Si è svolta una magnifica manifestazione “contro i muri” a Milano, e siamo tutti felici che sia pienamente riuscita, nonostante gli uccelli di malaugurio e nonostante gli inviti (pretestuosi) a revocarla.
La manifestazione non era di protesta soltanto, ma formulava richieste particolari e specifiche. La grande e variopinta manifestazione dimostrava una gran voglia di esserci, di prendere posizione, di farsi sentire. E’ una novità, in uno scenario che fino a qualche tempo fa appariva deludente e quasi assente.
Il 4 dicembre – quando si è votato per il referendum – ha dimostrato, con una partecipazione inusuale, tanta voglia di esprimere il proprio pensiero, di assumere una posizione e un ruolo da cittadino e non di suddito. Questo è il senso di una presenza fortissima di donne e uomini, italiani e “stranieri”, di tutte le lingue, religioni, idee o ideologie. Certo, una gran volontà di pace, ma soprattutto una grande volontà di accoglienza e di solidarietà.
C’è un articolo della Costituzione, di solito poco ricordato (art. 2) che dopo il capitolo dei diritti, apre quello dei “doveri inderogabili di solidarietà”, in cui quell’aggettivo dà una forza particolare alle indicazioni della Carta. Se ne parla poco, come ho detto, eppure è un punto fondamentale del sistema ed un richiamo fortissimo alla nostra coscienza; ed anche rispetto alla vicenda specifica della manifestazione milanese ci ammonisce che una manifestazione è utile e bella, ma non basta, se non è accompagnata da comportamenti quotidiani che obbediscano a ciò che ci impone la Costituzione.
La solidarietà si può manifestare in mille modi e, certo, anche con una manifestazione, ma dobbiamo convincerci che l’accoglienza è qualcosa di più serio, complesso e difficile da gestire. Arrivano da tutto il mondo, talora a migliaia, persone che vengono da lontano, con bambini, donne, anziani. Hanno bisogno di assistenza, di aiuto, di sostegno materiale e morale. E’ un impegno a cui non ci possiamo sottrarre, anche se talora l’istinto ci spingerebbe a guardare da un’altra parte. Ma è proprio questa indifferenza, questo egoismo, direi, talvolta, addirittura non voluto, che bisogna vincere, e non solo un giorno, ma sempre.
Mi giunge una lettera da Reggio Emilia, in cui mi si racconta l’esperienza che stanno facendo (l’ANPI e il Comune) di dare in varie forme aiuto e solidarietà al popolo curdo-iracheno. Si tratta di una manifestazione concreta, di iniziative reiterate e coinvolgenti sul piano della conoscenza della realtà e – appunto – della solidarietà. E si tratta anche di accoglienza ed aiuto ai bambini curdi, di cui alcuni ammalati, per i quali si è reso necessario, addirittura, il ricovero in ospedale, con l’affetto e la generosità che, del resto, l’Emilia ha dimostrato in varie occasioni, dalle alluvioni ai terremoti. Questo è qualcosa che ci stimola, non tanto e non solo ad apprezzare, quanto a seguire un esempio importante. Dunque, è vero, in concreto, che la solidarietà può esprimersi in tanti modi ed anche al di là delle manifestazioni di un giorno; che pure sono utilissime ed importanti per contribuire al risveglio delle coscienze. Perché la manifestazione di Milano possa dispiegare non solo gli effetti festosi del giorno in cui si è svolta, ma effetti più duraturi e continuativi, fatti anche di piccole cose e di quotidianità, dobbiamo ricordarci, sempre, di quell’imperativo categorico incluso nell’art. 2 della Costituzione (“La Repubblica… richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà”) e soprattutto di quell’aggettivo “inderogabile” che “picchia duro”, se posso utilizzare un’espressione sportiva, sulle nostre coscienze.
Carlo Smuraglia, Presidente nazionale dell’ANPI, da ANPInews n. 246 del 24/30 maggio 2017
Pubblicato giovedì 25 Maggio 2017
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