Un Giorno della memoria non solo per ripensare – ammutoliti – a quel che avvenne nei lager nazisti, ma anche per ragionare sull’oggi, sui conati razzisti e antisemiti che da troppo temo ammorbano la convivenza civile nel nostro Paese (e non solo nel nostro).
È il Presidente della Repubblica, nel suo discorso del 27 gennaio al Palazzo del Quirinale, a descrivere esattamente il “passato che non passa”: “Nella Germania di allora elementi di antisemitismo, di natura religiosa o culturale, già presenti, da secoli, su tutto il territorio europeo, si congiungevano fino a confondersi con teorie pseudoscientifiche di stampo razzista e con le perniciose ideologie del nazionalismo pangermanista e dello “spazio vitale”; inteso come territorio assegnato dal destino al popolo dei cosiddetti “ariani” e abusivamente occupato da popolazioni inferiori.
Nella concezione nazista distorta, come ha ben scritto lo storico Georges Bensoussan, “la nazione non è un patto tra cittadini liberi che sanno essere una comunità di destino” ma “un’emanazione della razza, del sangue e del suolo, una ‘lotta per la vita’ che schiaccia le etnie più deboli”.
E se, in questa farneticante, odiosa gerarchia di razze umane, il vertice era occupato dagli ariani, al livello più infimo si voleva collocare gli ebrei. Talmente esecrati, da non meritare nemmeno la mesta sorte di servire – come schiavi – i popoli cosiddetti superiori. L’unico implacabile destino che il III Reich assegnava agli ebrei era quello della distruzione, della totale cancellazione. Un obiettivo per la prima volta concreto, da raggiungere a ogni costo. E senza risparmio di mezzi.
Milioni di donne, uomini, bambini, in massima parte ebrei, ma anche rom, omosessuali, dissidenti, testimoni di Geova, malati di mente, disabili, furono fucilati, fatti morire di fame o sterminati nei camion e nelle camere a gas, bruciati nei forni o nelle fosse comuni, senza nemmeno il diritto al nome e al ricordo. Nel gergo disumano delle SS erano semplicemente “stuck”, pezzi, oggetti inanimati e senza alcun valore”.
Ed è Carla Nespolo, presidente nazionale dell’Anpi, a riportarci a sconcertanti episodi dell’oggi: “Il “Giorno della Memoria” che si celebra oggi in tutta Italia – afferma in una dichiarazione – è un’occasione preziosa, nel nostro Paese ed in Europa, per ricordare a tutti e per far conoscere ai giovani quale orrore e quale violenza si annidino dentro ogni azione o pensiero razzista e fascista.
Quest’anno desidero dedicare il mio più affettuoso ricordo a Lidia Beccaria Rolfi, deportata politica, sopravvissuta al lager, autrice del volume “Le donne di Ravensbruck”. La sua casa è stata bersaglio, pochi giorni fa, di un vile oltraggio di marca nazista. Alla memoria di questa eroica donna, così come a quella di milioni di deportati ebrei, rom, omosessuali, politici e tanti altri che aiutarono i perseguitati, dedichiamo il nostro impegno di ogni giorno per combattere odio, violenza, razzismo e, prima di tutto, ignoranza. E per un’Italia e un’Europa di libertà, giustizia sociale e Pace”.
Ed è ancora Sergio Mattarella a scolpire una frase che rimane monito per tutti: “Tra il carnefice e la vittima non può esserci mai una memoria condivisa”. Parole che sono a fondamento dell’esistenza stessa della Repubblica, storicamente antifascista, e che vanno ricordate a tutti coloro che, oramai da troppo tempo, col pretesto di una impossibile condivisione cercano di riabilitare il periodo più oscuro della storia del Paese dal tempo della sua unità nazionale.
Pubblicato martedì 28 Gennaio 2020
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