Il male peggiore per l’umanità è l’ignoranza, si dice. Ne è fresca prova l’infame scritta Juden hier, elaborata di notte e con la decorazione della Stella di Davide, apparsa sulla porta di Casa Rolfi, a Mondovì, nel cuneese. Tre giorni prima del 27 gennaio, il Giorno della Memoria.
Azione di un singolo o di più persone? Scritta in tedesco, con un plurale: “Qui ebrei”, nella lingua di Goethe e Mann contaminata dalla farneticazione nazista. Una scritta certo copiata da qualche filmato d’epoca, reperibile facilmente. Riportata senza la minima accensione neuronale, senza la minima “intelligenza”, cioè “comprensione” di ciò che significhi: e per questo, frutto di imbecillità e criminalità.
Due facce della stessa medaglia, da non sottovalutare affatto.
In quella casa non abitano ebrei: vi sta Aldo, il figlio di Lidia Beccaria Rolfi, figura la cui storia personale onora Mondovì, che fu a diciott’anni staffetta partigiana e deportata come “politica” nell’unico lager interamente femminile. E’ stata autrice di un libro importante, bellissimo, Le donne di Ravensbrück, ha vissuto una vita intensa, andando sempre fiera di aver preso parte alla Resistenza e rifiutando con vigore ogni forma di revisionismo.
Ma non è questo ora, per me, ciò che conta. E non lo è nemmeno individuare la causa occasionale di quell’imbrattamento della porta di una dimora privata, idiota vandalismo già in sé e per sé: forse lo furono le dichiarazioni rilasciate qualche giorno prima da Aldo, preoccupato del degrado del clima politico, dell’attuale straripamento di un’inaccettabile violenza verbale, troppo spesso preparatoria ed anticipatrice di quella fisica, e del crescente verificarsi di fenomeni di antisemitismo in Italia.
A me preme riflettere su altro. Sul fatto che ciò è successo oggi, gennaio 2020, qui, nella nostra quieta Mondovì, che non ha certo una tradizione antisemita, ma che anzi può vantare un passato di difesa e protezione degli ebrei perseguitati dai nazifascisti.
Penso a Marco Levi (1910-2011), che ho conosciuto personalmente, che ha espresso finché è vissuto, con le parole e coi fatti, tutta la propria riconoscenza alla “sua” Mondovì per averlo salvato e che ha reso generosamente possibile la realizzazione dell’attuale, bellissimo Museo della Ceramica.
Lo sa questo, chi ha scritto quella vergogna? Ma se anche lo sapesse, probabilmente non gliene importerebbe nulla.
Arte, scienza, cultura: a che servono? Meglio infatuarsi dell’esibizione della forza, del culto della violenza, e così sentirsi speciali e importanti, quando in realtà si è degli autentici decerebrati; ripetere passivamente degli slogan, fabbricarsi un nemico (gli ebrei, i comunisti, gli omosessuali, gli immigrati o cos’altro?) e odiarlo in gruppo: le ben note dinamiche di ogni nefasto totalitarismo.
E dove può verificarsi tutto ciò? Ovunque.
Anche nella tranquilla Mondovì.
Anche tra i nostri giovani, a cui abbiamo detto (in tanti, troppi l’hanno fatto e continuano a farlo) che in fondo studiare non è importante, che faticare sui libri è da sfigati, che conta il “tutto e subito” e basta con la tolleranza, il buonismo, il rispetto dell’altro, tutte “balle”, che non producono nulla.
Questa scritta è per me la prova del nostro fallimento educativo.
Abbiamo rinunciato da almeno trent’anni a credere nell’importanza di una cultura che sia non erudizione, ma comprensione (tentativo di comprensione) di idee e di concetti; abbiamo ridotto l’istruzione a competenze e a prestazioni; abbiamo abdicato ad una educazione dei e sui valori.
Così aumenta il numero di coloro che sono intellettualmente sprovveduti, dei “deficienti” (in senso etimologico, “coloro che sono privi, che mancano” di intelletto e formazione culturale): facile, ideale preda per ogni sorta di perversa ideologia, ieri come oggi.
Non stiamo, comunque, parlando di giovinastri. Stiamo parlando di “delinquenti”, cioè di persone che, per stoltezza o premeditazione, deviano da una condotta lecita e legale.
Qualcuno, purtroppo neppure pochi, dicono o pensano senza avere il coraggio di dirlo: “Ci sono cose più importanti, non diamo eccessivo peso e troppa pubblicità a ciò!”. È una reazione sana, sensata, intelligente questa?
Per favore, svegliamoci! Non facciamo finta di non accorgercene o di non saperlo: tollerare, scusare l’illegalità e la violenza è l’ingrediente indispensabile che permette loro di proliferare. Non restiamo indifferenti di fronte a quest’episodio.
Reagiamo, con la denuncia verbale e con comportamenti seri e immediati di condanna definitiva, trasmettano subito il messaggio che qui a Mondovì stanno gli antifascisti.
Stefano Casarino, presidente sezione Anpi di Mondovì (Cuneo)
Pubblicato martedì 28 Gennaio 2020
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