(Imagoeconomica, Daina Le Lardic)

È stata recentemente approvata a maggioranza dal Parlamento europeo una risoluzione dal titolo “Sulla disinformazione e la falsificazione della storia da parte della Russia per giustificare la sua guerra di aggressione contro l’Ucraina”. La risoluzione, all’origine proposta da parlamentari delle tre Repubbliche Baltiche e dalla Polonia e poi assunta da un rilevante numero di parlamentari del gruppo PPE (popolari), del gruppo S&D (socialisti e democratici), del gruppo ECR (conservatori e riformisti europei), del gruppo Renew (liberali), del gruppo Werts/Ale (ambientalisti), ha ricevuto 480 voti a favore, 58 contrari e 40 astenuti. Il gruppo del PD non ha partecipato al voto finale dichiarandosi in dissenso con parti rilevanti della risoluzione.

Mosca 23 agosto 1939, firma del Trattato di non aggressione fra la Germania e l’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche

Nella risoluzione si afferma che “la Russia non ha riconosciuto l’imperdonabile ruolo svolto inizialmente dall’Unione Sovietica nelle prime fasi della Seconda guerra mondiale, ad esempio nel Trattato di non aggressione del 1939 tra la Germania nazista e l’Unione Sovietica” e continua affermando che “il regime russo ha strumentalizzato la storia e ha creato un culto della vittoria intorno alla Seconda guerra mondiale”. Rifacendosi alle ragioni per cui l’Unione Sovietica occupò “parti della Polonia e della Romania, come pure dell’Estonia, della Lettonia, della Lituania e dell’Ucraina”, la risoluzione asserisce che oggi “la Russia rappresenta una minaccia particolare per la Polonia e per gli Stati Baltici e per la loro sovranità”.

Berlino, 2 maggio 1945. L’iconica foto ” La bandiera sovietica issata sul Reichstag

Per queste e altre ragioni la risoluzione “condanna la falsificazione sistematica e l’uso da parte del regime russo di argomentazioni storiche distorte”. Da tutto ciò deriva “il pieno sostegno alle indagini in corso da parte del procuratore della Corte Penale Internazionale riguardo alla situazione in Ucraina”, “ribadisce la sua richiesta di istituire un tribunale speciale per i crimini russi in Ucraina”, ritiene che “i tentativi della Russia di travisare, rivedere e distorcere la storia dell’Ucraina compromettano la memoria collettiva e l’identità dell’Europa nel suo complesso e rappresentino una minaccia per la verità storica, i valori democratici e la pace in Europa” e “chiede di vietare all’interno dell’Unione l’uso di simboli nazisti e comunisti sovietici, così come dei simboli dell’attuale aggressione russa contro l’Ucraina”.

Hannover, Germania, protesta dei lavoratori della Volkswagen (Imagoeconomica, Helko Stumpe)

Questa risoluzione ricalca la linea di un’analoga risoluzione approvata, quasi all’unanimità, nel 2019 rincarandone la violenza verbale e aggiungendo toni di guerra guerreggiata contro la Federazione Russa; non c’è ovviamente alcuna parola in merito a una de-escalation della guerra in Ucraina o a un qualche segnale dell’Unione europea come parte proponente una linea tendente al negoziato e alla trattativa, in evidente contrasto con la annunciata volontà – effettiva o meno, si vedrà in futuro – da parte del neo Presidente Trump di operare per una composizione negoziale del conflitto. E prescinde totalmente da qualsiasi realistico bilancio dell’attività di contrasto all’invasione russa e di sostegno all’Ucraina operata dall’Unione Europea dall’inizio del conflitto. L’assenza di tale bilancio è sconcertante, perché le sanzioni, com’era prevedibile e previsto, si sono trasformate in un tragico boomerang e hanno contribuito in modo essenziale alla grave crisi economico-sociale che sta colpendo i Paesi UE a cominciare dalla Germania in recessione (PIL 2024: -0.2%) e a seguito l’Italia, in una situazione in cui tutti i Paesi dell’Unione registrano quest’anno un bassissimo incremento del Prodotto Interno Lordo a fronte dell’esatto contrario in Russia (il FMI a ottobre stimava il PIL russo 2024 al +3.6%).

In Ucraina (Imagoeconomica)

Peraltro l’invio delle armi è stato determinante per una, anche qui, prevedibile e prevista frenetica rincorsa reciproca al riarmo il cui esito sul terreno è l’occupazione russa di una parte rilevante del territorio dell’est e del sud-est dell’Ucraina, oltre a un imprecisato ma gigantesco numero di vittime. L’errore di valutazione di prospettiva è grave. Ma molto più grave è l’ostinato rifiuto di trarre un qualsivoglia bilancio da un’esperienza profondamente negativa che ha comportato la continuazione della guerra col suo tragico bilancio di morte e distruzione e sta mettendo in discussione i bilanci di tutti i Paesi europei e le condizioni materiali di vita di decine di milioni di cittadini dell’Unione Europea, in una situazione in cui è prevedibile in futuro una stretta protezionistica da parte degli Stati Uniti a danno dell’Ue con ulteriori conseguenze negative per l’economia continentale.

27 gennaio 1945 , l’Armata Rossa libera il lager di Auschwitz

Nonostante tutto ciò si approva una risoluzione in cui il Parlamento si fa soggetto di scrittura, meglio, di riscrittura della storia tendente in ultima analisi ad equiparare le responsabilità dell’Unione Sovietica a quelle del Terzo Reich, a rimuovere totalmente i meriti dell’Unione Sovietica nella vittoria contro il nazismo, avviata con Stalingrado, confermata con l’occupazione di Berlino e simbolicamente rappresentata dalla liberazione di Auschwitz avvenuta il 27 gennaio 1945 (e in questa notte del Parlamento europeo scompare persino la Shoah e le responsabilità non solo dei nazisti, ma anche dei fascisti italiani e di tanti collaborazionisti, in particolare dei Paesi dell’Est, a cominciare dall’Ucraina). Si cancella altresì l’inaudito tributo di sangue pagato dalle popolazioni sovietiche, che non ha alcun paragone nella storia recente dell’umanità e che oscilla da 22 a 27 milioni di morti e si rimuove il ruolo criminale dei collaborazionisti filonazisti in molti Paesi.

29 settembre 1938, foto di gruppo dopo la firma del Patto di Monaco

Per di più la risoluzione omette di citare il Patto di Monaco, quando il 29 settembre 1938 Gran Bretagna e Francia con Germania e Italia firmarono l’accordo che obbligava la Repubblica cecoslovacca a cedere la regione dei Sudeti alla Germania nazista. Francia e Gran Bretagna avevano escluso dal tavolo l’Urss e rifiutato qualsiasi accordo a difesa dell’Urss in caso di invasione tedesca, ed era pure stata respinta l’offerta di Stalin di difendere militarmente la Cecoslovacchia in caso di aggressione tedesca. La cosa non era poi così strana: nel 1933 Churchill, che fin dal 1927 aveva avuto parole di elogio per Mussolini, aveva affermato che “Il genio romano impersonato in Mussolini, il più grande legislatore vivente, ha mostrato a molte nazioni come si può resistere all’incalzare del socialismo e ha indicato la strada che una nazione può seguire quando sia coraggiosamente condotta. Col regime fascista Mussolini ha stabilito un centro di orientamento dal quale i Paesi che sono impegnati nella lotta corpo a corpo col socialismo non devono esitare ad essere guidati”. Non per questo – sia chiaro – si può attribuire anche alla Gran Bretagna e alla Francia la responsabilità della Seconda guerra mondiale.

La Corte penale internazionale dell’Aja (Imagoeconomica, Clemente Marmorino)

Suona altresì grottesco il richiamo alla Corte Penale Internazionale da parte di tanti Paesi che hanno rifiutato la sentenza della stessa Corte nei confronti di Netanyahu e in particolare dell’Italia in cui si sta ancora discutendo se aderire o meno a tale sentenza nonostante l’esplicito invito dell’Europarlamento al suo rispetto. Il governo italiano si è recentemente distinto per la liberazione-espulsione del pluricriminale libico Almasri ricercato proprio dalla Corte Penale Internazionale. Risulta per di più totalmente indimostrata l’attuale presunta minaccia della Russia nei confronti della Polonia e degli Stati Baltici sia perché tale minaccia non è mai stata formulata, sia specialmente perché, essendo i Paesi cosiddetti minacciati membri della NATO, a qualsiasi atto d’aggressione corrisponderebbe l’immediata risposta militare dell’intera Alleanza atlantica. Aggiungo inoltre che sembra del tutto improbabile un’invasione russa, anche date le dimensioni intercontinentali della Federazione.

La ciliegina sulla torta della risoluzione riguarda la richiesta di vietare l’uso di simboli nazisti e comunisti sovietici, per di più in un periodo di riabilitazione dei collaborazionisti filonazisti in tanti Paesi dell’Est membri della Ue e di particolare effervescenza di organizzazioni e gruppi di dichiarata ispirazione nazifascista. Non si tratta solo di equiparare i due regimi in modo logicamente e storicamente pretestuoso e clamorosamente sbagliato. Si tratta anche di vietare alcuni simboli, falce e martello, stella, bandiera rossa, che hanno accomunato per un secolo forze politiche diverse, a cominciare dai comunisti e dai socialisti e più in generale tante generazioni del mondo del lavoro, consapevolmente ignorando che sotto quei simboli si sono realizzate nella storia esperienze diverse di liberazione, alle volte contrapposte, di natura autoritaria, democratica, libertaria.

Partigiani garibaldini della V Brigata L. Nuvoloni nella quale militò Italo Calvino

In particolare per il nostro Paese si rimuove consapevolmente il ruolo che i socialisti, ma specialmente i comunisti, hanno svolto durante l’opposizione clandestina al fascismo, la Resistenza, la Liberazione, la nascita della Costituzione, la vita democratica successiva.

Spetta agli storici e non all’Europarlamento scrivere la storia. Eppure tutto ciò rivela un’operazione di gigantesca e aberrante riscrittura della storia da parte dell’europarlamento che cancella ottant’anni di ricerche, di studi, di approfondimenti, di memoria che sono alla base dell’esistenza della stessa unità europea, e conferma un declino politico e morale dell’Unione europea con una classe dirigente palesemente non all’altezza della drammatica sfida del tempo in cui viviamo, incapace di leggere i nuovi processi che stanno cambiando il mondo, agli ordini delle lobby del riarmo, prona ai voleri della NATO. Una vera e propria oligarchia separata dagli interessi e dai bisogni dei popoli, subalterna agli Stati Uniti e in qualche caso a sovranità limitata, come in merito alla proposta di alzare il PIL per le armi al 5% come proposto da Trump, incapace di aprirsi a un mondo nuovo favorendo scambi culturali, commerciali e cooperazione con l’est e con il sud, pur mantenendo rapporti di amicizia e di collaborazione con l’ovest. Ebbene, non c’è peggior cieco di chi non vuol vedere.

Il presidente Usa Donald Trump (Imagoeconomica)

Sarebbe però un errore pensare che questo delirio ideologico sia frutto solo dell’Europarlamento.

Andrius Kubilius, commissario europeo per la Difesa e lo Spazio (Imagoeconomica, Lukasz Kobus)

Durante la Conferenza annuale dell’Agenzia europea per la difesa a Bruxelles, il Commissario europeo per la Difesa della Ue, il lituano Andrius Kubilius, ha affermato che: “La Commissione europea deve contribuire a prolungare il conflitto in Ucraina per scoraggiare e contenere la Russia e prepararsi alla guerra nei prossimi cinque anni”. Kubilius ha poi chiesto di “mettere l’economia europea in modalità turbo-guerra”: “Dovremmo spendere di più in armi, produrre di più e avere più armi della Russia”. Ha infine invitato i Paesi Ue ad aumentare la spesa militare. Il segretario generale della NATO, Mark Rutte ha affermato che bisogna prepararsi alla guerra contro la Russia che scoppierà fra 4-5 anni.

Kaja Kallas, Alto rappresentante Ue per gli Affari Esteri (Imagoeconomica, Lukasz Kobus)

L’estone Kaja Kallas, già ricercata dalla Russia per la rimozione di monumenti alla Resistenza in Estonia e fervente russofoba, ha dichiarato che la Russia “si prepara ad aggredire uno dei Paesi dell’Ue già nel 2028 e poiché Putin capisce solo la lingua della forza, i Paesi europei si devono preparare alla guerra e ad aumentare le spese per la difesa. Questo può essere fatto tagliando le spese per l’istruzione e la medicina”. E ha aggiunto: “Non deve esserci alcun dubbio, in nessuno di noi, sul fatto che dobbiamo spendere di più per prevenire la guerra, ma dobbiamo anche spendere di più per prepararci alla guerra”.

Mark Rutte, segretario generale Nato, Ursula von Der Leyen, presidente Commissione europea (Imagoeconomica, Christophe Licoppe)

Ma facciamo un breve riepilogo delle più importanti responsabilità nella Commissione europea proposte, ovviamente, dalla signora Ursula: Kaja Kallas (Estonia) è Alto Rappresentante per gli Affari Esteri e la Politica di Sicurezza; Valdis Dombrovskis (Lettonia) è Commissario per l’Economia e la Produttività; Andrius Kubilius (Lituania) è Commissario per la Difesa e lo Spazio; Henna Virkkunen (Finlandia) è Vicepresidente esecutivo per la sovranità tecnologica, la sicurezza e la democrazia; Jessika Roswall (Svezia) è Commissaria per l’Ambiente e l’economia circolare; Dan Jørgensen (Danimarca) è Commissario per l’Energia e l’edilizia abitativa; Piotr Serafin (Polonia) è Commissario per il Bilancio e la lotta antifrode. Wopke Bastiaan Hoekstra (Olanda), è Commissario europeo per l’azione per il clima. Estonia, Lettonia, Lituania, Finlandia, Svezia, Danimarca, Olanda sono i Paesi che hanno assunto le posizioni più dure nei confronti della federazione russa. E olandese è anche Mark Rutte, segretario generale della NATO. Insomma è sparita l’Unione Europea a trazione franco-tedesca ed è nata una nuova UE a trazione nord-orientale con una rappresentanza di popolazione, fra l’altro, quasi irrisoria rispetto al numero totale dei cittadini europei.

Matteo Salvini e sullo sfondo Gianluca Savoini (Imagoeconomica, Livio Anticoli)

Questo è lo scenario in cui si colloca la risoluzione dell’Europarlamento, che getta ulteriore benzina sul fuoco. Sia chiaro: occorre contrastare in ogni modo le operazioni di disinformazione da parte della federazione russa che vanno perciò denunciate e perseguite. Tali operazioni datano da tempo, passano attraverso l’oscura vicenda dell’hotel Metropol a Mosca nel 2018, inchiesta archiviata, nonostante la stessa GIP avesse scritto nelle motivazioni dell’archiviazione: “Gli atti posti in essere erano inequivocabilmente diretti verso l’obiettivo finale di finanziare illecitamente il partito Lega, grazie ai rapporti che Savoini, presidente dell’associazione culturale Lombardia-Russia, aveva saputo tessere con influenti personaggi del mondo politico, economico, culturale russo”.

Kiev 2014, Euromaidan

Peraltro nel 2021 fu arrestato e poi condannato il capitano di Marina Walter Biot come spia dei russi, perché per vent’anni che aveva consegnato agli 007 di Putin materiale riservato sulla NATO e la Difesa italiana. Tutto ciò, a testimonianza di uno specifico interesse, ovviamente aumentato nel corso della guerra, dell’intelligence russa nei confronti del nostro Paese. Anche qui, però, occorre avere equilibrio ed evitare qualsiasi doppio standard, visto che disinformazioni e ingerenze sono state compiute e continuano ad essere compiute dall’Unione Europea. Un solo esempio (dei tantissimi): il 4 gennaio 2014 un autorevolissimo rappresentante dell’Ue interviene nella piazza a Maidan dipingendo l’Unione come un giardino fiorito di libertà e democrazia, minacciando sanzioni al governo ucraino e prevedendo un’Ucraina libera ed europea dove finalmente i giornalisti potranno essere liberi. Quattro mesi dopo, il 24 maggio, il giornalista italiano Andrea Rocchelli, fu ucciso da un colpo di mortaio sparato dall’esercito ucraino. Oggi in Ucraina sono stati chiusi giornali e Tv, tranne quelli che rispondono alla maggioranza di governo. Si era già consumata l’ambigua rivoluzione (per alcuni un colpo di Stato) che, anche grazie ai paramilitari neonazisti di Pravy Sector e Svoboda (Partito Socialnazionalista ucraino) aveva portato all’allontanamento del legittimo presidente ucraino Viktor Janukovyč e successivamente alla guerra civile. Per non parlare della disinformazione quotidiana dei nostri media su quello che succede in Ucraina dall’inizio dell’invasione russa.

Né si possono dimenticare errori e orrori nell’URSS legati in particolare alla responsabilità di Stalin. E tanto meno si può dimenticare l’irreversibile e gravissima responsabilità russa nell’invasione di uno Stato sovrano, come l’ANPI ha fatto esattamente il 24 febbraio 2022, giorno dell’aggressione. Ma tutto ciò non legittima il furore bellicista, la riscrittura faziosa e grottesca della storia, i giudizi grossolani e approssimati, la demonizzazione dei simboli del lavoro e della sinistra storica. Tutto ciò è la morte della politica e favorisce la guerra, cioè la politica della morte.

Conclusioni:

È in corso un processo storio e politico che si può concludere con una catastrofe per l’Ue a fronte del totale fallimento della sua classe dirigente.

La risoluzione dell’Europarlamento conferma un degrado allarmante dell’istituzione europea oramai del tutto estranea alle intuizioni e al pensiero del Manifesto di Ventotene.

La deriva bellicista è profondamente accelerata sia dalla risoluzione che dalle dichiarazioni dei più alti dirigenti dell’Ue, oltre che dal segretario generale della NATO; in ultima analisi ciò avvantaggia le destre estreme europee filoputiniane o pacifiste.

Ove si arrivasse con l’eventuale mediazione di Trump a una composizione del conflitto in Ucraina, presumibilmente la Ue continuerebbe la sua progressione bellicista e la sua politica di riarmo, con tagli feroci alla spesa sociale.

In questo scenario l’ANPI deve continuare a perseguire una politica di pace, sia attraverso lo stimolo alla costruzione di una alleanza trasversale pacifista e di un corrispondente gruppo europarlamentare e nazionale, sia attraverso proposte specifiche che, direttamente o indirettamente, mirino a questo scopo. Va notato che fin d’ora lo schieramento bellicista si è incrinato perché, rispetto alle votazioni dell’analoga mozione del 2019, il gruppo italiano del PD uscendo dall’aula ha manifestato il suo dissenso. Vanno perciò promosse iniziative (anche unitarie) nazionali o locali (o a Bruxelles) coinvolgendo parlamentari italiani (o se possibile specificamente francesi e tedeschi) per allargare questa faglia.

(Imagoeconomica, Giulia Palmigiani)

Occorre rilanciare un’altra idea della Ue ancorata non solo ai suoi fondamenti ideali, come il Manifesto di Ventotene, ma anche ai suoi documenti costitutivi, come il Trattato di Lisbona che all’articolo 21 punto 2c recita: “preservare la pace, prevenire i conflitti e rafforzare la sicurezza internazionale, conformemente agli obiettivi e ai principi della Carta delle Nazioni Unite, nonché ai principi dell’Atto finale di Helsinki e agli obiettivi della Carta di Parigi, compresi quelli relativi alle frontiere esterne”.

Il presidente nazionale Anpi, Gianfranco Pagliarulo (Imagoeconomica)

In sostanza in questa situazione drammatica occorre reagire con la massima razionalità attraverso l’unico strumento a disposizione che è la politica, e cioè l’insieme di comportamenti che possa condurre ad uno spostamento profondo dei rapporti di forza, al fine di mutare una linea di direzione che certamente porterà – sta già portando – a pesantissimi sacrifici per gli europei, e potrebbe concludersi con una vera e propria guerra europea, con esiti prevedibilmente catastrofici.

Italo Calvino scriveva: “L’inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n’è uno, è quello che è già qui, l’inferno che abitiamo tutti i giorni”. Ebbene, mai come oggi siamo in un inferno che abitiamo tutti i giorni ed è un labirinto. Possiamo uscirne se nel labirinto troviamo la strada giusta, se facciamo resistenza, se andiamo avanti tutti un passo alla volta e se sbagliamo strada ricominciamo, se abbiamo pazienza, se cerchiamo e troviamo nuovi compagni di strada. Siamo già tanti. Aumenteremo. Perché siamo quelli che l’Italia ripudia la guerra e diventeremo quelli che l’Europa ripudia la guerra.

Gianfranco Pagliarulo, presidente nazionale Anpi