Nel pomeriggio di sabato 10 novembre, in un albergo del centro cittadino di Reggio Emilia, il Centro Studi Italia e altre associazioni della destra reggiana hanno organizzato la presentazione del libro di Gianfranco Stella “Compagno mitra” con l’ambizioso sottotitolo “saggio storico sulle atrocità partigiane”.
Su proposta del Pci e di Si locale è stato organizzato un sit-in davanti alla sede provinciale dell’Anpi nel quale hanno preso la parola il sindaco Luca Vecchi ed esponenti delle associazioni democratiche.
Nell’intervento fatto a nome dell’Associazione reggiana dei partigiani ho ribadito che la storia di liberazione della nostra provincia e più in generale del nostro Paese non può essere riscritta da Gianfranco Stella che va sostenendo alcune tesi contrarie alla verità storica condivisa: il movimento partigiano fu un mito e null’altro; la Resistenza non fu determinante per le sorti della guerra; il riscatto nazionale dal fascismo da parte dei partigiani combattenti fu una invenzione a posteriori ed in definitiva un vero e proprio falso storico. Stella ignora il valore politico di una Resistenza che vide l’incontro tra le varie culture politiche socialiste, cattoliche e liberali; incontro confluito nel testo della Costituzione repubblicana.
Sul piano militare si è ben consapevoli che decisivo per la vittoria contro il nazifascismo fu l’apporto dei due grandi eserciti, quello alleato e quello sovietico. Ma è altrettanto vero che ci fu un contributo importante della Resistenza armata, a partire dai “sabotaggi” (distruzione di ponti, strade ecc.) che, utili in sé, evitarono anche bombardamenti alleati col corollario di danni collaterali.
Quanto al riscatto nazionale il cattolico Stella (così si autodefinisce), ignora che il cattolico Alcide De Gasperi, presidente del Consiglio, alla conferenza di Parigi, parlò proprio come democratico antifascista, in nome della Resistenza italiana (militare e civile), ottenendo rispettosa considerazione dalle potenze vincitrici della seconda guerra mondiale.
L’autore del libro con la sua nuova opera continua nella sua delirante azione iniziata anni fa con altre simili pubblicazioni. I suoi scritti sono stati definiti da uno storico come un lavoro dilettantesco con l’obiettivo di fare scoop giornalistici in quanto manca, spesso, un lavoro di ricerca e di contestualizzazione dei dati. L’autore non usa un metodo scientifico di indagine, con la raccolta del materiale utilizzabile, con lo studio delle fonti dalle quali lo ha prelevato. Tanto meno utilizza una correttezza di linguaggio e non esclude attacchi personali o polemici così come ha previsto la sentenza della Corte di Cassazione Penale 47506/2016 a proposito della sanzionabilità della condotta diffamatoria. L’autore ha dichiarato di essere consapevole del rischio di essere denunciato e di aver già subito sei processi “superati”, ma le cose non stanno proprio così.
Gianfranco Stella è già stato condannato in via definitiva a pagare un risarcimento danni al partigiano reggiano Nemesio Crotti “Iside”, comandante della 26” brigata Garibaldi reggiana, per diffamazione avendolo accusato, senza prove, di aver organizzato la morte di don Carlo Terenziani.
Gianfranco Stella è anche stato condannato a pagare un risarcimento danni a Carlo figlio di Arrigo Boldrini “Bulow” per averlo diffamato, definendolo un cialtrone e rivolgendo accuse allo stesso Bulow.
Malgrado le condanne subite, a cui non ha dato esecuzione, continua nella sua opera per denigrare la Resistenza. La tecnica è sempre la stessa: lanciare accuse eclatanti ed infamanti, con una palese sufficienza e approssimazione, senza fornire prove.
Da alcuni stralci del suo ultimo libro lancia accuse a una staffetta partigiana utilizzando il condizionale “sarebbe stata rinchiusa in una stanza e lasciata morire dopo una iniezione di veleno” mentre in un altro passo scrive di un comandante partigiano comunista che – sempre utilizzando il condizionale – “avrebbe incassato centinaia di milioni … con una sanguinosa serie di estorsioni a danno di imprenditori reggiani”. In altri passi del libro si accusano partigiani di essere dei boia e responsabili di numerose soppressioni. Continua così a lanciare accuse gravi, non provate e quindi calunniose ed inaccettabili. Per alcuni episodi sostiene di aver reperito documenti da un archivio segreto di un ex comunista di cui non può rivelare la identità.
L’Anpi reggiana ha denunciato con forza queste menzogne precisando però che ciò non significa negare che il quel periodo, in quel contesto, in quella fase storica di pesantissime violenze e atrocità, siano stati commessi errori e ci siano state deviazioni anche gravi. Va però ricordato che in tutte le ricerche fatte dagli storici in questi 70 anni non è mai stato ritrovato un documento che provasse la decisione dei vertici partigiani di giustiziare, di uccidere senza una precisa giustificazione e sentenza e tanto meno di usare violenza.
A Stella, alle forze della destra, non interessa la ricerca della verità, la ricerca dei documenti e delle prove. Loro ricercano lo scoop e il clamore mediatico. In questo modo vogliono portare avanti una azione che va ben oltre il revisionismo storico.Vogliono denigrare i partigiani, sminuire il contributo della Resistenza alla liberazione del Paese dai fascisti e dal nazismo, mettere sullo stesso piano fascisti e partigiani ed in particolare quelli comunisti che volevano la “rivoluzione bolscevica”. Questa azione di revisionismo arriva oggi a qualificare come atti di folclore o ragazzate le manifestazioni neofasciste come quella avvenuta al cimitero di Milano ed anche la recente adunata del 28 ottobre a Predappio. Purtroppo siamo in presenza di un crescendo di fatti che riguardano tutto il Paese ed anche realtà come quella emiliana con tutta la sua storia antifascista.
Si tratta di un crescendo favorito dalla attuale situazione politica. La destra rialza la cresta, ricerca un nuovo accreditamento politico. Siamo in presenza di un revisionismo che usa anche un linguaggio razzista, che estremizza le differenze etniche e culturali e gli stili di vita e tradizioni. Anche nel 1938 si iniziò con questi metodi.
Oggi si parla di respingimenti, di separazioni, di espulsioni di chi non ci è identico per cultura e etnia. Lo fa anche il ministro degli Interni e non solo. Con questi argomenti e con lo slogan “prima gli italiani” vengono giustificati alcuni pericolosi contenuti del Decreto Sicurezza all’esame del Parlamento. Si agitano paure e pericoli, enfatizzandoli ed anche costruendone taluni artificiosamente per scatenare la reazione. È successo così anche da noi nel reggiano; basta vedere quello che è successo a Veggia di Casalgrande nel settembre scorso contro il fantomatico pericolo che si realizzi il progetto di un centro islamico. I manifestanti di destra erano solo alcune decine, ma in passato non avrebbero avuto il coraggio e la forza di organizzare quella iniziativa.
Anche nella nostra città e provincia sono apparse scritte di intolleranza, scritte antipartigiane e razziste ed alcuni compagni hanno anche ricevuto minacce. Si tratta di segnali che testimoniano il cambiamento del clima politico e il tentativo in atto per alzare il livello di quanto viene comunemente accettato e permesso. Si tratta della prova del crescente pericolo della destra.
Dopo che avremo approfondito la lettura del libro ci riserviamo ogni azione per tutelare la verità, la reputazione e l’onore del movimento partigiano e di tanti partigiani ingiustamente accusati.
Ma la risposta al libro e all’azione delle forze di destra deve essere principalmente politica e culturale. Deve essere una risposta delle forze democratiche che si riconoscono nell’antifascismo e nei valori della Costituzione Repubblicana, che operano per attuarla e non per stravolgerla.
Dobbiamo, in questa fase politica, avere una grande attenzione perché vari sono stati i tentativi di stravolgere la Costituzione e i suoi principi. Abbiamo assistito agli attacchi rivolti al Presidente della Repubblica nello svolgimento del suo ruolo di garante, agli attacchi alla magistratura da parte di chi, eletto dal popolo, si ritiene al di sopra delle leggi, di chi non riconosce la indipendenza e l’autonomia dei poteri dello Stato. Abbiamo anche visto che c’è chi pensa che il Parlamento possa essere superato con una forma di democrazia diretta, casomai gestita con una piattaforma elettronica e governata con una serie di referendum fatti tramite internet.
Si tratta di attacchi ai principi cardine del nostro ordinamento democratico, attacchi veri e propri al sistema democratico. La risposta a queste tendenze, a questi fatti deve essere unitaria da parte di tutte le forze democratiche e antifasciste reggiane, delle forze che si riconoscono nella Costituzione Repubblicana, nei suoi valori e principi. Non comprendere l’importanza della risposta unitaria sarebbe un regalo alla destra, imperdonabile.
Ermete Fiaccadori, presidente ANPI di Reggio Emilia
Pubblicato venerdì 16 Novembre 2018
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