Prato conferma il suo forte impegno antifascista con la scopertura, avvenuta domenica 3 dicembre 2017 nella frazione di Figline, di una lapide che riproduce l’epigrafe “Ad ignominia” dettata da Piero Calamandrei. La targa propone integralmente le parole scritte dal costituzionalista per rispondere ad Albert Kesselring, comandante delle truppe tedesche in Italia, colpevole di crimini di guerra, che aveva sfacciatamente dichiarato di meritarsi un monumento per la sua opera di repressione.
La data e il luogo scelti per l’iniziativa sono simbolici. La pietra infatti è stata inaugurata a distanza di 65 anni esatti dall’apposizione dell’originale a Cuneo in memoria dell’eroe partigiano Duccio Galimberti. E si aggiunge ad altre realizzate in numerose città e comuni italiani. In Toscana sono a Sant’Anna di Stazzema, Sant’Agnese di Montepulciano, Borgo San Lorenzo, San Marcello Pistoiese, alle cascate delle Marmore e a Firenze.
Anche a Prato il metodo stragista dei nazifascisti colpì ferocemente, nel giorno della Liberazione: il 6 settembre ’44 le truppe tedesche dovettero abbandonare la città dopo un anno di occupazione. Prima però nella frazione di Figline impiccarono ventinove giovani partigiani catturati la notte precedente. Solo nel 2003 le indagini hanno portato all’identificazione dell’esecutore della strage, il maggiore della Wehrmacht Karl Laqua. L’importanza emblematica dell’inaugurazione della lastra e delle iniziative promosse dall’Anpi di Prato – in collaborazione con il provinciale Museo della Deportazione e della Resistenza (che sorge proprio a Figline), l’associazione 6 Settembre e il circolo 29 Martiri – è stata rimarcata dalla presenza di rappresentanti di tutte le istituzioni locali e delle principali associazioni democratiche, Aned, Arci, oltre all’Anpi. Tantissimi i cittadini e in prima fila alcuni partigiani pratesi, Fabbri, Mari e Santini.
Preceduta da un incontro al Museo della Deportazione, la cerimonia è cominciata con la lettura dei ragazzi di Altroteatro di alcuni articoli della Costituzione e del “Discorso di Calamandrei ai giovani” del 1955. Poi il Sindaco di Prato, Matteo Biffoni, ha richiamato l’impegno preso nel settembre scorso con Angela Riviello, presidente provinciale dell’Anpi, per l’anniversario della Liberazione della città e del sacrificio dei martiri di Figline: negare l’uso di spazi pubblici a chi non si riconosce nei principi antifascisti dettati dalla Costituzione. «Le cronache ci raccontano un momento complicato e delicato – ha detto il primo cittadino – ogni giorno vi sono nuovi episodi di arroganza preoccupante. Ostia, Marzabotto, Como, Milano… Anche a Prato, da sempre accogliente e aperta ora c’è tensione». Non ci sono scorciatoie per reagire, bisogna essere saldi e solidi: «L’antifascismo va manifestato pubblicamente. Siamo dalla parte giusta della storia. Allora come adesso».
Gli interventi dei consiglieri regionali, Nicola Ciolini e Ilaria Bugetti, hanno sostenuto la necessità di un impegno corale in Toscana, in ogni ambito della comunità, dai partiti al mondo del lavoro, alla scuola. A seguire è stata la volta del Vicepresidente dell’Istituto storico della Resistenza in Toscana, Giuseppe Matulli, del rappresentante della Comunità ebraica di Firenze, Sandro Ventura, e per l’Arci toscana di Stefano Carmassi.
La conclusione dell’evento è stata affidata alla Presidente nazionale Anpi. Carla Nespolo, interrotta più volte dagli applausi, ha ricordato l’importanza della trasmissione di memoria, in particolare alle nuove generazioni. Prima donna a guidare l’Associazione dei partigiani, ha ribadito il ruolo fondamentale delle donne nella battaglia antifascista di ieri e di oggi. Dopo aver sottolineato l’impegno e la funzione storica della rete delle forze istituzionali e associative, citato l’accordo tra Anpi e Aned e il legame con i sindacati, ha ricordato, il 9 dicembre, la manifestazione di tutte le forze democratiche per i fatti di Como: «Dobbiamo perseguire un obiettivo unitario contro ogni forma di razzismo e intolleranza. Gli amici dell’associazione pro migranti non hanno avuto paura. Anche lo Stato deve essere forte. Noi siamo i più forti, con i nostri diversi linguaggi e l’impegno delle generazioni, con il nostro comune sentire democratico».
Ancora: «Violenza e dileggio si affermano sempre più spesso nelle scuole e in luoghi che al contrario dovrebbero essere dimore del rispetto dei valori costituzionali e democratici. Dov’è la radice? Nel qualunquismo, nell’indifferenza. E da una crisi della democrazia, perché non siamo ancora riusciti a realizzarla nella sostanza. La Costituzione è forte quando è pienamente praticata».
Pubblicato mercoledì 13 Dicembre 2017
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