Abbiamo realizzato, sabato 9 gennaio, nella sede dell’Istituto Cervi, a Gattatico, il seminario cui lavoravamo da tempo, dal titolo “Per uno Stato pienamente antifascista” e sottotitolato “Come rafforzare il ruolo delle istituzioni per il contrasto ai movimenti ed alle iniziative neofasciste”.
L’iniziativa, adottata ed attuata di piena intesa tra ANPI nazionale e Istituto Cervi, mirava ad una discussione approfondita, tra esperti, sul tema indicato nel titolo e nel sottotitolo, partendo da una premessa comune: se non entreranno in campo le istituzioni, ad ogni livello e se l’antifascismo non diventerà un elemento fondamentale della coscienza culturale, politica e civile, i nostri sforzi e quelli di tutti gli antifascisti militanti resteranno al livello della protesta e del contenimento della diffusione di tali iniziative, ma non riusciremo a produrre risultati determinanti. Questo non significa che non dobbiamo continuare ad impegnarci contro neofascismi e neonazismi e contro qualsiasi movimento che si richiami all’autoritarismo ed alla violenza, comunque denominato; ché anzi il nostro impegno deve ancora aumentare, senza mai cedere di un millimetro e senza mai concedere nulla ad un “nemico” che, oltretutto, è anche dotato di un intrinseca pericolosità. Semmai, ci è stato ricordato da un autorevole relatore (il professor Piero Ignazi) nel corso del seminario, che bisogna allargare l’ambito della nostra attenzione e del nostro impegno a tutte le “novità” negative che questo mondo complicato ci propone ad ogni istante, anche se non si richiamano direttamente ed esplicitatamene al fascismo: le nuove forme di conservazione più retrograda, l’intolleranza diffusa, la xenofobia, il razzismo dilagante in forme diverse, più o meno esplicite e scoperte; a cui si potrebbero aggiungere, penso, le manifestazioni, altrettanto diffuse, di un liberismo sfrenato e privo di scrupoli.
Tutti questi pericoli (ché tali sono per il futuro di un Paese) vanno affrontati con decisione e con forza. Ma di essi bisogna rendere edotte e attenzionate le autorità, le istituzioni, la società.
Il movimento “antifascista”, inteso nel senso più ampio, deve comprendere il contrasto a tutte le forme di spregio non solo – come si è detto nel seminario – della famosa triade della Rivoluzione Francese (Liberté, Fraternité, Égalité), ma anche e soprattutto dei valori costituzionali che quella triade hanno arricchito, col disposto dell’art. 3, secondo comma, della Costituzione, con l’affermazione della indissolubilità di libertà ed uguaglianza, con la proclamazione aperta e, spesso, implicita, del valore immenso della dignità della persona.
Il seminario si è chiesto se le Istituzioni (quelle statuali e quelle del sistema delle autonomie) siano attrezzate pienamente per far fronte a questi pericoli, vecchi e nuovi. La risposta è stata negativa, sia da parte dei relatori, sia da parte dei numerosi interventi nella discussione. Il cui andamento è chiaramente espresso dalla stessa organizzazione del seminario, che risulterà chiara dalla locandina che riteniamo opportuno ripubblicare al termine di queste note. Si rileverà che il seminario era organizzato in due sessioni, di cui una dedicata alle strutture statuali (lo Stato come tale, la scuola, la giustizia, etc.) e l’altra alle Autonomie, con una pregevole tavola rotonda in cui hanno parlato Sindaci di importanti città (Torino, Udine, Reggio Emilia), Presidenti di Regione (Emilia-Romagna), Presidenti di “Province” (Reggio Emilia), oltre al Presidente dell’Associazione nazionale dei Comuni d’Italia. Le tre relazioni iniziali della prima sessione (tutte davvero ottime e stimolanti) hanno impostato la problematica, sotto vari profili; la tavola rotonda pomeridiana ha discusso i temi di ciò che possono e devono fare i Comuni e le Regioni in questo campo, portando esempi importanti, tra cui segnalo la legge appena approvata dalla Regione Emilia-Romagna, importante non solo perché dedicata al rafforzamento della memoria, ma anche perché dotata (finalmente) di uno stanziamento adeguato (un milione, contro i cinquantamila euro stanziati dalla Regione Lombardia, cinque anni dopo l’approvazione della legge regionale e contro l’assenza, sul tema, di molte Regioni).
Non entro nell’analisi dei singoli temi trattati perché sarebbe troppo lungo il discorso da fare e perché abbiamo registrato tutto e cercheremo di pubblicare gli atti, ma anche perché basta riassumere sinteticamente: della seconda sessione ho già detto; nella prima, si è parlato dello Stato come tale, delle sue “assenze”, delle sue incertezze e contraddizioni di fronte a questi fenomeni; si è dedicata particolare attenzione alla scuola, soprattutto su ciò che potrebbe e dovrebbe fare per far conoscere davvero la storia, anche la più recente del nostro Paese e per non limitarsi ad impartire nozioni, ma per costruire le basi – per quanto possibile – per la realizzazione di una “cittadinanza attiva” e partecipe, insomma per creare dei cittadini. Si è parlato anche della giustizia, sull’opportunità o meno di pensare a leggi più penetranti, senza violare alcuni fondamentali princìpi costituzionali, sulla necessità di far crescere la “cultura giuridico-politica” della Magistratura, anche attraverso gli insegnamenti della Scuola Superiore della Magistratura, di rafforzare e rendere più coerente la giurisprudenza e così via.
Si è molto parlato, nelle due sessioni, anche della necessità di un diffuso rispetto della Costituzione e dei suoi valori, compreso quello della doverosa osservanza delle regole e quello della eticità dei comportamenti istituzionali e pubblici.
Un relatore (Ignazi) si è richiamato alla necessità della realizzazione di un forte “patriottismo costituzionale” e su questa via altri relatori (ed es. Berlinguer) e molti interventi lo hanno seguito.
Importante anche la netta e decisa affermazione del Sindaco di Udine, secondo il quale chi è investito di una pubblica funzione, in un Paese dotato di una Costituzione “antifascista” come la nostra, non può restare neutrale e deve prendere posizione, quando occorra, assumendo le responsabilità che gli competono.
Sarebbe troppo lungo riprodurre ciò che si è detto e sostenuto anche negli interventi programmati e in quelli “estemporanei”, soprattutto perché si è entrati anche nel dettaglio, si sono esaminate le leggi vigenti e la giurisprudenza che le applica, non sempre in modo congruo; così come si è parlato di progetti di legge, giacenti in Parlamento, della necessità di un’azione legislativa specifica per le manifestazioni di fascismo e razzismo, fortemente diffuse via Internet, della necessità di intervenire con uno specifico provvedimento nazionale, sulla inammissibilità di liste elettorali che si richiamino espressamente a ideologie e movimenti di tipo fascista, nonché di possibili interventi sulla vendita ed esposizione di prodotti, beni, merci espressamente rievocativi del regime fascista.
Voglio solo rilevare che tutto questo si è svolto in una giornata densissima, in cui la partecipazione (sempre al massimo della capienza della sala dell’Istituto Cervi, tutt’altro che piccola) è stata assolutamente costante, dalle 9.30 alle 17.15, con un brevissimo intervallo per la consumazione di un altrettanto rapido snack su posto.
Ritengo opportuno completare questo resoconto troppo rapido con un rilievo: costante e diffuso è stato il richiamo alla pericolosità dei fenomeni denunciati, che non vanno mai sottovalutati ed anzi, vanno sempre considerati con estrema attenzione, per quello che sono: un pericolo per la collettività e per la democraticità di un Paese.
Chi pensa che si tratti (le “vecchie” iniziative proiettate sul passato, e i fenomeni più nuovi e recenti) di qualcosa di poco rilevante, da non ingigantire ed a cui è meglio non attribuire un peso eccessivo, sbaglia di gran lunga. Non è vero che siamo esorcizzati dal passato e che la tragica esperienza del fascismo e del nazismo è sufficiente a scongiurare ogni pericolo. La storia – ammonisce un importante storico francese – non si ripete necessariamente nelle stesse forme, ma bisogna conoscerla per riconoscere, anche nelle “novità”, i sintomi del pericolo di sempre. L’autoritarismo, il populismo, la xenofobia, il razzismo, talora si fondano su sentimenti, sui pregiudizi, sulle preoccupazioni di tanti cittadini, specialmente in periodi di crisi. Ma questo li rende ancora più pericolosi, in quanto striscianti e soprattutto per la ragione che non si rivolgono alla mente ma alla “pancia” dei cittadini. Poi ci sono spesso in agguato, interessi più grandi e più forti di quanto possiamo immaginare. Non hanno bisogno di dar vita a iniziative e movimenti di tipo fascista, ma spesso li guardano con benevolenza e cercano quanto meno di utilizzarli ai propri fini.
Tutto il materiale raccolto ci servirà come guida per il lavoro quotidiano, che ne trarrà giovamento ed impulso.
D’altronde, non abbiamo inteso rivolgerci agli iscritti all’ANPI oppure ai soci dell’Istituto Cervi, ma abbiamo voluto estendere il nostro ragionamento alle cittadine ed ai cittadini, alla società civile, alle stesse istituzioni.
A queste ultime, ci rivolgeremo, poi, in modo molto concreto. Elaboreremo, con la Presidenza dell’Istituto Cervi, un documento riassuntivo di quanto emerso dal Seminario e soprattutto delle proposte concrete che intendiamo sottoporre all’attenzione delle massime cariche dello Stato. Qualcuno ci accuserà, come spesso accade, di operare su un terreno solo “culturale” e di aspettarci dalle istituzioni ciò che esse non intendono o non possono dare. Sono atteggiamenti che non solo respingiamo, ma stentiamo perfino a comprendere.
La “cittadinanza attiva” non si risolve in qualche atto propagandistico o pubblicitario, ma implica una partecipazione effettiva e concreta, fatta di ragionamenti, di confronti e di proposte concrete e tali da potere (dovere) essere accolte.
Inoltre, come ho già detto, noi continuiamo a fare la nostra parte, anche sul piano locale, per contrastare le iniziative di tipo fascista, per pretendere interventi da parte di chi ha il potere di adottarli, per informare l’opinione pubblica sulle vicende passate e presenti del Paese e sui pericoli che può correre, sempre, una democrazia.
L’ANPI si muove così, con la forza della sua tradizione e con l’autorevolezza dei suoi valori; e solo così noi pensiamo che si potrà incidere anche sulla natura e sui comportamenti di uno Stato, che non può, eticamente e giuridicamente, collocarsi se non sulle posizioni ed ai livelli indicati dalla Carta costituzionale.
Carlo Smuraglia, presidente nazionale ANPI
Pubblicato venerdì 15 Gennaio 2016
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