Nella notte tra l’uno e il due novembre scorso, qualche delinquente fascista ha imbrattato la lapide posta sul muro esterno del cimitero di Ciano, Comune di Crocetta del Montello, in provincia di Treviso. Questa lapide fu posta in ricordo di sei partigiani torturati e poi uccisi settantasei anni fa dalla famigerata X Mas.
I miserabili autori del gesto non hanno scelto questa data a caso: volevano dare la massima visibilità al loro atto infame compiendolo nei giorni in cui i cimiteri sono visitati da tante persone che vanno a portare un fiore ai loro defunti. Il loro atto vigliacco non è passato sotto silenzio. Oltre alla pronta risposta indignata dell’Anpi e della Cgil, ci sono state anche la condanna da parte dei giornali locali e una risposta decisa da parte della sindaca di Crocetta del Montello, Marianella Tormena, che ha stigmatizzato l’operato di questa teppaglia e ha subito affermato che l’amministrazione comunale provvederà a ripulire e a ridare decoro alla lapide oltraggiata.
Pare però continui a sfuggire alle forze di polizia chi siano i vandali. La provincia di Treviso è stracolma di telecamere pubbliche e private, ma sembra che i congegni non siano in grado di registrare le mascalzonate dei miserabili dall’anima nera, che probabilmente si sentono autorizzati a compiere nefandezze perché confidano nel giustificazionismo di tante forze politiche irresponsabili, decise ad oscurare la memoria del fascismo, della violenza che ha generato, delle leggi razziali, delle infami imprese coloniali e della guerra al fianco dei nazisti.
Chi giustifica questi atti tende a dire che si tratta di ragazzi sbandati, ma se di questo si tratta, allora forse dobbiamo cominciare a chiederci quanto la scuola sia in qualche modo responsabile di tanta pochezza. Ciò è causato dalle scelte dei ministeri che hanno ridotto al lumicino l’insegnamento della storia. Ma dobbiamo soprattutto perseguire le organizzazioni neofasciste operanti sul territorio, che in questi ultimi tempi alzano la testa in Veneto, specie in provincia di Treviso.
Recentemente anche il monumento collocato a Mariech, comune di Valdobbiadene, in ricordo della Brigata garibaldina Mazzini, che faceva parte della Divisione Nino Nannetti, è stato imbrattato per la sesta volta. Le telecamere neppure in questo caso hanno registrato niente: controllano cantine e vigneti del pregiato prosecco, ma non vedono le sgangherate bravate fasciste.
Queste organizzazioni che si richiamano al ventennio vanno messe al bando, e a chiederlo non devono essere solo l’Anpi e poche altre associazioni, ma tutti i partiti democratici, che devono sentirsi impegnati affinché sia rispettato il dettato della Costituzione scolpito nella XII norma finale, che vieta “sotto qualsiasi forma” la riorganizzazione del partito fascista. Le leggi per attuare questa norma ci sono, non ne servono altre. Sono state sufficienti per mettere al bando Avanguardia Nazionale e Ordine Nuovo. Cosa si aspetta, un’altra Piazza Fontana o una riedizione del tentato golpe del principe nero, capo della X Mas, Junio Valerio Borghese, di cui ricorre quest’anno il cinquantenario (7/8 dicembre 1970)?
L’Anpi ha raccolto in questa occasione la solidarietà di molti, ma non basta. Abbiamo scritto al prefetto di Treviso chiedendo che si attivi con la locale stazione dei carabinieri per verificare se sia possibile identificare i responsabili. Non è possibile continuare in una colpevole sottovalutazione di questi episodi.
Mercoledì 4 novembre l’Anpi e la Cgil provinciale si sono recate di fronte alla lapide deturpata al cimitero di Ciano per deporre una corona di fiori e per dire che ci sono a Treviso, come in Italia, forze che si oppongono con vigore al neofascismo, tenendo alti i valori della Resistenza e della Costituzione. È intervenuto anche il segretario provinciale della Cgil, Mauro Visentin. Questo è il segno che il mondo del lavoro sta con decisione con l’antifascismo militante.
Giuliano Varnier, presidente Comitato provinciale Anpi Treviso
Pubblicato venerdì 6 Novembre 2020
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