Ci sono anniversari che devono essere ricordati: la storia, la vita dell’uomo, sia come singolo che come comunità, è fatta di date e ricorrenze, per nulla trascurabili se non ci si vuole limitare a sopravvivere come meri organismi biologici. La dignità dell’essere umano come persona è costituita anche (soprattutto?) dalla memoria: perduta la quale, ci si riduce ad altro e a poco.

Bari, 24 luglio 2023. Nell’ambito della festa provinciale Anpi, la spaghettata antifascista con il presidente nazionale dell’associazione, Gianfranco Pagliarulo

Ottant’anni fa, nella notte del 25 luglio, il Gran Consiglio del Fascismo convocato per il pomeriggio precedente, votava a maggioranza (19 a favore, 7 contrari e 1 astenuto) l’ordine del giorno Grandi, che invitava Benito Mussolini a restituire il comando delle forze armate al re.

24 luglio 2023, Roma, Municipio VII. Una delle pastasciutte antifasciste promosse nella capitale dall’Anpi. Nella foto, il presidente provinciale Anpi, Fabrizio del Sanctis e la vicepresidente Marina Pierlorenzi. Tanti i giovani che hanno partecipato, presenti anche le istituzioni municipali. Insieme alla festa con musica e poesie si è parlato di clima, pace, autonomia differenziata e presidenzialismo

Credo possa risultare molto utile seguire, almeno per sommi capi, la narrazione che di questo straordinario evento storico fa il francese Raymond Cartier (19041975, una fonte quindi non italiana), nella sua La seconda guerra mondiale (1965, trad.it. 1968): in Italia, l’invasione della Sicilia disgrega il regime. Il piccolo re, col vecchio viso inondato di lacrime, prosegue cautamente nella sua congiura col maresciallo Badoglio, l’ex presidente del Consiglio Bonomi e con alcuni mussoliniani caduti in disgrazia. […] I dignitari del regime si dividono in due correnti: quelli che, con Grandi, Bottai e Ciano vogliono a qualsiasi costo ritirare l’Italia dalla guerra, e quelli che, al seguito di Farinacci, vogliono che la solidarietà con la Germania duri per la vita e per la morte. […] La seduta viene fissata per il 24 luglio, il che lascia agli intrighi otto giorni per annodarsi. […] La giornata è la più calda dell’estate. L’odore del fuoco che proviene dai quartieri devastati cinque giorni prima non si è ancora dissipato. Moltissima gente ha abbandonato Roma […]. L’inquietudine regna tra i congiurati. Nessuno è sicuro di uscire da Palazzo Venezia vivo e libero. Molti si sono confessati, altri hanno nelle tasche pistole o bombe a mano. Per due ore, Mussolini parla. Traccia la situazione militare, difende la Germania dal rimprovero di aver lasciato cadere l’Italia, afferma che non esiste salvezza fuori dalla fedeltà incondizionata all’alleanza. […] Grandi non cede. La forza della sua parola contrasta col penoso eloquio del Duce. Un vecchio conto viene liquidato. Tutto l’orientamento del regime durante vent’anni viene messo sotto accusa: «Il fascismo è morto il giorno in cui abbiamo sostituito sui nostri stendardi il vecchio motto “Libertà e Patria” con la consegna “Credere Obbedire Combattere”. Non è il fascismo che ha perso la guerra, ma la dittatura…».

21 luglio 2023, Trapani festeggia il 25 luglio 1943 con la sua prima pastasciutta antifascista. Quest’anno sono oltre 220 le iniziaive promosse tra Italia ed Europa

Quello che avvenne dopo è storia abbastanza nota. Il vecchio conto da liquidare riguardava i rapporti di forza tra l’anglofilo Dino Grandi e il duce “irretito” dal führer: fu quest’ultimo ad uscirne sorprendentemente sconfitto.

Il giorno dopo, domenica 25 luglio alle ore 17, Mussolini chiede udienza al re: il solo testimone oculare al colloquio è il generale Puntoni che racconterà solo frammenti di dialogo, col monarca che con frasi rudi frammiste di dialetto piemontese parla del disastro nel quale sono caduti l’esercito e la nazione: «Siete l’uomo più detestato d’Italia. Io vi voglio bene. Ve l’ho dimostrato difendendovi a numerose riprese. Ma questa volta devo chiedere le vostre dimissioni…».

Festa regionale Anpi Veneto e pastasciutta antifascista a Limena (PD). Nella foto Adelmo Cervi e accanto, alla sua sinistra, la presidente provinciale Anpi Padova, Floriana Rizzetto

Dopodiché gli eventi subiscono una brusca accelerazione: il duce viene fatto arrestare da un capitano dei carabinieri e tradotto in caserma. L’uomo davanti a cui tremava tutta l’Italia diventa un comune mariuolo; l’incarico di formare il nuovo governo toccherà al maresciallo Badoglio.

Fermo, 24 luglio. Sold out per la terza edizione della pastasciutta antifascista. Tra i partecipanti anche le figlie del partigiano Mario De Benedictis, recentemente scomparso. Tanta musica e impegno con il “Battaglione Batà” e bravissimi gruppi musicali del luogo, che hanno scandito con i loro brani i tanti temi che impegnano l’associazione: accoglienza, diritti, lavoro, pace in primis. Gran finale con “Bella ciao” intonata dal presidente provinciale Anpi, Paolo Scipioni, ritratto sorridente al centro della prima foto. Sotto uno scatto di gruppo con Chiara Donati, storica e componente del direttivo. A partecipare alla bellissima serata, riuscitissima grazie alla generosità dei tanti volontari, anche la direttrice di Patria Indipendente, Natalia Marino

Perché proprio a lui e non al maresciallo Enrico Caviglia, insignito dell’Ordine Supremo della Santissima Annunziata e quindi di diritto “cugino del re”, a cui poteva dare anche del tu? Solo motivi anagrafici? Che ruolo giocò in ciò la Massoneria? Molti interrogativi – sul prima, sul durante e sul dopo il 25 luglio 1943 – restano aperti, ai quali solo in parte risponde il memoriale dello stesso Dino Grandi, scritto durante l’esilio portoghese nel 1944 e pubblicato nel 1983, quarant’anni fa, su richiesta di Renzo De Felice.

Di certo c’è che il 25 luglio 1943 sancì la fine di un incubo – il ventennio fascista – e l’inizio di un altro: l’occupazione nazifascista di molta parte dell’Italia.

Ci vorrà un altro 25, questa volta dell’aprile di ben due anni dopo, per mettere definitivamente la parola fine a una storia atroce, una delle pagine più infami della tregenda (ci permettiamo di usare l’azzeccatissimo termine del grande Montale) novecentesca, italiana ed europea.

Abbiamo seguito la narrazione di ciò che avvenne tra i detentori del potere: ma come visse quel momento la gente semplice, il popolo, che è sempre e soltanto la vera vittima di ogni dittatura e di ogni guerra?

Evidentemente “scomode” le pastasciutte antifasciste. Questo accade nel Vicentino. A darne notizia è l’Anpi: “A Rosa’ (Vicenza) la Sindaca, in palese violazione della Costituzione, non concede lo spazio per la Pastasciutta antifascista perché il nome “può essere un richiamo di disordini e di problemi di sicurezza e ordine pubblico”. A Porto Burci (sempre Vicenza) compare una scritta intimidatoria del “Mis” contro gli organizzatori della Pastasciutta: “Se manca l’olio lo portiamo noi”. Accade oggi, 25 luglio 2023. E noi non smetteremo di denunciare alle autorità competenti e di diffondere unità e cultura antifasciste”

Voglio rifarmi ora a una voce femminile, ad Ada Gobetti e al suo meraviglioso “Diario Partigiano” (1956, scritto su sollecitazione di Benedetto Croce): «un’eccitazione, una festa continua […], sin dal primo momento, il mattino del 26 luglio, quando avevo udito la notizia per radio […] avevo avuto una reazione di riso quasi isterico; e poi, il ritorno precipitoso a Torino, e la casa piena di gente; e tutti gli amici che si potevano ormai vedere liberamente; e quelli che, giorno per giorno, tornavano dal confino, dall’esilio, dal carcere – Rossi e Ginzburg, Venturi e Foa; e l’eccitazione della prima stampa semiclandestina; un turbine in cui era bello sentirsi trascinare, una gioia che pareva un giusto compenso a tanti anni d’isolamento. […] Quando ci ripenso, oggi, mi pare impossibile d’aver potuto essere in quei giorni, nonostante l’età e l’esperienza, così fanciullescamente superficiale e felice; con uno spirito quasi d’innocenza, uno stato d’animo di vacanza (credo, del resto, che questo fosse lo stato d’animo di molti tra noi). L’unica cosa seria forse era la sensazione che, come nella più bella vacanza, tutto questo “non poteva durare”; e l’attesa di qualcosa che ci avrebbe ben altrimenti e più profondamente impegnati».

Un’atmosfera di festa e di vacanza! Come non rammentare la spaghettata antifascista dei fratelli Cervi? Varrebbe la pena ricordare che la pasta – il nostro alimento identitario per eccellenza, che connota la nostra cucina in tutto il mondo – era detestata dal fascismo: il Manifesto della cucina futurista (1931) di Filippo Tommaso Marinetti sosteneva l’abolizione della pastasciutta, assurda religione gastronomica italiana! accusata di provocare “fiacchezza, pessimismo, inattività nostalgica e neutralismo”. Inoltre i napoletani collo spirito vivace e coll’anima appassionata generosa intuitiva […] Nel mangiarla essi sviluppano il tipico scetticismo ironico e sentimentale che tronca spesso il loro entusiasmo”.

Ma Ada Gobetti ha ragione: quella fu solo la prima, istintiva reazione di sollievo. Si era in vacanza dalla dittatura, finalmente: ma dopo?

A quel luglio subentrò il settembre dell’orrore dell’armistizio, il disonore e l’umiliazione del nostro esercito lasciato senz’ordini col re in fuga per mettersi sotto la protezione degli angloamericani: e ben due anni di un impegno, quello sì, ben diverso e ben profondo.

L’impegno della Resistenza, della lotta di Liberazione, del riscatto dalla vigliacca violenza fascista: l’inizio di una storia davvero migliore, che sta a noi oggi non peggiorare.

Stefano Casarino, Anpi Mondovì CN