L’isola che non c’è – in una famosa commedia – è l’immaginario scoglio sul quale si svolgono le avventure di Peter Pan. Il museo che non c’è, invece, è il museo della Resistenza a Milano.
Vicenda davvero bizzarra, dato che da tempo il Comune di Milano, il Ministero dei Beni Culturali, l’Istituto Nazionale per la Storia del Movimento di Liberazione avevano espresso la volontà di dar vita proprio nella metropoli meneghina al Museo Nazionale della Resistenza.
D’altra parte, quale città più idonea? Milano capitale morale, definizione coniata dal filologo e politico Ruggiero Bonghi nell’Italia unita del 1881. Milano Medaglia d’Oro al Valor Militare per la guerra di Liberazione. Milano del 25 aprile 1945, quando i partigiani liberano la città e Sandro Pertini alla radio annuncia: “Cittadini, lavoratori! Sciopero generale contro l’occupazione tedesca, contro la guerra fascista, per la salvezza delle nostre terre, delle nostre case, delle nostre officine”. Milano capitale di tutti i musei del mondo: lì nel 2016 si svolge la Conferenza generale del Consiglio internazionale dei musei, a cui partecipano migliaia di invitati provenienti da oltre 130 Paesi. Insomma, Milano merita il Museo nazionale della Resistenza e la Resistenza merita un museo nazionale a Milano.
Invece no. Come ampiamente e ripetutamente raccontato su queste pagine (è recente l’editoriale di Carlo Smuraglia): l’idea del museo si è improvvisamente trasformata in qualcosa di vago e indefinito che dovrebbe essere istallato in uno spazio straordinariamente inadeguato: una sala a piano terra della Casa della Memoria. Eppure a Berlino, tanto per fare un esempio, è sito un museo che ha larghissimi spazi a disposizione, propone in tali spazi una ricca documentazione, ospita un’esposizione permanente di più di 5000 fotografie e documenti, organizza visite guidate per gruppi che approfondiscono in modo analitico i temi in oggetto.
Insomma, un “pasticciaccio brutto” – questa volta in salsa milanese – che ha recentemente portato il Comitato nazionale dell’ANPI ad esprimersi con chiarezza: «L’intera questione deve essere sottoposta a revisione totale, consultando esperti, acquisendo conoscenze di similari esperienze straniere, avviando un serio confronto sui modi per superare le difficoltà e incomprensioni di cui si è detto. L’ANPI, convinta che un Museo Nazionale della Resistenza, a Milano, sia veramente di essenziale importanza, è disponibile a dare tutta la collaborazione necessaria per giungere ad una soluzione ragionevole, non invece a consentire un’ipotesi riduttiva ed “escludente”, in certo modo incomprensibile, non degna di inserirsi nella “linea museale” da cui il Comune di Milano trae grande vanto».
La vicenda non poteva non avere ripercussioni nel mondo della ricerca e della cultura. Sono pervenuti nei giorni scorsi all’ANPI nazionale autorevolissimi messaggi di condivisione e di appoggio alle proposte avanzate dall’associazione dei partigiani.
Claudio Magris, scrittore e germanista, vincitore di vari premi letterari, scrive: «Quanto al Museo Nazionale della Resistenza, sono perfettamente d’accordo con l’idea che un museo debba essere, appunto, un museo, nel senso alto e corretto del termine e non un vago “spazio”, cedendo alla vaga suggestione di tanta pseudocultura che mastica parole come “spazi”, “eventi” e così via. Non vedo proprio perché un museo – dedicato a una realtà così importante per la nostra storia – non debba chiamarsi e quindi essere museo».
Specifica l’archeologo e storico dell’arte, già direttore della Scuola Normale Superiore di Pisa Salvatore Settis: «Ho letto con attenzione il comunicato, e ringrazio l’ANPI di aver finalmente dato un quadro preciso e attendibile di una vicenda che mi era nota solo in parte. Concordo pienissimamente con le preoccupazioni espresse: un Museo Nazionale della Resistenza a Milano può e deve essere un contributo importante alla riflessione, ogni giorno più necessaria, sui valori della Resistenza, della Costituzione e della Repubblica. Ma dev’esser fatto senza sconti e senza trucchi, senza sminuirne la portata né nella scelta dei luoghi né nel nome o nelle dimensioni. Mi auguro che l’iniziativa ANPI di diffondere questa informazione abbia il debito riscontro da parte delle amministrazioni responsabili».
«Il Museo nazionale della Resistenza – scrive fra l’altro Corrado Stajano, giornalista e scrittore – ben rappresenta la rinascita dell’Italia dopo vent’anni di fascismo e dopo la rovinosa guerra. Milano, Medaglia d’Oro della Resistenza, cervello della lotta di Liberazione, è stata la scelta giusta per il museo che ha l’onore e l’onere di custodire la memoria, di far conoscere ai giovani ciò che accadde. Vorrebbero chiamare, sembra, il Museo “Centro nazionale d’interpretazione della Resistenza”: che cosa significa? Il Museo visto come luogo del pro e del contro? Il luogo – aggiunge polemicamente – dell’eterna condivisione della memoria? “Ragazzi di Salò” compresi? (Come se fosse possibile). C’è anche chi vorrebbe chiamarlo “Spazio Resistenza”, forse un po’ fuorviato dagli amati luoghi delle sfilate di moda. Che si cerchi poi di negare importanza al Museo collocandolo in un luogo angusto ed inadeguato all’interno della Casa della Memoria, sembra una proposta davvero poco decente. Il Museo deve nascere senza ambiguità come si era detto e studiato. È un simbolo alto della città di Milano che deve esserne orgogliosa, non umiliata».
La vicenda milanese e lo stato dell’arte per cui non si fa il museo ma qualcos’altro di non definito? «Mi sembra una cosa del tutto assurda. Poi non ci lamentiamo se il fascismo rialza la testa», afferma fra l’altro Sandro Portelli, storico, professore ordinario di letteratura anglo-americana all’Università La Sapienza di Roma.
Lo storico e saggista Santo Peli aggiunge ulteriori informazioni che confermano le preoccupazioni dell’ANPI: «Personalmente – scrive – dopo la prima riunione del comitato scientifico selezionato dall’Insmli per studiare ed elaborare il progetto per il Museo Nazionale della Resistenza, mi sono dimesso, ritenendo che i limiti posti dalla sede scelta, la mancata chiarezza dei rapporti con il sistema museale milanese, la fretta con cui si doveva procedere non consentissero di realizzare un museo degno di chiamarsi nazionale. Non ho più seguito il progetto da allora, ma quel che voi segnalate mi pare triste conferma delle mie iniziali valutazioni; ignoro per altro se sia ancora possibile tornare indietro e pensare qualcosa di più sensatamente realizzabile (finanziamenti già erogati, convenzioni firmate ecc.). Che l’ANPI debba essere coinvolta, è naturale, anche se credo che spetti poi ad un comitato scelto esclusivamente in base alle competenze, storiografiche e soprattutto di realizzazioni e gestioni museali elaborare un progetto. Per il momento, tra tutte le criticità da voi sottolineate, quella più insuperabile continua a parermi la scelta della sede; chiunque abbia visto anche frettolosamente un museo della resistenza francese, o il museo nazionale della resistenza di Berlino, non può che trasecolare davanti all’evidente inadeguatezza della sede individuata».
Su Repubblica del 9 luglio 2017 appare un altro giudizio tranciante: «Il progetto è sbagliato – attacca l’architetto e urbanista Stefano Boeri, padre di un primo studio preliminare della Casa della Memoria – occupa in modo molto discutibile e totale uno spazio pensato per essere aperto a continui eventi e incontri: snatura lo spirito della Casa della Memoria».
Sempre sullo stesso quotidiano interviene il 13 settembre Tomaso Montanari, professore ordinario di Storia dell’Arte moderna all’Università degli Studi di Napoli Federico II: «Non si pensa senza vergogna alla nostra attuale incapacità di costruire a Milano un vero Museo della Resistenza, cioè un grande centro di ricerca, capace di redistribuire conoscenza critica attraverso i canali più moderni».
Risulta infine, che lo Studio di architettura Baukuh, che ha progettato la Casa della Memoria, esprima un giudizio di forte inadeguatezza sull’intero progetto del cosiddetto Centro Internazionale di Interpretazione della Resistenza “Spazio Resistenza 1943-1945”.
Che fare, dunque? Risponde ancora il Comitato nazionale dell’ANPI: «Siamo ancora in tempo a sospendere un’iniziativa che non recherebbe alcun vantaggio culturale e storico e apparirebbe negativa per la stessa immagine di chi la propone. Si proceda ad una rapida verifica delle esperienze straniere in questo campo, si ascolti la cultura italiana e l’ANPI, ricollocando il progetto nel suo binario iniziale (il Museo della Resistenza) ma con modalità tutt’affatto diverse». Ovviamente in una sede adeguata ed idonea e con la partecipazione dell’ANPI e delle Associazioni della Resistenza. Ed infine «non si escluda a priori l’idea di realizzare sul tema un seminario ad alto livello».
Pubblicato martedì 3 Ottobre 2017
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