Attenersi ai fatti e non sottostare alle “narrazioni” di schieramento. E i fatti sono quelli che il Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione del ministero degli Interni registra in ordine agli sbarchi degli immigrati nel nostro Paese. I dati indicano che dall’inizio dell’anno alla data del 10 novembre scorso risultano sbarcati dalle navi-soccorso, che li hanno raccolti dai barconi per salvare le loro vite, 57.306 profughi, di cui 7.976 minori non accompagnati. Nel 2020 sono stati 30.780. Soltanto in sette giorni e precisamente dal 3 al 9 novembre sono sbarcati sulle coste italiane 2.468 profughi!
Con l’accordo di Dublino, infatti, l’Italia è Paese di primo arrivo con conseguente obbligo di accoglienza. Il nostro Paese, con i suoi settemila chilometri di coste, accoglie i profughi, procede alla loro identificazione, riconosce il diritto di asilo agli stranieri che abbiano i requisiti richiesti in base alle norme della nostra Costituzione e al diritto internazionale, in particolare a quelle della Convenzione di Ginevra sui rifugiati.
E non dovrebbe essere così anche per la Polonia?
Il governo polacco ha invece fatto di tutto per impedire qualsiasi accesso ai circa 2.000 profughi (5.000 sembra che siano già tornati indietro) provenienti per la gran parte dal Medio Oriente, da Iraq, Afghanistan, Siria e anche in minima parte dall’Africa.
Questa crisi migratoria non è forse il risultato di una insana politica condotta in Medio Oriente, Africa e in questi altri Paesi con responsabilità anche dei Paesi dell’Unione europea?
E qui vanno poste con forza alcune domande. Perché, invece di scagliarsi contro, non si è cercato sin dall’inizio da parte della UE un accordo con la Bielorussia, che è un Paese di transito?
È quanto sostanzialmente si è chiesto il presidente Romano Prodi (Il Mattino del 14 novembre), che tra l’altro ricorda come i Paesi del Nord e la stessa Polonia si sono sempre rifiutati di mettere in discussione e quindi superare la disposizione che impone obblighi al Paese di primo arrivo dei profughi. Ora la Polonia si trova a fronteggiare lo stesso problema.
Occorre ricordare come si è agito con la Turchia, che riceve laute elargizioni solo per trattenere il flusso migratorio? Perché due pesi e due misure?
Il governo polacco non esita a erigere reticolati, a usare idranti, gas lacrimogeni e cani contro chi, nella fitta boscaglia bielorussa – in ripari di fortuna e in situazione sanitaria insostenibile – cerca di resistere e sopravvivere al freddo sottozero, all’ipotermia, alla mancanza di bevande, cibo e medicinali. Chi cerca disperatamente un futuro per sé e per i figli risponde con lanci di pietre all’atteggiamento di rifiuto di qualsiasi forma di solidarietà anche dinanzi alle crescenti vittime della tragedia.
Quattro donne, Svetlana Aleksievic, Herta Mueller, Olga Tokarczuk, Elfriede Jelinek, insignite del Nobel per la letteratura, hanno scritto ai vertici UE e a tutti i parlamentari europei invitandoli a risolvere questa tragedia umanitaria perché “ciò che stiamo permettendo alla frontiera polacca non si adatta ai nostri valori fondamentali”.
Una voce isolata nel “ deserto di umanità”, sono parole di Papa Francesco, che ha fatto appello al “cuore grande dei polacchi”. Nel suo recente messaggio ha riaffermato il deciso NO a chi costruisce muri nelle varie parti del mondo, ha invocato perché l’Europa non neghi il diritto di asilo e ha espresso tutta la sua amarezza per la disumanità con cui vengono a scontrarsi i profughi. Forti voci hanno levato con gli stessi sentimenti anche rappresentanti di altre fedi religiose, di associazioni laiche e del volontariato.
La Polonia per la cosiddetta “gestione integrata delle frontiere”, cioè per il controllo dei confini (di quali Paesi?) incasserà 25 milioni di euro! La Commissione europea ha ribadito che questi fondi non possono essere utilizzati per la costruzione di muri ma, ove la Polonia voglia in ogni caso innalzarli, chi potrà mai controllare che sia rispettato il vincolo di destinazione?
Intanto assistiamo muti al tragico destino di poche migliaia di persone, tra cui bambini, che dalla Bielorussia cercano un varco per raggiungere altri Paesi d’Europa. E non certamente Polonia e Lituania, perché sperano nella generosità già dimostrata in precedenza dalla Germania per i profughi siriani e altri. Questi emigranti inseguono il sogno di una vita migliore e si trovano la porta sbattuta violentemente in faccia. Vengono così calpestati i valori di civiltà e di solidarietà, ai quali pur l’Unione Europea (con tutti i suoi Paesi?) dice di ispirarsi.
Luigi Marino, componente Comitato nazionale Anpi e coordinatore regionale Campania
Pubblicato martedì 23 Novembre 2021
Stampato il 21/11/2024 da Patria indipendente alla url https://www.patriaindipendente.it/idee/editoriali/se-in-europa-tornano-finanziati-muri-e-fili-spinati/