“Dovevamo mangiare con un cappuccio in testa, che in nessun momento potevamo togliere. Dovevamo stare sdraiati tutto il giorno, non potevamo parlare con nessuno, non potevamo sederci, o per sederci dovevamo chiedere il permesso alla guardia che era lì, per andare al bagno dovevamo chiedere alla guardia di accompagnarci. La sera, ci portavano a fare la doccia per tre minuti e non di più, perché altrimenti la punizione sarebbe arrivata automaticamente”
Testimonianza di un sopravvissuto, Processo Esma II, 2009-2011
Il luogo degli eventi, “La memoria anche se brucia, ieri, oggi, sempre…”
Durante l’ultima dittatura civile-ecclesiastico-militare argentina (1976-1983), la Escuela de Mecánica de la Armada (Esma), situata nella parte nord di Buenos Aires, molto vicina al Rio de la Plata, in uno dei quartieri più centrali e frequentati della città, funzionava come centro clandestino di detenzione Tortura e Sterminio. Lì più di 5.000 persone sono state sequestrate, la maggior parte delle quali risulta ancora “desaparecida” e da quel luogo partirono i numerosi e tristemente noti “voli della morte”, con cui prigionieri vivi venivano gettati in mare.
La struttura ha 28 edifici che ospitavano vari centri di formazione dei sottufficiali della Marina, laboratori, moduli abitativi per gli ufficiali superiori e per gli allievi, e servizi vari. Oltre all’Esma, vi operavano il liceo navale Almirante Brown, il collegio di guerra navale, la scuola di educazione navale, la scuola nautica nazionale e la scuola fluviale.
Dopo il colpo di stato del 24 marzo 1976, il complesso fu utilizzato principalmente dalla Task Force (GT) 3.3.2, e da altre forze repressive: Commandos dell’Aeronautica, la Prefettura navale argentina (guardia costiera), il servizio di Intelligence navale, gruppi di polizia e militari che sequestravano gli oppositori alla dittatura.
Anche se tutta l’Esma era coinvolta in azioni repressive, illegali e clandestine, il centro clandestino di detenzione Tortura e Sterminio era situato nel circolo ufficiali; e dato la scuola navale vera e propria ha continuato a funzionare durante tutta la dittatura, è ragionevole ipotizzare che molti dei cadetti-allievi vedevano e sapevano cosa stava succedendo lì.
Lo scrittore e giornalista Rodolfo Walsh, legato al sindacalismo di sinistra, è una delle 30.000 persone scomparse durante la dittatura. Le sue opere di grande impegno sociale descrivono eventi che hanno avuto luogo durante le dittature precedenti al 1976. Tra gli altri: Chi ha ammazzato Rosendo e Operazione Massacro.
E in una lettera aperta alla Giunta militare, pubblicata un anno dopo il colpo di Stato, già indicava l’Esma come campo di concentramento: “Venticinque corpi mutilati sono apparsi tra marzo e ottobre 1976 sulla costa uruguaiana, forse una piccola parte di quelli che furono torturati a morte nella Scuola di Meccanica della Marina, gettati nel Rio de la Plata dalle navi di quella forza militare”. Walsh venne rapito nel marzo 1977 e assassinato, il suo corpo non è mai stato ritrovato.
L’incredibile e coraggiosa azione delle Madri di Plaza de Mayo, che fin dai primi tempi della dittatura inaugurarono “La ronda del giovedì” per esigere informazioni sui i figli e le figlie scomparsi, fu un contributo alla denuncia di quanto stava accadendo nell’Esma
ESMA, Sito della Memoria
Il processo di recupero dell’Esma come Sito della Memoria si è svolto in fasi successive finché, finalmente, il 24 marzo 2004, nel 28° anniversario del golpe, in virtù dell’accordo firmato dal presidente Néstor Kirchner e dal capo del governo della città autonoma di Buenos Aires, Aníbal Ibarra, i militari hanno dovuto lasciare il sito e restituirlo alla cittadinanza.
Lo sgombero totale è avvenuto il 30 settembre 2007 e il 20 novembre 2007 è stato creato l’organismo giuridico “Spazio della Memoria e della promozione e difesa dei diritti umani”. Oggi, nell’Esma-Sito della Memoria, il passato doloroso viene ricordato e denunciato attraverso le immagini e le storie delle donne e degli uomini sopravvissuti sia continuare a chiedere verità e giustizia sia per agire nel presente e consolidare una forte identità sociale, storica e collettiva, e cementare una solida base per il “mai più”.
Entrare all’Esma oggi significa uscirne profondamente commossi dopo aver visitato gli spazi dove furono reclusi gli ostaggi, i seminterrati dove vennero torturati, quelli dove venivano conservati gli oggetti rubati durante le irruzioni nelle case, le stanze dove le giovani madri partorirono e quelle dove i torturatori pianificarono i voli della morte. E poi gli ambienti dove i repressori sfruttavano le vittime per stampare pubblicazioni propagandistiche o fabbricare documenti falsi per i gruppi d’assalto e le scale che portavano a “trasferimenti” senza ritorno, cioè alla morte certa.
Il sito dell’Esma non solo contiene i segni, le tracce di ciò che è accaduto durante gli otto anni di dittatura ma svolge anche un importante compito pedagogico ed educativo affinché la società argentina, e in particolare le nuove generazioni, non dimentichino. Molti dei principali testimoni delle azioni repressive (tra cui le Madri e le Nonne di Plaza de Mayo) sono molto anziani e alcuni sono già morti.
Per questo motivo, a partire dal 2003, durante i governi progressisti di Néstor e Cristina Kirchner, si decise di fare del motto Memoria, verità e giustizia, e del salvataggio e conservazione dei luoghi della memoria, una politica di Stato. Solo durante il governo di Mauricio Macri (2015-2019), uomo d’affari conservatore in politica e neoliberale in economia, la cui famiglia ha fatto fortuna durante il regime militare, la continuità è stata interrotta, persino con tentativi di graziare i repressori in carcere e di distruggere gli oltre 700 campi di detenzione clandestini che esistevano nel Paese.
L’Esma è anche una testimonianza vivente di una delle pratiche più aberranti della dittatura, che non è stata ancora sufficientemente riconosciuta: la scomparsa forzata di persone. La “nuit et brouillard”, la “notte e la nebbia” in cui sono desaparecide almeno 30.000 persone, avvolgendo esseri umani di tutti i ceti sociali, attivisti politici e non, sindacalisti, parenti di oppositori per il solo motivo di esserlo, uomini e donne di tutte le età, bambini che le Nonne di Plaza de Mayo stanno ancora cercando.
Ma il tempo passa: sono passati 45 anni dal colpo di Stato e 38 anni dal ritorno ai governi costituzionali. Dall’inizio della nuova vita democratica in Argentina, c’è stato chi ha cercato di legittimare quanto accaduto e di imporre l’oblio.
Oggi, come purtroppo accade in altri Paesi, forze oscure del passato cercano di riscrivere la storia, di cancellare, attraverso la negazione, i crimini commessi.
Per questo motivo, da dicembre 2019, è ripresa l’iniziativa di proporre la candidatura dell’Esma all’Unesco per farla entrare tra i luoghi patrimonio dell’umanità. La proposta ha già ricevuto numerosi sostenitori, tra cui in Europa il Comitato per i diritti umani del Parlamento europeo, la sezione delle Relazioni internazionali del comitato economico e sociale europeo, la Confederazione europea dei sindacati e numerose organizzazioni affiliate (Ces).
La candidatura del Museo e sito della memoria dell’ex Esma a far parte del patrimonio mondiale dell’Unesco vuol rappresentare al contempo tutti i siti della Memoria in Argentina, dando risalto internazionale ai crimini contro l’umanità commessi dalla dittatura civile-ecclesiastico-militare che governò l’Argentina tra il 1976 e il 1983, e all’esemplare processo di giustizia ottenuto grazie alla lotta delle Madri e delle Nonne di Plaza de Mayo e delle Organizzazioni in difesa dei diritti umani. Fino più di 1.000 repressori sono stati condannati e imprigionati; e centinaia di processi per crimini contro l’umanità sono ancora in corso.
Marta Scarpato, italo-argentina, vive in esilio dal 1976, riuscì a fuggire dal Paese sudamericano, rifugiandosi prima in Messico, poi in Spagna e infine in Belgio, è rappresentante della Confederation Argentina de los Trabajadores a Bruxelles
Pubblicato domenica 26 Dicembre 2021
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