La legge che verrà sottoposta al voto, col referendum del 29 marzo (ora rimandato a nuova data, ndr), non corrisponde, in realtà, ad alcuna necessità concreta e rappresenta semplicemente una manifestazione di quella antipolitica che si fa circolare nel Paese creando un grave discredito verso le istituzioni fondamentali della Repubblica. Questa riduzione del numero dei parlamentari – frutto di improvvisazione e opportunismo – non corrisponde ad alcuna esigenza reale, anzi investe negativamente il tema della rappresentanza, incidendo sulla stessa struttura istituzionale delineata nell’art. 1 della Costituzione, ponendo seri problemi per una composizione del Parlamento che sia veramente rappresentativa di tutte le esigenze e di tutte le realtà del Paese, e mettendo, insomma, a repentaglio, la funzionalità e la centralità del Parlamento stesso. Questa diminuzione del numero di parlamentari renderà precario e macchinoso il funzionamento delle Commissioni e degli altri organi delle Camere. Per di più occorrerà riscrivere immediatamente la legge elettorale al fine di garantire in Parlamento la presenza, a rischio con tale riforma, di tante forze politiche, e rivedere i criteri di partecipazione alla elezione del Presidente della Repubblica da parte dei grandi elettori delle Regioni. La stessa riduzione di spesa è ridicola, posta a fronte di tante altre spese che le istituzioni sopportano inutilmente e che da anni vengono segnalate con diversi progetti da esperti, le cui indicazioni non vengono mai raccolte. Insomma, una legge – quella sottoposta a referendum – che non riduce le spese se non in modo “simbolico” ed incide negativamente su un esercizio della sovranità popolare che sia davvero fondato sulla rappresentanza.
Il giudizio, dunque, non può che essere assolutamente negativo sotto ogni profilo. Anche, e soprattutto perché peggiorerebbero i problemi reali delle istituzioni e in particolare del Parlamento, che dovrebbe essere organo centrale di tutta l’attività politica e istituzionale ed invece, di fatto, è esposto da anni ad una sostanziale emarginazione. Ciò che occorre, semmai, è ricondurre il Parlamento a quel ruolo centrale per le istituzioni e la politica che la Costituzione gli assegna, come luogo di confronto e di elaborazione, anziché ricorrere – come accade continuamente – all’abuso dei decreti legge e del voto di fiducia. La politica deve tornare ad essere quella pensata dall’art. 49 della Costituzione, che assegna ai partiti il compito di “concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”. Un concorso che si realizza solo se avviene in Parlamento, attraverso la progettazione e l’elaborazione delle misure occorrenti per rafforzare la democrazia, non solo nelle sue forme esteriori, ma anche e soprattutto nei suoi contenuti. Per tutte queste ragioni, l’ANPI dà il NO come indicazione di voto e ritiene nel contempo che non basti l’espressione di un voto negativo, ma occorra promuovere nel Paese un’ampia riflessione sul ruolo del Parlamento e della politica, in stretta aderenza ai princìpi costituzionali. Realizzerà, dunque, in piena autonomia e senza aderire ad alcun Comitato esterno, iniziative culturali e politiche.
Pubblicato venerdì 6 Marzo 2020
Stampato il 23/11/2024 da Patria indipendente alla url https://www.patriaindipendente.it/cittadinanza-attiva/perche-no-al-referendum/