Il 21 e il 22 maggio scorsi, Arci Servizio Civile Aps ha tenuto il XVII Congresso Nazionale e sono stati definiti gli obiettivi programmatici per il mandato 2021-2025. Una prova rischiosa – perché tutti i delegati erano collegati da remoto – ma superata molto bene, con uno spirito di partecipazione e progettualità molto incoraggiante. Da tempo ci troviamo in un contesto culturale, mediatico e politico in cui i valori alla base della Costituzione sono attaccati esplicitamente e, anche quando affermati, stentano a essere percepiti come veri, genuini, adeguati alle sfide che oggi segnano le nostre vite. E con soddisfazione abbiamo avuto la conferma della consonanza culturale che c’è fra Asc Aps e Anpi, testimoniata dall’intervento di Claudio Maderloni della segreteria nazionale dell’associazione dei partigiani al nostro congresso. Una consonanza da mettere in pratica estendendo le attività pilota di mappatura delle strade delle nostre città dove ci sono le lapidi e i cippi che ricordano la Resistenza, impegnandoci a farli conoscere ai ragazzi e alle ragazze.
Siamo inoltre consapevoli che, durante la pandemia, gli stessi partiti che hanno sparso la paura del migrante hanno strumentalizzato le oggettive difficoltà di tantissime persone e categorie per alimentare i conflitti, tanto da far porre a un autorevole giornalista, qualche giorno fa, la domanda “sarà la legge della giungla, spietata con i deboli, come bussola dell’Italia del dopo covid?”. Quindi ci si chiede con quale cultura della coesione sociale, della partecipazione alla vita delle istituzioni e delle comunità affronteremo il 2022 e gli anni a venire.
La prima pista programmatica per i prossimi anni sarà quella di operare per far diventare il Servizio civile universale un generatore e produttore di civismo, di volontà e capacità di mettere in pratica quei valori fondativi della Repubblica che sono una finalità della riforma del 2016.
Siamo convinti che mettere a disposizione ogni anno un nucleo di almeno 100.000 persone sotto i 28 anni che, attraverso la realizzazione di attività concrete, diffonde nel nostro Paese la capacità di affrontare i conflitti in modo civile, senza armi, nelle mani e nella testa, sia indispensabile per dare nuova linfa ai nostri principi costituzionali. Queste giovani risorse sono accompagnate da almeno 50.000 adulti impegnati per gli stessi fini e che trasmettono i loro saperi professionali e pratici. In cinque anni diventerebbe un magnete in grado di influire sul mainstream dei comportamenti collettivi. Per realizzare questa prospettiva, servono le risorse materiali, così come le scelte e le coerenze: questa è la sfida che lanciamo al governo e al Parlamento.
Chi dice che attribuire al Servizio civile universale l’obiettivo, oggi, di formare i giovani a leggere le cause dei conflitti e operare per affrontarli in modo non-violento è guardare al passato, non ha capito verso cosa sta andando la nostra società; oppure l’ha capito, ma non vuole cambiare il modo di reagire, né sottrarsi all’utilizzo della forza (anche armata) davanti a criticità sociali, culturali, climatiche, sanitarie. Per questo la finalità di concorso alla difesa della patria con modalità civili e non armate non è guardare al passato. Serve che il servizio civile diventi davvero universale.
Da marzo 2020, anche durante i picchi della pandemia, è stato possibile per i giovani vivere in modo adeguato l’anno di servizio e, per le organizzazioni, rimodulare i progetti realizzando, in alcuni casi, anche dei gemellaggi. Il ritorno sociale è stato altissimo: l’esperienza vissuta pienamente in un contesto come quello attuale ha segnato in profondità la vita di larga parte dei giovani che hanno partecipato al Scu. Risultati che hanno reso possibile un finanziamento adeguato per il biennio 2021-22 tale da permettere contingenti annuali di circa 55.000 posizioni.
E per far sì che diventi davvero universale abbiamo individuato quattro condizioni: il Scu necessita di essere condiviso tra istituzioni, organizzazioni e cittadini; contribuire alla ripresa sociale, culturale ed economica del Paese in modo civile e non-violento; essere accessibile, in modo progressivo, a tutti i candidati; includere tutti i profili di giovani, contribuendo a migliorare le loro competenze pratiche e sociali in modo trasversale. Abbiamo anche deciso di proseguire nel percorso di valorizzazione delle competenze che i volontari e gli adulti che li accompagnano acquisiscono durante il percorso, senza, naturalmente, stravolgere le finalità del servizio civile universale. Per questo abbiamo espresso il nostro disaccordo alla collocazione del Scu fra le politiche attive del lavoro nel Piano nazionale di riforma e resilienza. Doveva essere collocato nelle azioni per le infrastrutture sociali, la famiglia, la comunità, il terzo settore.
Licio Palazzini, presidente nazionale Asc Aps
Pubblicato giovedì 27 Maggio 2021
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