Lunedì 13 luglio 2020, a cent’anni esatti dal rogo applicato dalle squadracce fasciste triestine capitanate dal toscano Giunta, il presidente della Repubblica Italiana Sergio Mattarella e il presidente della Repubblica di Slovenia Borut Pahor firmeranno l’atto di restituzione del Narodni dom alla comunità slovena di Trieste.
Sebbene la definitiva e completa disponibilità dell’edificio progettato ai primi del secolo scorso dall’architetto Max Fabiani (di scuola viennese e allievo di Otto Wagner) dovrà attendere ancora, dato che al momento è sede della prestigiosa Scuola per Interpreti dell’Università di Trieste, questo è un atto estremamente significativo.
Significativo perché è un ulteriore rilevante passo nel riconoscere non solo il diritto della comunità slovena in Italia a vedersi restituire un bene prestigioso, incendiato prima e requisito poi dal fascismo, ma anche perché è un riconoscimento dei torti, delle discriminazioni e delle persecuzioni che gli sloveni e i croati, annessi al Regno d’Italia dopo la conclusione della prima guerra mondiale, hanno subito dalla dittatura mussoliniana. L’atto di restituzione, previsto nell’art. 19 della legge n. 38 del 2001, trova ora finalmente un fondamentale atto pubblico. Non è quindi un regalo.
Assieme alla restituzione del Narodni dom e all’omaggio alla foiba di Basovizza, i due presidenti infatti renderanno omaggio al cippo che ricorda quelli che, per gli antifascisti sloveni, croati e italiani sono noti come “gli eroi di Basovizza”, e per altri sono ancora “terroristi”.
Dieci e un mese e mezzo dopo il rogo del Narodni dom, alle 5.44 del 6 settembre del 1930, in una radura a poca distanza dalla foiba di Basovizza, dove si trovava allora il poligono di tiro militare e oggi lì vicino c’è l’osservatorio astronomico, il Tribunale Speciale fascista fucilava quattro giovani antifascisti tra i 24 ed i 34 anni: Zvonimir Miloš, Franc Marušič, Ferdo Bidovec e Alojz Valenčič. Due sloveni, un croato ed uno di padre sloveno e di madre italiana. Il Tribunale Speciale Fascista si recò tre volte nella Venezia Giulia: la prima nel 1929 a Pola, dove condannò a morte Vladimir Gortan, la seconda a Trieste appunto nel 1930 e la terza sempre a Trieste (per cui si parla di primo e secondo processo di Trieste) nel 1941 condannando a morte il comunista Pinko Tomažič e 4 suoi compagni. I 4 “eroi di Basovizza”, appartenenti all’organizzazione irredentista TIGR (acronimo di Trieste, Istria, Gorizia e Fiume – Rijeka in croato) sono quindi da noi considerati tra i primi caduti antifascisti.
A 90 anni dal loro assassinio l’omaggio che Mattarella farà al cippo che li ricorda diviene a questo punto importantissimo. Sarà il primo presidente della Repubblica Italiana a rendere loro omaggio, e già questo è di per sé significativo. Valorizzare opportunamente questo passaggio, svincolandolo dal gioco di proposte e controproposte a corredo della restituzione del Narodni dom potrà essere occasione di approfondimento, a livello nazionale, di cosa sia stato il fascismo in queste nostre terre, quando e come si organizzò l’antifascismo prima e la lotta partigiana poi, aspetti tutt’ora poco noti al pubblico italiano, spesso ostaggio di una falsa propaganda. Giova qui ricordare che non solo forze politiche al limite dell’illegalità quali Forza Nuova e CasaPound, ma anche un partito come Fratelli d’Italia considerano Miloš, Marušič, Bidovec e Valenčič con gli stessi termini usati dal regime fascista: terroristi, avvallando le accuse a loro mosse dal Tribunale Speciale e continuando a diffondere false accuse, ricordandoli come attentatori uccisori di innocenti e di bambini (sic!). L’omaggio di Mattarella potrà quindi contribuire a spazzar via questi retaggi dell’ideologia fascista che ancora trova consapevoli accoliti.
Fabio Vallon, presidente comitato provinciale ANPI – VZPI Trieste
Pubblicato martedì 30 Giugno 2020
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