Davanti alla drammatica vicenda del respingimento della nave Aquarius col suo carico umano, si è avuta in tutta Italia una vasta reazione popolare all’insegna della solidarietà verso i migranti e dello sdegno nei confronti di un provvedimento che è apparso in contrasto con la Costituzione, con la Dichiarazione universale dei diritti umani, con le leggi del mare.
La parola d’ordine “Aprite i porti” si è diffusa ovunque e ha rappresentato il filo conduttore di una ininterrotta serie di mobilitazioni. L’Anpi nazionale ha voluto dare un segnale di partecipazione aprendo lo striscione davanti alla sua sede: “L’Italia antifascista porto di umanità”.
In decine e decine di città si sono svolti presidi ed iniziative unitarie. Le locali strutture dell’Anpi sono state spesso alla testa di questa ampia mobilitazione unitaria. L’Italia democratica è in piedi. Riportiamo le cronache di quanto avvenuto in alcune città italiane.
Torino
L’esperienza di “Mai più fascismi” ha creato un fronte composito e ampio che si riconosce e si interpella di fronte alle necessità di reagire a barbarie e ingiustizie. Così è accaduto non molti giorni fa, quando è stato necessario difendere la Costituzione e la Presidenza della Repubblica da sgangherati attacchi, così è successo il 12 giugno scorso. In risposta all’iniziativa di Salvini di chiudere i porti, è scattata la mobilitazione che, nonostante il preavviso di poche ore e una comunicazione prevalentemente verbale, ha riunito più di mille persone in piazza Castello sotto la Prefettura.
Il presidio ha visto la presenza dei sindacati confederali, dei partiti della sinistra, di numerose associazioni, dell’Anpi in primo luogo che invitava i proponenti di “Mai più fascismi” con il seguente appello: “Per questo chiediamo di aprire immediatamente i porti e consentire di trarre in salvo le persone soccorse. Per questo siamo in campo oggi e lo saremo ogni giorno contro il tentativo di truire un’Italia brutale e razzista”.
In un momento non facile all’impegno, perché sembra prevalere lo sconforto, il logoramento e la sorpresa, l’adesione alla manifestazione fa sperare nella possibilità di una ripresa delle battaglie per la giustizia sociale, i valori e le concezioni della democrazia presenti nella nostra Carta costituzionale.
Maria Grazia Sestero, presidente Comitato provinciale Anpi Torino
Ancona
Martedi 12 giugno 2018 anche in Ancona davanti alla sede della Rai si è svolta una delle tante manifestazioni #PORTIAPERTI alla quale il Comitato provinciale Anpi di Ancona ha aderito. Il presidio si è tenuto in Ancona ed è stato promosso dall’Acu Gulliver e a cui hanno da subito aderito e collaborato la Sezione Anpi di Ancona “Gino Tommasi”, la Rete degli studenti medi delle Marche, l’Arci, Libera, Cgil, Cisl, la Tenda di Abramo, Albatros, il Circolo Pungitopo-Lega Ambiente, Spazio comune Heval, l’Istituto Gramsci Marche.
Nonostante i tempi davvero stretti l’iniziativa ha visto la partecipazione di centinaia di persone, sia di Ancona, sia di tutta la provincia, tanto che lo spazio richiesto per il presidio si è rivelato insufficiente ed è stata utilizzata gran parte della piazza che si trovava difronte.
Questa importante risposta al razzismo e all’odio, che oggi sono diventati i capisaldi del nuovo Governo targato Lega e Movimento 5 stelle, è il frutto di un costante lavoro nel corso degli anni nella provincia di Ancona, svolto dall’Anpi insieme a moltissime altre realtà associative, sindacali e politiche.
In Ancona è attiva da diverso tempo una rete antirazzista – alla quale l’Anpi ha subito aderito – che ha dato vita al “Coordinamento 18 febbraio” che, proprio nel febbraio 2017, aveva organizzato una grande manifestazione dal titolo “Perché se migrante fossi io”. Le iniziative di questo coordinamento poi sono proseguite con eventi che si sono svolti spesso nella sede dell’Anpi di Ancona, ultimo dei quali l’incontro con Grazia Naletto sul tema del “razzismo in prima pagina”.
Per quanto riguarda il resto della provincia, l’Anpi fa parte della Consulta per la Pace di Jesi, da sempre attiva sui temi di attualità, volti alla solidarietà e all’accoglienza. Il 6 gennaio scorso sono stati ospiti i genitori di Giulio Regeni in un incontro che ha visto partecipare centinaia di persone, e il 21 giugno 2018 si terrà un convegno sul tema dei rifugiati per l’occasione della Giornata mondiale del rifugiato. Anche a Jesi è attivo un coordinamento antirazzista che nel mese di gennaio aveva organizzato un riuscitissimo convegno sul ruolo della stampa e della diffusione delle fake news in tema di razzismo e immigrazione.
Inoltre il Comitato provinciale Anpi di Ancona ha aderito da qualche mese all’Università per la Pace della Regione Marche, con la quale da tempo collaborava, sempre nell’intento di promuovere la cultura della pace e della convivenza civile che è alla base della nostra Costituzione.
Nel mese di luglio 2018 la Sezione Anpi di Ancona sarà presente con un proprio banchetto alla Festa dei Popoli, e come negli scorsi anni organizzeremo la nostra presenza a Fermo per ricordare l’omicidio di Emmanuel, il migrante nigeriano ucciso lo scorso anno per aver reagito a chi aveva gridato “scimmia” alla sua compagna.
Come ricorda la nostra presidente Carla Nespolo, l’Italia non può voltare le spalle; ogni migrante, tra cui tante donne e bambini indifesi, è prima di tutto una persona costretta a lasciare la propria terra, a causa di guerre, fame, siccità e disastri ambientali, per cercare la sopravvivenza altrove chiedendo accoglienza e asilo.
Non si faccia l’imperdonabile errore di chiudersi nei confini della propria nazione, di alzare nuovi muri di odio e paura che non fanno bene al Paese e che aumentano ancora di più le disuguaglianze. Difendiamo la cultura dell’accoglienza.
Daniele Fancello, presidente Comitato provinciale Anpi Ancona
Savona
Lunedì 11 giugno mattina con le prime telefonate che intercorrono fra il presidente Anpi di Savona, il presidente dell’Arci Alessio Artico, e il segretario della Camera del Lavoro Andrea Pasa, si mette in moto la macchina organizzativa che ha l’obiettivo di promuovere per il pomeriggio del giorno successivo, martedì 12, una manifestazione di solidarietà con i migranti respinti dal ministro Salvini che ha deciso di chiudere i porti italiani ai naufraghi, violando così le norme del diritto internazionale del mare e della navigazione.
L’intesa fra Anpi, Arci, Cgil savonesi è immediata; e basta una telefonata alle altre associazioni del Comitato cittadino per la Resistenza Antifascista, perché tutti ci si metta in moto: abbiamo meno di una giornata per organizzare l’evento.
È forte la consapevolezza che ci si trovi di fronte a una azione assolutamente ingiustificabile e pericolosa, che alimenta lo spirito xenofobo presente in una parte considerevole della popolazione oltre a negare la sicurezza a esseri umani che hanno già patito enormi sofferenze per sfuggire a condizioni di vita inumane e, spesso, alla morte.
Si capisce benissimo che questa maggioranza di governo, debole verso i poteri forti, vuole rafforzare il consenso sulla pelle di persone disperate che fuggono dalla fame e dalla guerra.
Inoltre non si può consentire che passi, senza opposizione, una politica gravemente lesiva della dignità umana e delle Carte che la preservano: la Dichiarazione universale dei Diritti Umani e la Costituzione Italiana.
La diffusione capillare dei comunicati unitari e delle prese di posizione contrarie agli atti del Governo, inviate dalle segreterie nazionali delle associazioni e organizzazioni democratiche e antifasciste, insieme alla notizia che in tutt’Italia si stava organizzando manifestazioni di solidarietà ai migranti e di condanna del razzismo, contribuiscono alla mobilitazione; anche a Savona: Acli, Anpi, Aned, Arci, Caritas, Cgil, Cisl, Libera, Migrantes, Udi, Uil, Usei (l’associazione degli equadoregni) si mettono in azione per sensibilizzare i propri associati e la popolazione; oltre a questi, nelle centinaia di persone presenti in piazza, alle 17,30 del 12 giugno, ci sono i rappresentanti dei partiti (Pd, SI, Prc, Possibile, MdP Art.1, Pci) il Coordinamento Antifascista, consiglieri comunali e sindaci.
I migranti del Camerum, del Gambia, del Burkina Fasu sono numerosi ed intervengono per raccontare la loro storia di violenze in patria e nella migrazione e la loro volontà di costruirsi un futuro di pace da noi solo che gli si creino le condizioni minime indispensabili di pieno riconoscimento; i lunghi tempi di attesa per essere ascoltati dalle commissioni per il riconoscimento della qualifica di rifugiato, creano tensione fra loro e la preoccupazione che qualcuno possa cadere nelle maglie della criminalità; così come dicono che in questo periodo hanno paura perché sentono molta contrarietà e astio verso di loro da parte di molti cittadini e dal Governo, e hanno ancora molti timori per il loro futuro. Alla fine ci ringraziano perché dicono che sentire la nostra solidarietà li fa stare bene e gli dà la forza per resistere.
Continueremo a dargli la nostra solidarietà; d’altronde non è la prima volta che svolgiamo eventi insieme. Ma dobbiamo essere consapevoli che questo, pur essendo utile, non basta ancora.
C’è bisogno di una battaglia informativa e culturale verso la popolazione del nostro Paese per far comprendere quali sono le reali caratteristiche (e numeri) della migrazione in Italia e in Europa; come sia importante per tutti la difesa dei diritti; come sia importante per un paese, e un continente, che invecchia rapidamente la presenza di giovani; come queste siano condizioni essenziali per la pace.
Bisogna riproporre il metodo della Resistenza: l’unità nella diversità.
Ma tutto questo, per realizzarsi, deve passare attraverso un rafforzamento della funzione di coscienza critica della società, propria dell’Anpi che, mantenendo il rispetto di tutti i soggetti politici democratici e antifascisti, solleciti con tenacia, tutti, ad una profonda analisi critica sulle ragioni della sconfitta dei valori e dei principi nati nella lotta antifascista e nella Resistenza, attuati nelle lotte sociali e politiche dei decenni che seguono l’insediamento della Costituzione Italiana: strumento sempre fondamentale per il nostro futuro.
Samuele Rago, presidente del Comitato provinciale Anpi di Savona
Genova
Questo dimostrarsi aridi e insensibili, in sostanza disumani, ci ha colpiti molto. Sì, sono disumani di fronte a un dramma epocale, dopo aver definito “una pacchia” la vita di chi la rischia su un barcone, cotto da un sole cocente, martoriati dalla sete e immagino ammorbati anche dai miasmi degli escrementi di chi su quel barcone è ammassato, avendo la paura costante che un’onda più alta delle altre lo faccia rovesciare.
Penso a quelle madri e a quei padri che, non avendo il denaro per pagare il viaggio a tutta la famiglia, hanno scelto di far partire i loro figli da soli, non sapendo quando e come li avrebbero rivisti o sentiti, perché sono convinto che siano ben coscienti che potrebbero non tornare, finire in una tomba anonima o più semplicemente non saperne più nulla se annegano nel Mediterraneo, ancor peggio se i loro cadaveri sono ributtati in mare perché, come è successo con una nave americana, non ci sono celle frigorifere a bordo.
Tutto questo la dice lunga sulla qualità morale, la visione etica della vita che hanno quegli stessi che si fanno fotografare col rosario o a baciare una reliquia di qualche santo: l’espressione più alta dell’ipocrisia sviluppata all’ennesima potenza. Ciò conferma che avranno pur giurato sulla Costituzione, ma bisognerebbe ci fosse chi ricorda loro l’articolo 54 che recita: “Tutti i cittadini hanno il dovere di essere fedeli alla Repubblica e di osservarne la Costituzione e le leggi, i cittadini cui sono affidati funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore” e ricordo anche l’articolo 2: “La Repubblica riconosce i diritti inviolabili dell’uomo e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”.
L’atteggiamento di certi ministri non si confà a questi articoli e certamente non ne dimostra la “disciplina e l’onore”, né tanto meno il senso di aver giurato sulla Costituzione che li contiene.
La chiusura dei porti proclamata dal ministro Salvini e attuata dal suo collega Toninelli ha dimostrato come il diffondersi dei virus della discriminazione e dell’odio verso chi bollano come diverso, si alimenta ad arte con la guerra del povero contro chi è ancora più povero, in una contrapposizione che si alimenta cavalcandola ogni giorno.
Di fronte a queste scelte irresponsabili, c’è stata una grande risposta della Genova democratica, antifascista e solidale, che rispondeva così:
“Alla follia disumana dei porti chiusi del Governo rispondiamo con Genova città aperta, città di mare, di scambi, di culture differenti che si incontrano, ma soprattutto di umanità. Non basta più indignarsi di fronte alla violenza verbale e politica di questo nuovo Governo che sin dal suo insediamento ha costruito il suo consenso sulla pelle dei più deboli. Oggi serve opporci a questi provvedimenti, alle trattative politiche condotte a discapito di persone che rischiano la vita.
Genova è una città aperta, dimostriamolo: chi scappa dalla fame e dalla guerra va accolto, senza se, e senza ma”. Firmato Anpi, Cgil, Arci, Comunità di San Benedetto (quella fondata da Don Andrea Gallo), Genova Solidale e l’esteso mondo dell’associazionismo democratico e solidale, a cui si sono aggiunti forze politiche o movimenti che si rifanno a quei valori.
Ci siamo ritrovati in tanti nel pomeriggio del 12 giugno in piazza De Ferrari, come è accaduto in diverse altre realtà italiane, per manifestare contro le politiche dell’attuale governo italiano in tema di accoglienza e migrazioni.
Giovani e anziani, uomini e donne, tanti ragazzi e ragazze migranti che nei loro interventi hanno raccontato come sono arrivati nella nostra città da paesi tanto lontani.
Assente, come era da immaginarsi, l’amministrazione comunale genovese, che ha tra i suoi azionisti politici di maggioranza gli stessi protagonisti delle scelte scellerate del governo nazionale.
D’altronde non ci si poteva aspettare il contrario da un’amministrazione comunale che pochi mesi fa ha inscenato una gazzarra indegna per l’arrivo di dieci migranti in un asilo nido inutilizzato da anni. L’assessore competente è lo stesso che si era offerto di prendere a calci chi chiede l’elemosina e ha fatto approvare una delibera con cui si stabilisce che chi, indigente, viene colto a mangiare per strada deve pagare 200 euro di multa.
L’assenza di questa amministrazione comunale, e anche di quella regionale, è stata altresì confermata sull’altro importante tema dei diritti civili con il mancato patrocinio al Pride, dimostrando, una volta di più, come una certa destra sia più impegnata a erigere muri e paure anziché superarle e dare strumenti per un confronto civile e democratico. Ma questa loro scelta è stata un ulteriore incentivo per spingere migliaia di genovesi di ogni età a scendere in piazza, sabato 16 giugno, in un lungo corteo. Sono partiti in cinquemila e sono divenuti ottomila, hanno attraversato la città in un grande momento di impegno, anche festoso.
Da tempo, come Anpi genovese, siamo parte attiva in soggetti come “Genova Solidale”, che si impegnano nei processi di accoglienza e integrazione di profughi e facciamo nostra la battaglia sui diritti civili declinando nella lotta al razzismo, all’omofobia, al sessismo alcune delle nuove forme di fascismo contro cui non bisogna mai abbassare la guardia.
Per queste ragioni la “chiamata” di Anpi, Cgil e altre realtà a una manifestazione unitaria per il 30 giugno, che si rivolge a tutte le anime dell’antifascismo genovese, a ricordo della cacciata nel giugno 1960 dei fascisti del Msi da Genova, dei morti di quei giorni in molte città italiane sotto i colpi della polizia e della successiva caduta del governo Tambroni, avrà una valenza particolare. Sarà una risposta, ancora, alle politiche di destra di questo governo, con tutti gli ammiccamenti ai componenti dell’onda nera che cercano di emergere in diverse realtà italiane.
Massimo Bisca, presidente Comitato provinciale Anpi Genova e componente del Comitato nazionale Anpi
Pubblicato giovedì 21 Giugno 2018
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