È in atto una nuova escalation dei neofascisti (e simili) che si sono inorgogliti – forse per ciò che avviene in altri Paesi – e quindi trovano il coraggio di gettare la maschera ed apparire per quello che sono.
Alcuni si sono presentati alle elezioni, sono stati ammessi (anche laddove apparivano palesemente fascisti) e qualcuno è stato anche eletto.
A Milano, in più occasioni, hanno trovato il modo di assumere addirittura atteggiamenti di sfida. In tante parti d’Italia non si peritano di fare saluti romani ed utilizzare simbologie fasciste. Ancora a Milano, pochi giorni fa, CasaPound non ha esitato a fare un blitz in Comune, durante una seduta del Consiglio comunale, compiendo un gesto di particolare gravità.
Fino a quando dovremo sopportare queste cose?
Ci siamo occupati di questa escalation il 27 maggio, nella giornata antifascista, che ha visto tantissime iniziative in tutta Italia e un eccellente convegno a Roma.
Pochi giorni fa, abbiamo esaminato, nel Comitato nazionale dell’Anpi, la proposta di istituzionalizzare la giornata antifascista, annualizzandola; e abbiamo considerato attentamente anche l’idea di tenerla in una data simbolica (per esempio, quella della strage di Piazza della Loggia a Brescia, il 28 maggio). Assumeremo nel prossimo Comitato nazionale una decisione definitiva e non c’è dubbio che l’orientamento sarà, all’incirca, quello già emerso nella seduta scorsa.
Ma bisogna fare anche di più; bisogna impegnarsi quotidianamente per convincere i cittadini che una Repubblica “democratica” e antifascista non può subire passivamente certi comportamenti, sempre più audaci; per indurre le istituzioni a essere più presenti e a far rispettare le leggi che già ci sono (di condanna dell’apologia di fascismo, così come di manifestazioni di razzismo); per chiarire alle Forze dell’ordine che sono al servizio di una Repubblica democratica e antifascista e dunque devono intervenire con decisione di fronte a manifestazioni chiaramente contrarie a tutto lo spirito della Costituzione.
Ma è tempo anche di intervenire sui partiti e chiedere loro, formalmente, da che parte stanno e quali atteggiamenti intendono assumere nei casi concreti.
Sono rimasto un po’ stupito, di fronte al blitz di CasaPound a Palazzo Marino, perché mi sembra che sia emersa – oltre all’arroganza di chi ha agito – la mancanza di reazioni forti dall’interno dei Gruppi consiliari presenti in Aula. Qualcuno ha stigmatizzato, con altri, non in modo formale e non cercando di coinvolgere tutti. Alcuni Gruppi sono rimasti addirittura assenti e quasi indifferenti; dai banchi è spuntato perfino un saluto romano (spero che l’autore sia stato individuato, perché la Cassazione ha affermato ripetutamente che si tratta di reato, che dunque va perseguito). Né ho visto reazioni forti anche dai partiti come tali.
Del resto, non si tratta di una novità, perché pochi giorni fa, a Càscina (Toscana) è stata presentata una mozione di sollecito al Parlamento per l’approvazione di chiare leggi antifasciste; ma la mozione è stata respinta dalla maggioranza (di centro-destra), con un voto compatto (compresi il Presidente del Consiglio comunale e il Sindaco). Non si tratta di un caso isolato, perché in altri luoghi, con maggioranze diverse (ma non troppo) non è mai stato possibile ottenere un qualche pronunciamento esplicitamente antifascista.
È tempo, dunque, di chiedere che i partiti si pronuncino anche su questo punto, affinché sia tutto chiaro e affinché chi non è apertamente simpatizzante con i neofascisti provi ad assumersi le proprie responsabilità in una Repubblica – appunto – veramente democratica e antifascista.
Poiché parliamo di leggi, mi si consenta anche di ribadire un punto essenziale: le leggi ci sono (le cosiddette Scelba e Mancino) e ci sono giudici (compresa la Corte di Cassazione) che le applicano regolarmente. È vero che esse non dicono tutto e che soprattutto la legge Scelba si presta ad alcune interpretazioni più o meno compiacenti (o indifferenti). Ma se è così, chiariamola questa legge, perfezioniamola, rendiamola insuscettibile di interpretazioni troppo benevole. Giacciono da tempo in Parlamento diversi progetti di legge sull’apologia del fascismo, sulla vendita di gadget con simboli fascisti, sull’assegnazione degli spazi pubblici, sulle liste elettorali; ma il Parlamento non ha trovato il tempo, finora, di approfondire, almeno attraverso una discussione seria, se certi limiti ci siano davvero e come superarli. In questi giorni, un deputato del Pd ha annunciato che finalmente a luglio andrà in discussione un progetto di legge in materia. Benissimo, aspettiamo con ansia la discussione parlamentare, curiosi di vedere se ci sarà un reale approfondimento da parte di tutti (e della stessa maggioranza), oppure tutto finirà in discorsi “estivi”. Quando leggo su un quotidiano nazionale una frase estrapolata dall’intervista a un deputato del Pd, trasecolo, con la sola riserva che vi possa essere stata un’errata interpretazione da parte del giornalista. Leggo testualmente: “l’apologia di fascismo sta per entrare nel codice penale: sarà un reato”. A prescindere dal fatto che una legge penale seria e chiara è valida anche se sta fuori dal codice penale, naturalmente a patto che sia puntualmente applicata, il fatto è che l’apologia di fascismo è già un reato, anche se – ripeto – la norma (anche a seguito di un intervento della Corte Costituzionale) può presentare qualche problema di applicazione.
Allora, non trascuriamo quel poco che c’è, per prospettare qualcosa che verrà. Intanto, si sarebbe potuto fare molto di più per ottenere un’applicazione corretta della legge Scelba (come ha fatto in più occasioni la stessa Corte Suprema di Cassazione).
Poi teniamo ben presente che molti giudici hanno supplito alle carenze della legge, applicando (ed è assolutamente lecito e possibile) la legge Mancino, vista la stretta identificazione che c’è fra fascismo e razzismo. Insomma, non abbiamo l’impressione che tutto cambierà nel mese di luglio, e comunque temiamo che se non ci sarà questo grandissimo cambiamento o se la Corte Costituzionale avrà ancora qualche rilievo da fare, resteremo praticamente sprovvisti di tutto e saremo costretti a tacere davanti a quei Prefetti e/o a quei Questori che continueranno imperterriti a sostenere che di fronte alle manifestazioni fasciste non c’è nulla che si possa fare, perché non c’è una legge.
Il problema, in realtà, non è solo quello (sempre possibile e utile) di migliorare le leggi esistenti, magari integrandole anche con disposizioni specifiche sulla vendita dei gadget, sulla ammissibilità delle liste elettorali e sui poteri dei sindaci di negare gli spazi comunali a manifestazioni fasciste. Resta sempre l’esigenza di un’applicazione leale e convinta dei valori, dei princìpi, delle regole già scritte in tutta la Costituzione e in tutte le leggi esistenti; dunque della formazione di una vera coscienza antifascista nelle istituzioni e nella società.
Ci sono molte cose che già oggi non si possono fare e non dovrebbero essere tollerate, come quelle, per fare un esempio, che sono avvenute nel Comune di Milano qualche sera fa. Ma i partiti, le istituzioni, la Forza pubblica, i cittadini cosa ne pensano? Sono “ragazzate” da buffetto sulla guancia o cose serie, inammissibili e inaccettabili in un Paese civile? Questa e la risposta che attendo da tutti, da chi c’era, in quel Consiglio comunale, dai partiti che vi erano rappresentati; e infine dagli stessi cittadini.
Se la condanna fosse unanime, resterebbe l’indignazione per il tentativo di blitz, ma si potrebbe essere almeno soddisfatti delle reazioni. Ma se restasse il silenzio, l’incertezza, la tolleranza, se si ammettesse che si possa fare il saluto romano nella Casa comunale, dove tutti i Consiglieri dovrebbero esplicare la loro funzione con disciplina e onore (come dice l’art. 54 della Costituzione), allora ci sarebbe da essere molto preoccupati. La verità è che bisogna reagire subito e con forza, coinvolgendo i cittadini e spiegando a tutti che questi fatti, in una Repubblica democratica e antifascista, non possono e non debbono avvenire.
Bene, dunque, che si indìca una manifestazione antifascista nello stesso Palazzo comunale per sabato prossimo, ma è importante che da quella manifestazione esca un indirizzo preciso, per le istituzioni e per la società, nonché un impegno – per tutta la cittadinanza e per i partiti e le associazioni che li rappresentano – a dimostrare che in questa Repubblica democratica non c’è, non deve esserci posto per rigurgiti e iniziative fasciste di qualsiasi tipo. Diciamolo alto e forte: facciamoci sentire.
Carlo Smuraglia, Presidente dell’ANPI nazionale
Pubblicato giovedì 6 Luglio 2017
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