È un’ossessione quasi comica vedere quanto venga citato Jean-Luc Mélenchon dalla tribuna dell’Assemblea Nazionale, la Camera francese. Non sono a citarlo i deputati eletti nella Nupes, Nuova Unione Popolare Ecologica e Sociale (la formazione fortemente voluta da Mélenchon che raggruppa La France Insoumise, verdi, socialisti e comunisti), ma quelli provenienti da formazioni assai più in linea con il governo, dai centristi alle destre, più o meno estreme.
Eppure Mélenchon non è deputato, non si è ripresentato: «Sarebbe stata la settima volta! Cosa avreste detto se fossi ritornato? Che ‘quest’uomo è un parlamentare a vita!’ Quella tribuna mi mancherà, certo, ma non ho alcun rimpianto» ha dichiarato in un’intervista al quotidiano “Libération” pubblicata lo scorso 7 luglio.
Il successo della Nupes, che conta 151 deputati, ossia ben più del doppio di quanti ne contassero i movimenti e i partiti che la compongono nella scorsa legislatura, brucia. Assai più di quello dell’estrema destra. «L’ultima volta che c’è stata un’unione popolare a sinistra – dice ancora Mélenchon – è stato nel secolo scorso, con la gauche plurielle. Poi ci fu Hollande e la distruzione della sinistra tradizionale. Noi siamo in crescita dal 2012 e i nostri risultati non sono una trovata pubblicitaria. Per milioni di persone il degrado della situazione ecologica e sociale pone all’ordine del giorno aspettative molto radicali e noi siamo il loro partito».
A margine si può notare che quasi tutti i partiti e i movimenti che compongono la Nupes sono cresciuti, mentre i socialisti in apparente caduta libera mantengono lo stesso numero di deputati all’Assemblée Nationale: il gruppo dei verdi ne conta oggi 23 e non ne aveva nessuno nella precedente legislatura, quello dei socialisti mantiene i suoi 31, quello dei comunisti (Gauche démocrate et républicaine) ne registra 22 contro 10 e quello degli Insoumis 75 contro17.
Prima della Nupes, Jean-Luc Mélenchon si è candidato per tre volte consecutive alle elezioni presidenziali: nel 2012 prese il 10,12% dei voti e arrivò quarto, mentre nel 2017 e nel 2022 si è piazzato in entrambi i casi al terzo posto, tallonando Marine Le Pen (21,3% e 23,15% dei voti) e raggiungendo rispettivamente il 19,58% e il 21,95%. E se nel 2017 Mélenchon era appoggiato anche dal Pcf, nel 2022 i diversi partiti e movimenti della sinistra hanno tutti presentato un proprio candidato.
«Siamo partiti dal basso – racconta un militante – ma Mélenchon ha messo a punto una strategia piuttosto vincente sollevandosi da una situazione che lo dava piuttosto perdente. Si partiva da un 11% circa di intenzioni di voto credibili (lo score raggiunto alle legislative del 2017, n.d.r.). Il lavoro militante sul terreno, continuo, ci ha fatto guadagnare circa il 10%».
Sembra fargli eco François Ruffin, giornalista militante e deputato Lfi, dalle pagine del settimanale “l’Obs”: «Grazie al talento di Jean-Luc [Mélenchon] nel Paese si è messa in moto una forza: la sinistra non è morta. I tre obiettivi fissati sono stati raggiunti: nei dipartimenti e territori d’oltre mare Mélenchon è stato eletto al primo turno; i quartieri popolari sono usciti dall’astensione per votare Jean-Luc e tra i giovani è prevalso il voto progressista, un fermento per l’avvenire».
Al di là dell’uomo c’è, comunque, la cosiddetta «generazione Mélenchon» a tirare il traino: alcune persone lo seguono da quando uscì dal Partito socialista nel 2008, altre si sono aggregate strada facendo. Sono giovani, tra i trenta e i quarant’anni o anche meno, e molti hanno già alle spalle l’esperienza politica della scorsa legislatura.
È il caso, per esempio, di Mathilde Panot, la 33enne presidente del gruppo Lfi-Nupes all’Assemblée Nationale o di Adrien Quatennens, 32enne. Invece Manuel Bompard, 36enne che molti indicano quale numero due della France Insoumise, oggi membro della Camera francese, era precedentemente deputato europeo. «Qualunque cosa accada, (Mélenchon) sarà presente attraverso la generazione che ha fatto emergere» affermava su “Libération” il 28 luglio la deputata Lfi Sarah Legrain, con lui dall’epoca del Front de gauche. «Le sue qualità sono suddivise benissimo: ci sono oratori, strateghi, ideologi… Lui ha questa caratteristica un po’ magica di riunirle tutte, ma si può inventare qualcosa attorno al collettivo».
Porta a porta, dialogo con le associazioni (da Attac a Greenpeace) e presenza sul territorio anche se non in tutta la Francia, sono la forza della France Insoumise, ma il vero successo di Mélenchon è stato quello di riuscire a convogliare attorno a un programma comune i grandi partiti di sinistra e di convincerli a presentare un unico candidato Nupes per ogni circoscrizione elettorale. Ha dichiarato ancora Mélenchon: «È stato grazie al risultato del 10 aprile (primo turno delle presidenziali, n.d.r.). Ho avuto la fortuna di trovare degli interlocutori che hanno capito allora l’impasse della linea social-liberale.
La scelta di Olivier Faure e Julien Bayou (rispettivamente segretario del Ps e di Europe Écologie Les Verts, ndr) è stata tracciata dagli eventi. Il discorso di Faure per il lancio della Nupes è stato limpido: «Avevamo imparato a fare compromessi e Jean-Luc ci ha insegnato che bisognava anche saper rompere». La Nupes non è, insomma, un semplice accordo elettorale, ma un accordo politico di programma. «La Nupes – sostiene sempre Mélenchon – è l’espressione politica dei più poveri, dei disoccupati, dei dimenticati di Francia».
Nel futuro della Nupes c’è un autunno caldo, con grandi manifestazioni di piazza, che si vorrebbero unitarie, tra cui quella prevista a ottobre contro il carovita. Dell’avvenire dell’unione si è parlato moltissimo nell’ultimo fine settimana d’agosto, durante il quale si sono svolte le «università estive» di Europe Écologie Les Verts, dei socialisti e della France Insoumise.
Per Olivier Faure è stata l’occasione di ribadire, anche in vista del congresso del Ps che dovrebbe svolgersi nel prossimo gennaio, la sua vicinanza alla Nupes, in particolare con la proposta di un referendum d’iniziativa popolare sulla tassazione dei superprofitti (in particolare di quelli generati approfittando della crisi): «è rendendo la sinistra più forte che anche noi socialisti saremo più forti» ha dichiarato Faure, sostenendo che non c’è alcuna alternativa all’unione delle sinistre.
Paola Vallatta, giornalista, presidente Anpi Parigi “Carlo e Nello Rosselli”
Pubblicato martedì 6 Settembre 2022
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