25 aprile Festa della Liberazione, festa nazionale, dunque di tutti.
Anche se in un periodo come questo non è facile parlare di “festa”. Ma per noi, il 25 aprile è, prima di tutto, un grande ricordo, della Resistenza, dei caduti per la libertà e di tutti coloro che si sacrificarono, in una forma o nell’altra, per portare l’Italia nella democrazia. Un ricordo doloroso per chi non c’è più, affettuoso per coloro che ancora sopravvivono, solidale comunque nei confronti di tutti coloro che dettero vita, non solo alla Liberazione, ma anche alla rinascita dell’Italia, ed alla preparazione di una Costituzione che uscisse dall’esperienza della Resistenza, nel grande incontro tra persone tanto diverse per ideologie, per conoscenze, per provenienze, per cultura, per formazione, ma tutti concordi – anche nei momenti più difficili – nel puntare tutto sulla riconquista della libertà e la costituzione di un sistema fondato sulla persona umana, sui suoi diritti imprescindibili e sui suoi doveri inderogabili, a partire dalla solidarietà.
Questo è dunque per noi, prima di tutto, il 25 aprile, il giorno della Liberazione, il giorno della memoria, il giorno della conoscenza di ciò che è accaduto nel nostro Paese, dopo la caduta del fascismo che per anni aveva distrutto la libertà e la speranza di ognuno e per molti anche la vita.
Certo, oggi è difficile “festeggiare”, ma è doveroso riflettere, essere solidali con coloro che soffrono e con coloro che cercano di salvare tante vite, con un sacrificio personale di grande rilievo e di grande pericolosità.
Ma se la memoria deve essere, prima di tutto, conoscenza e consapevolezza, il 25 aprile dobbiamo necessariamente guardarci attorno e pensare al futuro, che si profila pessimo, estremamente difficile, fortemente pericoloso. Avremo, quando saranno finiti gli effetti immediati del Coronavirus, degli effetti economici e sociali di una gravità inaudita. E come sempre (l’esperienza degli anni 20 insegna) situazioni del genere sono molto pericolose per la stessa democrazia.
“Festeggiare” il 25 aprile significa, dunque, oggi anche capire il presente e prepararci per l’avvenire. Toccherà ancora una volta ai più consapevoli (e speriamo siano la maggioranza del Paese) prendere in mano il destino proprio e quello della nazione, combattendo le disuguaglianze e la povertà, creando condizioni di lavoro e di vita improntate ad una profonda socialità; occorrerà un impegno fortissimo di chiunque ami la libertà e creda nella Costituzione, fare il possibile per liberarci non solo dai guai sanitari, ma anche dei problemi economici e sociali che inevitabilmente colpiranno il Paese.
Se siamo usciti da un dopoguerra difficilissimo, dopo il 25 aprile 1945, se abbiamo dato vita ad una Costituzione tra le più avanzate del mondo, sappiamo oggi che dovremo fare altrettanto anche questa volta, per consegnare ai nostri figli ed ai nostri nipoti un Paese libero, uguale e solidale, contro ogni forma di odio, di fascismo e di razzismo. E ciò in nome di quel sogno di libertà per cui dettero la vita tante donne e tanti uomini nel periodo fascista e nella Resistenza.
Sarà questa la nostra forza; e con questo spirito potremo intonare ancora una volta la nostra canzone più cara. Bella Ciao, non per festeggiare una data guardando al passato, ma per affrontare con forza, decisione e impegno un futuro di pace, di democrazia, di libertà.
Carlo Smuraglia, Presidente Emerito dell’Anpi
Pubblicato martedì 14 Aprile 2020
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