Nella grafica Padre Lucio Boldrin

“Pizzini”, favoreggiamento… a momenti neanche il primo passo dell’indagine che già uno dei cappellani di Rebibbia, padre Lucio Boldrin, è finito crocifisso su certa stampa.

La notizia: la persona in questione avrebbe fatto da intermediario tra detenuti e le loro famiglie per alcuni messaggi. Del cui contenuto non è dato sapere. Ma a chi di “dovere professionale” occorreva solo il titolo. L’urlo.

Lucio Boldrin si batte da anni, anche pubblicamente, per gli elementari e fondamentali diritti dei detenuti, malati, tossicodipendenti, oltretutto senza aria nelle celle visto lo smisurato, a dir poco, sovraffollamento. E anche valorizzando il lavoro miracoloso della polizia penitenziaria come ha fatto nella recente diretta Rai per l’apertura della porta Santa, proprio a Rebibbia, da parte di Papa Francesco.

(Imagoeconomica, Giuliano Del Gatto)

Ora, senza cedere alla dietrologia — seppure non priva di attrazione in questo caso — mi chiedo: come si può sbattere in giro un nome, un cognome, una nobile storia di missione solidale senza niente di concreto e senza ancora un pezzo di carta indagatoria che dica e segnali un serio e pericoloso reato?

Come è possibile colleghi giornalisti affibbiare pizzini a un innocente? (oppure “non sono stati trovati stupefacenti in casa”). Perché è ancora innocente giusto?

Si resta davvero allibiti. Ancora, per fortuna.

E ancora occorre richiamare al buon senso costituzionale, all’umanità che fonda l’intera Carta.

Staremo a vedere e a raccontare.