi si fondano sulla libertà di pensiero e di insegnamento e sul principio che alla ricerca della verità si debba dare la precedenza su qualsiasi altra aspirazione… la ricerca della verità scientifica, svincolata dagli interessi pratici quotidiani, dovrebbe essere sacra a tutti i governi; ed è nell’interesse supremo di tutti che i leali servitori della verità siano lasciati in pace. Ciò è anche senza dubbio nell’interesse dello Stato italiano e del suo prestigio agli occhi del mondo”.
La risposta fu lapidaria. Ammise l’imposizione del giuramento di fedeltà ma rassicurò che non prevedeva alcuna adesione a questo o a quell’indirizzo politico, come dimostrava il fatto che su circa milleduecento professori ordinari solo sette o otto avevano sollevato obiezioni.
Nei partiti italiani, già messi fuorilegge dal fascismo, si fanno diverse valutazioni: per i cattolici (su indicazione di Papa Pio XI), giurare con riserva interiore; per i comunisti (su indicazione di Togliatti), giurare poiché mantenendo la cattedra avrebbero potuto svolgere un’opera utile per la causa dell’antifascismo; per Benedetto Croce, giurare per continuare il filo dell’insegnamento secondo l’idea di libertà.
Chi si fosse rifiutato di giurare, dunque, avrebbe perso la cattedra, senza diritto né alla liquidazione né alla pensione. In tutta Italia furono solo una quindicina, su 1.251, i docenti universitari che rifiutarono di prestare giuramento di fedeltà al fascismo, perdendo così la cattedra. Il numero effettivo delle persone che non si sottoposero al giuramento oscilla di qualche unità a seconda delle fonti. Fra tutti gli storici, la certezza c’è su questi 12 nomi:
- Ernesto Buonaiuti(1881-1946) docente di storia del cristianesimo, Università di Roma
- Mario Carrara(1866-1937) docente di antropologia criminale e medicina legale, Università di Torino
- Gaetano De Sanctis(1870-1957) docente di storia antica, Università di Roma
- Giorgio Errera(1860-1933) docente di chimica, Università di Pavia
- Giorgio Levi Della Vida(1886-1967) docente di lingue semitiche, Università di Roma
- Fabio Luzzatto(1870-1954) docente di diritto civile, Università di Macerata
- Piero Martinetti(1872-1943) docente di filosofia, Università di Milano
- Bartolo Nigrisoli(1858-1948) docente di chirurgia, Università di Bologna
- Francesco Ruffini(1863-1934) docente di diritto ecclesiastico, Università di Torino
- Edoardo Ruffini Avondo (1901-1983) docente di storia del diritto, Università di Perugia
- Lionello Venturi(1885-1961) docente di storia dell’arte, Università di Torino
- Vito Volterra(1860-1940) docente di fisica matematica, Università di Roma.
Le biografie
Ernesto Buonaiuti. La persecuzione da parte del regime fascista è parallela a quella, di intensità anche superiore, cui lo sottopone la Chiesa cattolica. Prete di simpatie moderniste, impegnato a sostenere il ritorno della Chiesa alle origini evangeliche, e anche ad applicare metodi scientifici allo studio dei testi sacri, viene sospeso a divinis. In seguito, la sospensione diventa scomunica con divieto di insegnamento, sulla base di sospetti (del tutto infondati) che negasse l’eucarestia o almeno la intendesse nel senso protestante (consustanziazione, se non rito di ricordo, anziché transustanziazione, secondo il dogma cattolico). Viene sospeso dall’insegnamento nel 1926 (in vista del Concordato non ancora firmato); gli viene consentito solo di lavorare a ricerche in biblioteca. Il suo attaccamento alla Chiesa cattolica, che non abbandona mai, è, nonostante tutto, fortissimo. Gli è stato trasmesso dalla madre, che non si sente di informare della scomunica. Al mattino, per non darle un dolore, esce in abito talare (a lui vietato), facendo finta di andare a dir messa. Rifiuta il giuramento richiamandosi al precetto evangelico (Matteo 5, 34: non giurate né per il cielo né per la terra). Licenziato nel gennaio 1932 rimane senza pensione (mancandogli 20 anni di insegnamento) e viene riammesso solo a fine 1945, poco prima della morte, e sempre in biblioteca, senza possibilità di insegnare, in applicazione del Concordato. Sopravvive con lezioni e seminari per i metodisti.
Mario Carrara. Successore di Cesare Lombroso nella cattedra torinese presso la facoltà di Medicina, ne sposa la figlia Paola. Le sue ricerche di antropologia criminale sono di impostazione positivistica, derivate da quelle di Lombroso. Di idee repubblicane con simpatie socialiste, è avverso al fascismo fin dalle origini. Destituito per il rifiuto di giurare, motivato apertamente con la sua avversione al regime, viene arrestato nel 1935 per aver aderito a Giustizia e Libertà, si ammala e muore nel 1937.
Gaetano De Sanctis. E molto diverso, per formazione, cultura, idee politiche, dagli altri professori. Figlio di un funzionario del Papa che non giurò e perse il lavoro nella Roma del 1870. E questo influenza in modo determinante la sua scelta di non giurare, che è anche dovuta alle sue convinzioni religiose e al suo spirito di indipendenza. Viene escluso da accademie e istituzioni (salvo l’Accademia pontificia presso cui lavora). Mantiene buoni rapporti con Gentile, che lo difende quando nel 1933 viene accusato da un informatore dell’OVRA di essere a capo della cricca di romanisti ebrei. Va aggiunto che appoggia la guerra all’Abissinia e poi si augura la sconfitta dell’Inghilterra, seguita (ma solo seguita) da quella di Hitler.
Giorgio Errera, Di famiglia ebraica veneziana, laica e non osservante, che si trasferisce con lui a Torino, è professore di chimica di notevole fama, prima a Messina e a Palermo (dove conosce Gentile e ne diventa amico) e poi a Pavia. Rifiuta nel 1923 di diventarne rettore come proposto da Gentile (allora ministro della PI), motivando con ragioni personali, ma anche con un giudizio negativo su un regime agli inizi che già Errera prevede antidemocratico e contrario ai suoi principi liberali. Perde nel terremoto di Messina la moglie. Da sempre non violento e avverso al fascismo, rifiuta, con motivazione, di giurare e viene messo in pensione.
Giorgio Levi della Vida. Di famiglia ebraica veneziana non osservante trasferita a Torino, dove rimase fino al 1909. Laico e di simpatie socialiste, vicino all’illuminismo e al positivismo, avverso al fascismo fin dalle origini, fu aggredito da squadristi e costretto a ingerire l’olio di ricino. Nel 1931 si oppone per iscritto al giuramento e viene destituito. Riceve la liquidazione ma non la pensione. Grazie alla sua grande conoscenza della filologia semitica, dell’ebraico, del mondo e della lingua araba, ottiene di poter lavorare in Vaticano. Si dedica al catalogo delle opere arabe contenute nella Biblioteca vaticana, fino a quando, nel 1945, riottiene la cattedra.
Fabio Luzzatto. Nasce a Udine da famiglia ebraica. Professa idee repubblicane mazziniane e ha simpatia per i socialisti. Nel 1898 rischia di essere destituito (a Macerata) da professore, in quanto giudicato sovversivo. Avversa il fascismo fin dalle origini. Specialista di diritto civile, in particolare agrario, insegna a Milano. Dal 1925 è sorvegliato speciale della polizia. Rimosso per il mancato giuramento, cui si oppone motivandone le ragioni, ottiene la pensione. Nel 1938, per le leggi razziali, gli viene addirittura ritirata la libera docenza. Dati i limiti di età superati, non viene reintegrato (dal ministro Arangio Ruiz), ma ottiene il pagamento degli stipendi arretrati (del periodo ‘43-’45).
Piero Martinetti. Piemontese come Ruffini. Liberale e spirito critico, è autore della celebre opera “Gesù Cristo e il cristianesimo”, che deve pubblicare (nel 1934) a sue spese, perché fortemente avversata dalla Chiesa cattolica. Dotato di senso religioso, è tuttavia avverso a tutte le chiese organizzate, cattolica, luterana, calvinista, che considera vere nemiche del messaggio cristiano, mentre si sente fortemente attratto dallo spirito originario del cristianesimo e dalle eresie che furono combattute e annientate, a causa del loro messaggio di ritorno alle origini. Amico di Ernesto Buonaiuti, che cerca di difendere dall’ostracismo ecclesiastico, fino a invitarlo come relatore a un convegno di filosofia del 1926. Lo divide tuttavia da Buonaiuti l’ostinazione di questi a rimanere all’interno della Chiesa cattolica. Si rifiuta di giurare con una dichiarazione aperta e forte. Viene destituito e messo in pensione. Si ritira nella sua casa nel Canavese, dove continua a essere punto di riferimento per allievi e amici, fino alla morte nel 1943.
Bartolo Nigrisoli. È uno dei meno noti fra i professori che non giurano. Fino a 60 anni è chirurgo ospedaliero a Ravenna e poi Bologna. Di idee socialiste è impegnato tutta la vita in opere di solidarietà e di aiuto ai poveri. Avversa il fascismo fin dalle origini. Accetta la cattedra di Clinica chirurgica a Bologna nel 1922. Nel 1931, nonostante le insistenze e le pressioni dei colleghi, rifiuta, motivando apertamente la scelta, il giuramento, viene destituito e torna a fare il chirurgo ospedaliero (senza ricevere pensione). Nel 1938, quando le associazioni mediche devono comunicare l’elenco dei medici ebrei da licenziare, si dimette da tutte, e toglie il saluto ai colleghi medici che approvano le epurazioni di colleghi ebrei.
Edoardo Ruffini Avondo. Figlio di Francesco Ruffini. Il più giovane fra quelli che rifiutarono. Studioso di Storia del diritto, è autore di un’opera ritenuta ancora oggi fondamentale sul principio maggioritario. Al momento del giuramento, nonostante l’invito del padre Francesco a giurare, invia al rettore di Perugia una lettera in cui lo rifiuta in nome dei suoi convincimenti liberali, ma, avendo gettato nel terrore i colleghi, fra cui alcuni amici, ne invia una seconda un po’ mitigata. Non ottiene pensione. Si trasferisce in Inghilterra, dove promuove l’Istituto italiano di cultura. Reintegrato nel 1944 da Guido De Ruggero (ministro Pubblica istruzione). Muore suicida nel 1983 con la moglie (molto malata).
Francesco Ruffini. È fra i più noti professori che rifiutano. Piemontese, ministro dell’Istruzione prima del fascismo e senatore del Regno. Studioso della libertà religiosa e difensore dei diritti delle minoranze religiose (ebrei e valdesi). Aveva votato contro il Concordato nel 1929, con un intervento in Senato estremamente critico, e in precedenza si era opposto in Senato alle leggi contro la libertà di espressione e di stampa e alla riforma elettorale del 1928. Di idee laiche e liberali, si rifiuta di giurare richiamandosi alle sue convinzioni liberali e viene messo in pensione (avendo oltre 20 anni di servizio).
Lionello Venturi. Critico e storico dell’arte, come il padre Adolfo. Contrario al fascismo fin da principio, nel 1931, dopo il rifiuto, si trasferisce in Francia, dove entra in contatto con i fratelli Rosselli e il movimento di Giustizia e Libertà, cui poi aderisce anche il figlio Franco, celebre storico torinese, membro in seguito del CLN (Comitato di Liberazione Nazionale). Cerca di ottenere una pensione, che il ministro gli fa versare in Italia, sperando che torni per incassarla e lo si possa arrestare. Si trasferisce infine negli USA dove diventa professore alla Johns Hopkins di Baltimora e fronteggia l’azione dei fascisti in America. Nel 1944 riottiene la cattedra che poco più tardi torna a ricoprire.
Vito Volterra. Getta le basi per la fondazione del Politecnico (istituisce una Commissione nel 1903, diventa Regio Commissario per il Politecnico nel 1906, carica passata poi al senatore D’Ovidio). Studioso di fama internazionale, noto per i suoi studi di analisi matematica, di astronomia e fisica, è anche famoso per le applicazioni della matematica alla biologia. Interventista, ma non per questo favorevole ai primi fascisti (firma i manifesti di Amendola e di Croce), liberaldemocratico, membro di molte accademie e istituzioni scientifiche, senatore del Regno. Nel 1931 non giura con una lettera di motivazione. Viene destituito. In seguito, nel 1934, viene espulso anche dall’Accademia dei Lincei, quando si rifiuta di prestare il giuramento richiesto agli accademici. Destituito da tutte le istituzioni scientifiche italiane, viene ammesso all’Accademia pontificia grazie a padre Gemelli. Nel 1938 il re si rifiuta di destituirlo dal Senato, disapplicando le leggi razziali. Osteggiato e dimenticato fino alla morte.
Nel frattempo, nel 1931…
Stato e istituzioni
- Campagna stampa aperta da «Il lavoro fascista» contro le organizzazioni giovanili cattoliche.
- Arrestato a Torino Secchia, responsabile del centro interno del PCd’I: condanna a 18 anni di carcere.
- In vigore le disposizioni del 30 marzo 1928 sullo scioglimento delle organizzazioni giovanili cattoliche. In tutto il mese si susseguono violenze squadriste a danno dell’Azione cattolica.
- Processo ai responsabili milanesi di Giustizia e libertà: condanna a 20 anni di carcere per Bauer ed E. Rossi, a 10 per V. Calace, B. Roberto e Fancello. Parri condannato al confino. A Milano la rete è ricostituita da G. Faravelli e R. Morandi.
- Testo unico della legge di pubblica sicurezza (r.d. n. 773).
- In vigore i nuovi codici penale e di procedura penale elaborati sotto la guida del ministro guardasigilli Rocco. Reintrodotta la pena di morte per i reati non politici.
- Imposto ai professori universitari il giuramento di fedeltà al regime fascista (rd.l. n. 1227, art. 18): 13 su 1200 rifiutano di firmare.
I beni dell’intelletto
- Prima rappresentazione al teatro Kursaal di Napoli “Natale in casa Cupiello” di De Filippo.
- Carlo Emilio Gadda pubblica “La Madonna dei ricordi”.
- Marconi compie i primi esperimenti con onde radio cortissime.
- Elio Vittorini pubblica “Piccola borghesia”.
Cronaca, costume, sport
- Milano-Sanremo vinta da Binda.
- Toscanini aggredito da fascisti a Bologna dopo essersi rifiutato di eseguire Giovinezza
e la Marcia reale: il maestro espatria negli Stati Uniti.
- Gran premio automobilistico d’Italia vinto a Monza da G. Campari e Nuvolari su Alfa Romeo.
- Campionato di calcio vinto dalla Juventus.
- Campionato mondiale di ciclismo su strada vinto a Copenaghen da L. Guerra.
- Giro d’Italia di ciclismo vinto da F. Camusso.
Conclusione
Nel 1931 Tina Castigliana lancia il suo primo successo comico “Abbracciato col cuscino”.
Con ironia e malizia canta di rapporti di fiducia col partner e che vede nella morale la conclusione: “dormo col cuscino, ma in libertà”. Chissà se questa metafora del cuscino come espressione di libertà, si può trasferire ai sonni tranquilli che i professori avrebbero dovuto dormire dopo aver giurato fedeltà al regime. Chissà quale cuscino voleva essere il giuramento al fascismo. Da una parte il giuramento-cuscino come tranquillità, dall’altra il non giuramento-cuscino come dignità personale. La psicologia ci dice che dormire abbracciati al cuscino significa cercarsi una posizione sicura, una protezione contro qualsiasi tipo di minaccia che possa turbare il sonno. Il cuscino diventa la protezione naturale in difesa anche degli incubi. Lasciando stare la psicologia che studia il sonno, applichiamo la normale psicologia che ogni cittadino dovrebbe avere nei confronti dell’unico regime dittatoriale che abbiamo avuto in Italia, con una unica teoria universale: il fascismo è un crimine. Ieri, oggi e domani.
Paolo Papotti, componente della Segreteria nazionale Anpi, responsabile Formazione
Bibliografia
- Il giuramento rifiutato. I docenti universitari e il regime fascista. Cavazza, H. Goets. 1999. La Nuova Italia
- I dodici professori che non hanno giurato. Paolo Valabrega. Seminario 6 maggio 2014
- Preferirei di no. Le storie dei dodici professori che si opposero a Mussolini. Boatti. 2000. Einaudi
- I professori che rifiutarono il giuramento. Simonetta Fiori. La Repubblica, sezione cultura, 22 aprile 2000, p. 44.
- Einstein parla italiano: itinerari e polemiche. Sandra Linguerri, Raffaella Simili. Pendragon, 2008, pp. 38, 39.
Pubblicato giovedì 3 Settembre 2020
Stampato il 24/11/2024 da Patria indipendente alla url https://www.patriaindipendente.it/idee/formazione/promemoria-7-i-magnifici-dodici/