Benito Mussolini non è più cittadino onorario di Mantova perché era “un dittatore e un liberticida”. Lo ha deliberato il Consiglio comunale, ma ci son volute ben tre ore e mezza di accesa discussione in Aula per annullare il tributo conferito al capo del fascismo il 21 maggio 1924. La richiesta di revoca, presentata dal Pd, ispirata da Sinistra italiana e sostenuta dalla lista che fa riferimento al Sindaco Palazzi, con i 17 sì dell’intera maggioranza ha avuto la meglio sui 10 no di Forza Italia, Lega, civici, M5s. E Casapound.
Già, perché da qualche settimana le tartarughe frecciate hanno un loro esponente nella città dei Gonzaga: Luca De Marchi, eletto nelle liste della Lega, espulso, ha aderito al movimento dei “fascisti del terzo millennio”. L’annuncio è stato dato con una conferenza stampa: i discepoli di Gianluca Iannone si son vantati di poter contare ben 15 rappresentanti, in Italia, nelle istituzioni cittadine. Tra loro, il sindaco di Trenzano (Brescia), denunciato per aver scritto su Fb “il fascismo tornerà, mi sento fascista, Stato di merda”; il vicesindaco di Montelibretti (Roma), i consiglieri comunali eletti a Bolzano, Grosseto, Lucca, Todi, Isernia. («Nel computo non rientrano i numerosissimi consiglieri eletti nelle consigli circoscrizionali», hanno puntualizzato). Prossimo obiettivo: entrare alla Camera dei deputati e nelle Regioni dove si voterà il 4 marzo.
Nell’Aula comunale mantovana, il neoconsigliere di Cpi ha mostrato di essere all’altezza del nuovo ruolo, rivendicando «con orgoglio» il riconoscimento attribuito al duce, votato allora (per acclamazione) anche da due suoi nonni. E poi «Mussolini ha fatto cose buone».
Mantova ebbe un ruolo centrale nel piano della Marcia su Roma. Mussolini l’aveva addirittura scelta per avviare un colpo di stato, rivelerà ai fedelissimi vent’anni dopo, durante la Rsi. Col disegno eversivo definitivo, si passerà all’azione all’alba del 28 ottobre, nel giorno in cui nella Capitale il Consiglio dei ministri decideva lo stato d’assedio. Le quattro corti di comando squadriste occuparono la prefettura, la stazione ferroviaria, gli uffici postali per intercettare le comunicazioni col governo centrale, sbarrarono le caserme dei carabinieri. Nei giorni successivi regoleranno i conti con gli oppositori politici nel consueto modo, picchiando a sangue, devastando e incendiando sedi di partiti antifascisti e di giornali.
Gli altri argomenti adoperati dai contrari alla cancellazione? Gli stessi adottati nelle località dove l’attribuzione honoris causa è stata cassata, o almeno affrontata nei parlamenti cittadini, sempre puntualmente rilanciati a gran voce dalla stampa di destra: “l’ennesima vendetta postuma”, ha scritto il Secolo d’Italia, a corredo dei “non si può cancellare la storia per decreto”, “il fascismo e la cittadinanza onoraria sono morti con Mussolini”, “si dà la caccia ai fantasmi”. In verità, anche nella maggioranza di centrosinistra qualcuno ha sostenuto che abrogare l’onorificenza “sarebbe un gesto fuori tempo massimo perché la storia ha già emesso la sua sentenza di condanna”, sulla falsariga di quanto affermato a Bergamo dal sindaco Gori. Il primo cittadino mantovano, Mattia Palazzi, ha però replicato, spiegando che «Il nostro compito è dibattere quali valori oggi il Consiglio e la nostra città intendano celebrare». Non si tratta di una “damnatio memoriae” o di rimuovere il senso della votazione del 1924. Tant’è che il documento antico resta negli archivi, perde unicamente di validità.
Altre città nel corso di questi mesi hanno revocato la cittadinanza onoraria al numero uno del fascismo, per rispettare una richiesta diffusa della società civile: Napoli, Torino, Bologna, Firenze, Pisa e, tra le piccole Comunità, Salorno, Torre Pellice, Rivoli, Anzola, Fossombrone, Aulla, Maenza, Termoli.
La concessione della cittadinanza onoraria a Mussolini fu un’operazione di massa eseguita sotto l’occhio attento dei prefetti, documentano le carte archivistiche. Le date hanno una grande importanza in questa vicenda, che gli studiosi stanno da poco esplorando. Tra il 1923 e il 1924 centinaia di località grandi e piccole inserirono Mussolini nell’albo d’oro. Un gruppo consistente di Comuni volle celebrare solennemente il primo anno della “rivoluzione” fascista. La maggior parte però si affrettò a omaggiare il duce nei giorni intorno al 23 maggio 1924. L’indomani, infatti, il 24 maggio, non solo ricorreva l’anniversario della Prima guerra mondiale, ma si insediava anche il nuovo parlamento, eletto il 6 aprile con la famigerata legge Acerbo, in un clima di brogli e violenze (denunciato da Giacomo Matteotti, ammazzato poche settimane dopo).
Mussolini non è più “figlio adottivo” di Crema. Il Consiglio comunale lo ha stabilito all’unanimità dei presenti (i 3 rappresentanti, su 9, dell’opposizione, hanno scelto di uscire dall’Aula al momento del voto). ll sindaco Stefania Bonaldi, nell’introduzione che ha preceduto il dibattimento, ha esortato i consiglieri a considerare la delibera del 20 maggio ’24 «come un momento storico, sul quale però siamo chiamati a pronunciarci, a chiarire la nostra posizione proprio davanti alla storia».
Grande soddisfazione per la decisione è arrivata dall’Anpi cittadina, per voce del presidente Paolo Balzari: «È un atto politico di grande valore – ha detto Balzari – specie di questi tempi in cui razzismo, xenofobia, apologia del Ventennio sono presenti in modo preoccupante nella nostra società. Ringraziamo il sindaco, il presidente del Consiglio e i consiglieri che hanno sostenuto la nostra iniziativa». Nel cremonese furono almeno 50 i Comuni che conferirono il tributo a Mussolini. L’elenco è contenuto nella busta n. 12 di un faldone conservato all’Archivio di Stato. Si stima però che contenga solo la metà delle località che negli anni Venti omaggiarono il capo del fascismo. L’Associazione dei partigiani avvierà a tutti la richiesta di revoca. «Proporremmo dappertutto di annullare quel titolo — ha annunciato Gian Carlo Corada, presidente provinciale dell’Anpi locale ed ex sindaco di Cremona —. Non lo si dà a chi ha fatto del male al nostro Paese, introdotto le legge razziali, imposto una dittatura che ha eliminato tutte le libertà individuali e collettive, portato l’Italia in guerra contribuendo allo sterminio di migliaia e migliaia di persone».
A Certaldo, 16mila abitanti, territorio metropolitano fiorentino, il Consiglio comunale nella seduta del 20 febbraio ha revocato la cittadinanza onoraria conferita a Mussolini il 15 maggio 1924. Favorevoli sono stati, oltre alla maggioranza composta da Pd e Leu, anche il M5s e una lista civica di opposizione. I due eletti di Forza Italia hanno invece lasciato l’Aula al momento del voto («Quando la politica si occupa di cose storiche commette un errore», hanno dichiarato. Nei giorni precedenti avevano anche invitato, per un’iniziativa elettorale nella città del Boccaccio, l’eurodeputata di FI, Alessandra Mussolini).
Il documento era stato portato alla luce da alcuni cittadini appassionati di storia locale, suscitando corale sconcerto. Durante l’occupazione, infatti, i certaldesi dettero un grande contributo alla lotta di Liberazione. L’ex sindaco Marcello Masini, scomparso nel novembre 2016, aveva fondato la brigata Spartaco Lavagnini ed era presidente onorario dell’Anpi locale.
«Revochiamo con forza questa cittadinanza storica, ribadendo il nostro antifascismo. Si tratta di un atto simbolico ma concreto allo stesso tempo», ha commentato il sindaco Giacomo Cucini.
Ora sarà la volta di deliberare sulla mozione che introduce l’obbligo di dichiarare contrarietà a fascismo, nazismo, razzismo e omofobia, da sottoscrivere per organizzare eventi su spazi pubblici e sale di proprietà comunale. Un’altra richiesta della società civile alle istituzioni democratiche per arginare il dilagare di aggressioni e incursioni, saluti romani, ronde contro gli immigrati, manifestazioni e raduni nostalgici.
Sono sempre di più i Comuni e i capoluoghi che hanno approvato delibere e integrazioni dello Statuto per tutelare e rendere operativo il rispetto della Costituzione e delle leggi Scelba e Mancino. Ora niente più piazze ai fascisti anche a Reggio Calabria, Cagliari e Modena. Si aggiungono così a Torino, Milano, Lecco, Bergamo, Brescia, Udine, Padova, Pavia, Reggio Emilia, Bologna, Firenze, Prato, Pisa, Lucca, Siena, Nuoro e Sassari.
E nella new entry delle località più piccole arrivano Vaprio d’Adda (Mi), che ha accolto la petizione delle sezioni Anpi Cinisello Balsamo e della zona Adda-Martesana, Valbrembo e Cividate nel bergamasco, Bagnacavallo nel ravennate e Carpi nel modenene.
Il 1°febbraio il Consiglio comunale di Modena, città Medaglia d’oro al valor militare per la lotta di Liberazione, ha accolto l’odg presentato da Art1-Mpd e PerMeModena con 21 sì, in primis quello del sindaco Gian Carlo Muzzarelli, 1 voto contrario e 1 astensione.
A Carpi il provvedimento è stato approvato con ben 21 voti favorevoli: con la maggioranza Pd, sostenuta da Verdi, SI e Carpi 2.0 si è schierato il M5s (i pentastellati per consentire di adottare un’unica mozione hanno deciso di ritirare il loro testo) e perfino Forza Italia che, non solo ha votato, ma anche sottoscritto la proposta («Le manifestazioni fasciste vanno bloccate, non si può lasciar fare»). Una lista civica Carpi Futura si è divisa tra un sì e due no, che si sono sommati al voto contrario di FdI.
Il Comitato provinciale Anpi di Livorno ha preso carta e penna e ha invitato pubblicamente sindaci e presidenti dei consigli comunali del territorio ad un incontro per proporre odg sulla concessione di spazi pubblici ai neofascisti e a chiunque si richiami a ideologie discriminatorie, razziste o xenofobe. La stessa richiesta è stata rivolta a tre Comuni della provincia di Pisa. Hanno raccolto l’esortazione, prendendo precisi impegni, Livorno, Rosignano Marittimo, Castagneto Carducci.
Tra i Comuni toscani che nei mesi scorsi hanno modificato lo Statuto c’è quello di Pontedera, dove giorni fa si è sollevato un putiferio perché sarebbe stata negata a Fratelli d’Italia una manifestazione elettorale. Nulla di vero. Lo ha spiegato in dettaglio, con un post su Facebook, il sindaco Simone Millozzi: “non è il Comune, ma la Questura che autorizza o nega una manifestazione politica – ha scritto il primo cittadino – . Nel caso di specie la manifestazione politica si è svolta regolarmente”. E ha precisato: “Se oltre la manifestazione viene richiesta l’installazione di palchi, gazebo o pedane sul suolo pubblico, è invece il comune tenuto a rilasciarne l’autorizzazione e le domande vanno presentate su un modello dedicato”.
Bene, FdI ha “sbianchettato” la parte della dichiarazione in cui si richiama il rispetto di “norme nazionali in vigore che vietano sia la ricostituzione del partito fascista che la propaganda di istigazione all’odio razziale”. L’autorizzazione, naturalmente, è stata negata.
Intanto l’ultradestra sta provando a demolire le delibere. A Brescia (colpita nel profondo dalla strage nera del 28 maggio 1974 che costò la vita a 8 persone con 102 feriti) le regole sul diniego del permesso di utilizzo di aree pubbliche a organizzazioni e movimenti dichiaratamente neofascisti, nazisti e razzisti sono state approvate nel dicembre scorso, dopo il caso di una sala concessa alla rivista Ordine Futuro, legata a Forza Nuova. E CasaPound è ricorsa al Tar, ritenendo la norma lesiva della “libertà di opinione” e della “espressione del pensiero. La decisione di Palazzo della Loggia è stata però confermata, al momento in fase cautelare, dal Tribunale amministrativo regionale: è “legittima” e “in linea con i principi democratici costituzionali”.
Anche su Siena pende un giudizio della magistratura amministrativa. CasaPound aveva provato ad appellarsi alla Presidenza della Repubblica, ma il collegio di difesa senese (coadiuvato dall’avvocato e vicepresidente dell’Anpi, Emilio Ricci) ha ottenuto il trasferimento al Tar, abbreviando i tempi per ottenere la sentenza.
Frattanto la città del Palio ha adottato i nuovi regolamenti, dando corso alla scelta statutaria. Lo scorso 30 gennaio si è espressa a favore tutta l’assemblea presente in Aula. «Un atto importante di rilevanza nazionale», ha detto il sindaco Bruno Valentini. Tanti cittadini, giovani, rappresentanti del sodalizio partigiano hanno voluto assistere alla votazione, com’era stato a luglio dell’anno passato per il voto sull’atto di indirizzo. Proprio sui provvedimenti antifascisti, Siena ospiterà un convegno nazionale promosso di concerto con l’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia. Si sta già lavorando a una data. L’incontro sarà anche occasione per offrire strumenti tecnico-legislativi ad altre Amministrazioni che vogliono adottare norme simili.
Pubblicato giovedì 22 Febbraio 2018
Stampato il 03/12/2024 da Patria indipendente alla url https://www.patriaindipendente.it/cittadinanza-attiva/zone-defascistizzate/