Ma perché il presidente nazionale dell’Anpi si incontra con l’arcivescovo di Bologna, il Cardinale Matteo Zuppi? È proprio Matteo Zuppi a rispondere: “perché c’è la necessità di una convergenza che non tradisce le varie sensibilità”, una convergenza che “raccolga una passione per il futuro su quei valori su cui è fondata la nostra repubblica” e “dia un messaggio di speranza”. Perciò “ripartiamo dalla Costituzione”.
Qualche tempo fa, dopo aver letto una speciale lettera aperta del Cardinale, che comincia con le parole “Cara Costituzione”, mi sono permesso di rispondergli con un articolo pubblicato su L’Avvenire; ho scritto che condividevo molte delle sue riflessioni e ho concluso: “ritengo che sia il tempo di costruire un dialogo che vede nella Costituzione i riferimenti su cui confrontarci per rendere vivi i grandi temi che ci stanno a cuore, come forza propulsiva per una nuova umanità”.
Così è nato il dialogo del 20 marzo via Zoom, moderato, anzi, per l’esattezza, stimolato con la consueta vivacità intellettuale da Gad Lerner. Il risultato è stata un’ora davvero intensa di riflessioni, ma prima ancora, se posso dire, di contatto umano. A microfoni spenti, sempre su Zoom, mi aveva permesso di chiamarlo don Matteo, perché così è denominato nei suoi rapporti sociali. E mi è parsa immediatamente come una dichiarazione di disponibilità, un’apertura all’ascolto.
E così si è parlato di tante cose, persona, lavoro, socialità, com’era scritto nel titolo dell’iniziativa, e poi ovviamente di antifascismo e di rinascita, e ancora del dramma spaventoso che stiamo vivendo, un dramma che ci ha portato via a oggi centocinquemila concittadini: una città. Tutto ciò a partire dall’ottica costituzionale, cioè di quello strumento che ci può consentire di costruire una razionale speranza di futuro.
Questo incontro è avvenuto al tempo di Papa Bergoglio, cioè di un pontificato che ha posto al centro della sua missione l’osservazione di un mondo straziato dalle diseguaglianze sociali e l’indicazione di principi morali, sociali, economici e ovviamente religiosi di contrasto a questa deriva globale.
La sua voce autorevolissima è spesso consonante con le motivazioni di tanta parte del mondo del volontariato e dell’associazionismo, a cominciare – com’è ovvio – da quello cattolico. Questo mondo laico e cattolico costituisce un pilastro della struttura sociale del nostro Paese, come si vede in particolare nel tempo tragico che stiamo attraversando, e può essere protagonista della rinascita dell’Italia. Per questo l’Anpi si è rivolta in primo luogo alle associazioni grandi e piccole quando ha proposto di dar vita alla “grande alleanza democratica e antifascista per salvare l’Italia, per cambiare l’Italia”.
L’incontro col Cardinale ci dà nuove motivazioni e nuove energie per ricercare questa connessione, e ci stimola per ricercare territorialmente, ove possibile, analoghi rapporti per stringere sempre più i nodi di una rete che progressivamente si sta estendendo nel Paese.
Non sarà sfuggito che da tempo, ma in particolare negli ultimi mesi, stiamo lavorando per una larga apertura dell’Anpi alla società, per contrastare per quanto possibile il deserto di relazioni sociali che ci circonda; è evidente che gran parte della “politica politica” si è allontanata dal territorio privilegiando un rapporto sempre più esclusivo, ma anche escludente, con le istituzioni. Tant’è vero che il tema è oggetto di dibattito all’interno delle forze politiche, seppure finora senza apprezzabili risultati.
La scissione fra società e Stato è una tragedia, perché senza istituzioni si alimenta la sfiducia nella società e senza società le istituzioni diventano autoreferenziali e asfittiche. Un rischio che non possiamo correre perché, come nel lancio di una astronave nello spazio, c’è sempre un punto di non ritorno. E il punto di non ritorno potrebbe essere, nel tempo di gravissima crisi economica e sociale che stiamo attraversando, un cedimento del sistema democratico.
Anche per questo è impensabile un’uscita dalla crisi attraverso le vecchie ricette di politica economica, che hanno causato il boom delle diseguaglianze sociali e della disoccupazione. Chi pensa che l’obiettivo sia tornare all’Italia del 2019 o, peggio, all’Europa del 2019 non propone una soluzione, ma conferma il problema, perché quel modello, il modello del mercato “über alles”, non è la cura, ma la causa del fallimento.
Inquietano da questo punto di vista le vicende dei vaccini. I vaccini dovrebbero essere il primo bene comune da tutelare. Invece stiamo assistendo a una speculazione di dimensioni planetarie da parte di un ristretto gruppo di multinazionali, che è alla radice delle difficoltà nella distribuzione dei vaccini in Europa, aggravata dalla scelta da parte di gruppi privati di ridurre il numero delle dosi per la UE o di ritardarne la consegna, e dalla discriminazione nella distribuzione dei vaccini nel mondo, favorita dalla decisione della stessa UE di respingere la richiesta di moratoria sui brevetti. A ciò si aggiungono su scala planetaria l’incredibile “guerra dei vaccini” che contrappone l’ovest all’est nel nuovo e pericolosissimo clima da guerra fredda che è stato creato e, a casa nostra, ulteriori ritardi e pasticci in alcune regioni italiane, che mettono a nudo i limiti della cosiddetta riforma del Titolo V della Costituzione sui poteri delle autonomie.
Tutto ciò ha molto a che vedere con le nostre radici, le radici dell’Anpi, perché l’Italia per cui hanno combattuto partigiane e partigiani, l’Europa disegnata al confino nel Manifesto di Ventotene non erano il paradiso del mercato, ma un ragionevole equilibrio fra Stato, mercato e società, dove la libera impresa non poteva contrastare con l’utilità sociale e la libera proprietà privata doveva assicurare una funzione sociale. Così è scritto, per essere chiari, negli art. 41 e 42 della Costituzione. Preoccupa a tutt’oggi la sordina su questi temi, proprio quando il disastro sociale che ci circonda dovrebbe portare ad un salutare ritorno a questi e ad altri articoli della Costituzione. Penso alla solidarietà (art. 2), all’eguaglianza sociale (art. 3), e specialmente al valore del lavoro, fondamento della costituzione nel suo primo articolo, un valore da decenni deprezzato e svilito. Sono proprio gli articoli che tracciano le linee fondamentali della natura specificamente sociale della nostra democrazia, da cui ci siamo progressivamente allontanati negli ultimi trent’anni.
L’incontro con don Matteo ha messo a tema una visione in gran parte condivisa, e cioè il guardare al futuro sapendo che il futuro non è scritto da nessuno, ma è plasmato da donne e uomini concreti con le loro scelte e le loro azioni. E questo vale nel bene e nel male. Perché c’è gente che pensa al futuro coltivando esclusivamente il sogno del potere. Ma per fortuna c’è altra gente che guarda al futuro coltivando il potere del sogno. E solo coltivando il potere del sogno, cioè immaginando e operando in modo collettivo e organizzato per un futuro diverso e migliore per tutti, questo si può realizzare. Ecco il collante su cui si può davvero dar vita ad un comune e fittissimo reticolo di associazioni, organizzazioni, sindacati, movimenti; ecco l’orizzonte entro cui è giusto, anzi, a mio avviso, necessario dialogare con i mondi religiosi, e in questo caso in primo luogo col mondo cattolico, con la chiesa di Bergoglio. Nessuno ha dimenticato i 210 sacerdoti fucilati dai nazifascisti e i 250 deportati nei campi di sterminio.
La strada verso un nuovo umanesimo è lunga e difficile, ma si realizza ogni giorno percorrendola, migliorando e migliorandosi. Val la pena incamminarsi su questo percorso, perché abbiamo tutti un mondo da guadagnare.
Gianfranco Pagliarulo, presidente nazionale Anpi
Pubblicato martedì 23 Marzo 2021
Stampato il 22/11/2024 da Patria indipendente alla url https://www.patriaindipendente.it/idee/editoriali/il-cardinale-e-il-potere-del-sogno/