L’«incoronazione» da parte di Obama. Parlo di “incoronazione” perché non mi piace la parola che usa molta stampa (endorsment) perché è ora di finirla con l’uso dell’inglese, quando non è necessario. In realtà, poi, si è trattato quasi di una incoronazione, non solo con tutti gli onori alla famiglia e agli ospiti, ma con una presa di posizione molto precisa, perfino sul referendum.
Si dirà: ma che c’entra il Presidente americano (per di più uscente) col referendum costituzionale che si svolgerà in Italia? La risposta è facile: proprio nulla. Se ci eravamo già indignati per la discesa in campo dell’Ambasciatore degli USA in Italia, cosa possiamo dire del sostegno prestato dal Presidente (uscente) per il Sì? È una intromissione vera e propria; e vorrei vedere cosa accadrebbe se il Presidente della Repubblica italiana facesse una simile “incoronazione” per la Clinton oppure (ma sembra ancora più improbabile) per Trump? Ci salterebbero tutti addosso. E invece, in questo caso, tutto viene accettato, con molto entusiasmo e benevolenza, da parte del Governo, e di buona parte della stampa (quella che è favorevole al Sì e pensa che tutto “faccia brodo”).
Per fortuna c’è anche chi ha osservato, quanto meno, che è assai probabile che Obama (al quale va sempre la nostra ammirazione e stima, ma può sbagliare anche lui) non abbia letto i nuovi 47 articoli della riforma della Costituzione e che neppure i suoi uffici lo abbiano fatto (troppo difficile, perfino per noi, orientarci in quel guazzabuglio, figuriamoci cosa potrebbe capirci uno straniero). E tuttavia ha parlato nel senso che conosciamo e ci è stato ampiamente riferito. Perché? A me sembra semplice (e non solo a me, per la verità); il Presidente americano, pochissimo interessato alle nostre “riforme” costituzionali, per ovvie ragioni, è assai più propenso a cercarsi degli amici su cui contare in Europa, visto che la Merkel non è accessibile, Holland è ai livelli più bassi della pubblica estimazione, la Spagna non riesce ancora a fare un Governo; ed allora, resta l’Italia e ben venga l’unico “amico”, con tutti i suoi attachés, al quale – proprio per questo – vanno tributati gli onori del caso (ed anche di più, magari un po’ straripando).
Tutto questo servirà a spostare dei voti? Io penso che ciò potrebbe riguardare solo qualche ingenuo, disposto a credere che davvero in questa riforma c’è del buono, “visto che lo dice perfino il Presidente degli USA”.
Ma tutti gli altri non cadranno – spero – nella trappola. Ci vuol poco a capire che siamo chiamati ad esprimere la nostra volontà di cittadini su un testo che pretende di modificare incisivamente la nostra Costituzione. È su questo che dobbiamo decidere (per il No) se vogliamo salvare la Costituzione da uno stravolgimento.
Tutto questo non c’entra nulla con ciò che pensano gli stranieri. Del resto, abbiamo già avuto un esempio importante: il Financial Times ha pubblicato un articolo tutto per il Sì, con argomenti veramente incredibili, ma pochi giorni dopo, uno dei più noti columnist di quel giornale ha scritto tutto il contrario, definendo questa riforma, “un ponte verso il nulla”. Chi sa mai, anche negli USA qualcuno potrebbe ripensarci. A noi spetta di dimostrare che non siamo sudditi di nessuno, ma cittadini capaci di decidere da soli.
Carlo Smuraglia, Presidente nazionale dell’ANPI
Da ANPInews n. 220 – 25 ottobre/ 2 novembre 2016
Pubblicato lunedì 31 Ottobre 2016
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