Abbiamo già dato notizia del conferimento della Medaglia d’Oro al Valor Militare alla città di Roma e alla città di Varzi. Un’apposita commissione ministeriale ha valutato le domande di riconoscimento pervenute. Tale parere è stato poi inviato al ministro competente ed in ultima istanza al Presidente della Repubblica. Della commissione, oltre a Gianfranco Pagliarulo e Carlo Buscalferri, a nome dell’Anpi nazionale, faceva parte anche il professor Francesco Tessarolo, presidente nazionale della Federazione italiana Volontari della Libertà. A lui abbiamo chiesto questo articolo.
Nei giorni scorsi, il sito della Presidenza della Repubblica ha pubblicato le motivazioni delle due Medaglie d’Oro al Valor Militare recentemente conferite ai comuni di Roma e Varzi (Pavia); la lettura delle rispettive motivazioni ci porta ai drammatici eventi che hanno contrassegnato la storia italiana nel corso degli ultimi venti mesi del secondo conflitto mondiale, ma anche a riflettere sul senso morale e civile dell’onorificenza attribuita (vedi In primo luogo, occorre riandare alla situazione che si era determinata in Italia all’indomani dell’8 settembre, giorno in cui venne comunicato l’armistizio: il sovrano e il governo Badoglio non avevano esitato a lasciare la Capitale ai tedeschi e il Paese nel caos; l’Esercito e l’Aeronautica erano allo sbando, disorientati da un capovolgimento di fronte non preparato e da ordini equivoci, talvolta contraddittori; la Marina fu costretta a raggiungere i porti dello stesso nemico contro cui aveva combattuto fino al giorno prima; la popolazione, in un primo momento ignara e festante, perché convinta dell’agognata fine della guerra, si ritrovò poi smarrita, disorientata, sconvolta. In questo vuoto di disposizioni, certezze, riferimenti, iniziò la Resistenza, nei grandi centri urbani come nei piccoli paesi, che a Roma si espresse subito nella difesa della città con la strenua battaglia di civili e militari a Porta San Paolo e poi nelle temerarie azioni di guerriglia partigiana; subì i tragici rastrellamenti degli ebrei e del Quadraro, il martirio delle Fosse Ardeatine e di Forte Bravetta; sopportò le più atroci torture nelle carceri di via Tasso e le più indiscriminate esecuzioni. La fiera popolazione della piccola Varzi sostenne le distruzioni subite, combatté le epiche battaglie del luglio e del settembre 1944 contro il nemico nazifascista.
Fu una Resistenza che sorse anche spontanea contro la dura occupazione straniera e il progetto nazista del “nuovo ordine europeo”, un progetto basato sull’oppressione e sulla schiavitù, sull’odio razziale e su un conformismo forzato e profondamente illiberale; un progetto esplicitamente condiviso dai fascisti della cosiddetta “repubblica sociale”, che, dopo le prime settimane di smarrimento, si schierarono accanto ai tedeschi. Fu una Resistenza dalle molteplici forme, con la popolazione civile che aiutava i partigiani e nascondeva ricercati, ebrei e prigionieri alleati, con gli internati militari italiani che, a più riprese, rifiutarono il cibo e le condizioni migliori proposte dai tedeschi, con i tanti giovani che, con armamento insufficiente e in situazioni difficili, seppero infliggere gravi colpi alla stessa Wehrmacht.
È indubbio che la Resistenza armata abbia avuto un ruolo importante nella vittoria alleata, tuttavia, a distanza di oltre settant’anni dalle stragi, dai rastrellamenti, dalle rappresaglie che segnarono la guerra di Liberazione, oltre agli aspetti militari, credo sia giunto il momento di dare il giusto rilievo proprio alla dimensione morale e ideale della Resistenza italiana, una dimensione che accomunò tutte le diverse culture politiche delle formazioni partigiane: sia quelle comuniste che quelle socialiste e quelle ispirate al partito d’azione, sia quelle liberali che le formazioni autonome, apartitiche o cattoliche. Pur tra mille difficoltà, tutte le formazioni partigiane avevano ben compreso come prima del dibattito democratico, segnato da inevitabili e necessarie divergenze, occorresse rinsaldare i vincoli, tanto preziosi quanto fragili, del bene comune, quei vincoli che il comandante piemontese Enrico Martini Mauri così riassumeva: “Certo, durante i periodi di relativa quiete sui monti, erano sempre i progetti di un’Italia più bella, quelli che occupavano le menti dei partigiani”; quei vincoli che Nino Bressan, figura di spicco della Resistenza cattolica vicentina, ebbe a ricordare in questi termini: “Nelle soste della lotta si parlava ai contadini e agli operai del diritto alla terra e al lavoro, ai ragazzi del diritto allo studio, alle donne del diritto di voto, a tutti si parlava di sanità, di libertà, di giustizia sociale. Anche per questo avemmo il massimo appoggio da parte di tutta la popolazione”.
Le due Medaglie d’Oro al Valor Militare recentemente conferite ai comuni di Roma e Varzi ci portano quindi a riflettere sull’idea che ci sia un bene comune che deve prevalere, al quale tutti dobbiamo contribuire, responsabilmente e consapevolmente, come singoli e come comunità; un’idea che deve continuare a essere tenuta in grande evidenza anche oggi: in momenti nei quali appare difficile, se non impossibile, andare oltre all’individualismo esasperato e al tornaconto immediato assunti come unici criteri di riferimento, in una fase delicata e complessa della storia dell’Italia repubblicana, segnata dalla crescente frammentazione e da visioni sempre più ristrette e miopi, sorrette solo dalla ricerca esasperata di un facile ed immediato consenso. Riflettere sulle medaglie d’oro conferite alla Capitale e a una piccola cittadina dell’Oltrepò pavese, rievocare oggi le vicende tragiche che hanno permesso la nascita della Repubblica Italiana, significa uscire delle paludi pericolose dell’indifferenza, del fatalismo e della rassegnazione, significa capire lo stretto intreccio che sempre intercorre tra le scelte collettive e quelle individuali, significa ritrovare il coraggio di riaffermare e tutelare sempre quella dimensione etica e ideale, quel futuro comune e condiviso che portò alla nascita della Repubblica e fu la causa cui tanti italiani dedicarono il loro impegno e la loro vita.
Francesco Tessarolo, presidente della Fivl
Pubblicato venerdì 26 Ottobre 2018
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