La figura di Placido Rizzotto ha unito ed avvinto più generazioni, la sera del 20 luglio 2022. In tantissimi hanno voluto esserci nella piazza intitolata a Peppino Impastato, ad Acireale, ridente e infuocata cittadina alle pendici dell’Etna. La piazza collocata tra gli uffici comunali, un ex Convento del Settecento, e una balconata alberata che affaccia sullo splendido mare della costa ionica era colorata dalle maglie multicolori dei giovani di Libera e dell’Anpi, desiderosi di conoscere e partecipare.
Era da tempo, ha detto Maurizio Musumeci, presidente della locale sezione Anpi dedicata a Placido Rizzotto, che gli eredi locali della Resistenza desideravano dedicare una iniziativa “al partigiano divenuto difensore dei diritti dei più deboli”. Sono diritti che noi, come Associazione cerchiamo di portare avanti in difesa della democrazia, della Costituzione e dell’antifascismo.
Purtroppo, ha aggiunto Maurizio, non sempre è facile in una città in cui le Amministrazioni che si sono succedute, compresa l’attuale, non hanno sentito il dovere di rispondere alle forti istanze di “antifascismo”, e hanno negato, o glissato, la richiesta di dedicare un monumento ai deportati acesi, militari morti nei campi di concentramento per avere rifiutato di aderire alla repubblica di Salò. Da queste parti, invece, accanto al monumento ai partigiani caduti sono state dedicate un’aiuola e una targa a Norma Cossetto e ai morti nelle Foibe: per “par condicio”. Ed è un’amministrazione desiderosa di restaurare le sbiadite scritte fasciste ancora visibili sui vecchi muri delle case, omettendo qualsiasi storicizzazione, e che si è rifiutata di dichiarare il Comune di Acireale “defascistizzato”, come aveva chiesto l’Anpi.
C’è tanto bisogno dell’ardore e della chiara comprensione di cosa sia il bene e il male, ha affermato Rosaria Leonardi della segreteria Cgil di Catania, quella chiarezza che aveva il giovane Placido Rizzotto, che lo ha portato a lottare contro i nazifascisti e contro i mafiosi, come i tanti sindacalisti uccisi dalla mafia in Sicilia. La difesa dei diritti dei più deboli, deve continuare ad essere una priorità oggi più che mai, altrimenti si alimenta ancora di più il dilagare di logiche mafiose e fascistoidi.
Così nel saluto il sindaco di Acireale si è tenuto ben lontano dai temi di giustizia sociale e di lotta alla mafia che sarebbero dovuti scaturire logicamente ricordando la figura di Placido Rizzotto e ha preferito affermare che la scarsità delle risorse e del personale comunale impedisce di dare risposte adeguate: “la crisi del Paese è anche la crisi del Comune”. Poi è andato via velocemente, generando imbarazzo perfino tra alcuni dipendenti comunali che si sono “scusati” con gli ospiti per la fuga improvvisa e inaspettata del primo cittadino.
Nelle parole di Simona Grasso, del presidio di Libera “Pier Antonio Sandri”, è emersa la passione e la dedizione nella lotta antimafia di gran parte dei giovani e della società civile. Una storia bella che parte da lontano e opera in sinergia con tante associazioni desiderose di riscattare una terra teatro di stragi di mafia. Simona ha ricordato l’importanza della legge sui beni confiscati e sul loro riutilizzo sociale, consentendo di recuperare terreni, beni e aziende sottratti ai clan per realizzarne luoghi di lavoro e impegno. La prima cooperativa sociale realizzata in Sicilia su un bene confiscato si chiama “Placido Rizzotto-Libera Terra”, è nata nel 2001 a Corleone, in provincia di Palermo, nelle terre sottratte ai boss, e oggi nel territorio dove la malavita organizzata aveva “eliminato” Placido vi sono attività sociali e culturali all’insegna della legalità e dell’impegno antimafia.
Intensa ed emozionante la “narrazione” di Placido Rizzotto, e del clima che nel secondo dopoguerra portò al suo omicidio. Divenuto segretario della Camera del lavoro di Corleone, Placido inizia una lotta per la distribuzione delle terre, sfruttando l’esperienza maturata sui monti della Carnia, dove dopo l’8 settembre si era unito alla Resistenza nella banda “Napoli”. Ritornato a Corleone era stato presidente dei “reduci e combattenti” dell’Anpi di Palermo, esponente di spicco del partito socialista, o segretario della Camera del Lavoro di Corleone.
In una complessa realtà locale organizza la lotta dei braccianti contro agrari e latifondisti che osteggiano la legge Gullo sulla distribuzione delle terre incolte e mal coltivate. Padroni che da tempo vanno a braccetto con i mafiosi dei quali si servono per “fare abbassare la testa” a chi li ostacola. Placido guida e organizza il movimento, rivendicando in modo sempre più forte la distribuzione delle terre. Nel frattempo, nel 1947, le elezioni regionali in Sicilia favoriscono i partiti della sinistra uniti nel Blocco del popolo (PdA, Pci, Psi), che insieme ad altre formazioni “sorelle” sono premiati con il 44% dei consensi. La mafia corleonese, guidata all’epoca dal medico Michele Navarra, dopo avere tentato varie volte di “lisciare il pelo” al giovane sindacalista, il 10 marzo 1948, a una manciata di settimane dalle votazioni politiche, lo rapisce e lo uccide ma commette l’errore di “far sparire il corpo” e di assassinare l’unico testimone, il giovanissimo pastorello Giuseppe Letizia.
Come ha ricordato il nipote di Placido Rizzotto che porta lo stesso nome dell’avo, i familiari non si sono mai rassegnati e arresi all’idea di non poter avere giustizia e non poter piangere un “corpo”. Riuscendo con compagni di partito e del sindacato (tra tutti ricordiamo Pio la Torre) e la stampa a mantenere accesi i riflettori sulla vicenda. Finalmente, nonostante i depistaggi, era l’estate 1949, il giovane capitano dei carabinieri Carlo Alberto Dalla Chiesa individua e arresta due componenti del commando mafioso, Vincenzo Collura e Pasquale Criscione, che chiamano in causa Luciano Liggio come esecutore materiale dell’assassinio. Dalla Chiesa riesce anche a individuare la “sciacca” dove era stato buttato il corpo di Placido Rizzotto, ed era riuscito a conclamare la pista mafiosa dell’omicidio.
Ma la giustizia dei tribunali non c’è mai stata e i colpevoli nei vari gradi del processo hanno ritrattato tutto, fino al 1959, quando in Cassazione la vicenda si chiude definitivamente con un nulla di fatto. Però quella giustizia negata Placido Rizzotto l’ha ottenuta dalla storia. La richiesta pressante di rintracciare il corpo si conclude nel 2012, quando alcuni resti umani ritrovati e prelevati nel 2009 dalla sciacca di Rocca Busandra vengono sottoposti all’analisi del Dna: sono i resti di Placido. Il Consiglio dei ministri, su richiesta dei familiari, dispone le celebrazioni dei funerali di Stato alla presenza del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Il 24 maggio 2012, dieci anni fa, i funerali di Placido Rizzotto sono stati uno dei momenti più alti e significativi della nostra coscienza civile e l’enorme partecipazione ha reso onore alla sua memoria.
La storia ha restituito quella giustizia negata, ha affermato nelle conclusioni Vincenzo Calò della segreteria nazionale Anpi e responsabile per l’area Sud, e ha fatto di Placido Rizzotto un modello dal quale partire anche nella società attuale, in cui emerge sempre più la necessità della difesa dei diritti e dei principi fondamentali sanciti dalla Costituzione. Placido Rizzotto sintetizza l’esperienza partigiana fatta sui monti, ha aggiunto Calò, dove ha acquisito una formazione politica e ideale che poi ha calato concretamente nella realtà siciliana, difendendo i valori per i quali si era battuto prima contro i nazifascisti e poi contro quei padroni le cui radici affondano “nel fascismo agrario che andava di pari passo con la mafia”.
La difesa dei diritti e della Costituzione, la lotta antifascista che si sposa con la lotta antimafia, la difesa della pace sono i valori che l’Anpi porta avanti fin dalla sua nascita, e dei quali, mai come oggi si sente fortemente il bisogno. Gli scenari attuali sono complessi, segnati da una guerra mossa dalla Russia dentro l’Europa come non si vedeva da tempo, che porta distruzione e morte in Ucraina e inoltre alimenta una crisi economica e sociale di carattere mondiale, già acuita dalla pandemia. Oggi più che mai occorre stare particolarmente attenti e vigilare affinché le istanze populiste e di ispirazione neofascista non prevalgano, tentando di minare l’assetto democratico del Paese, come è accaduto nell’ottobre scorso con l’assalto di gruppi neofascisti alla sede nazionale Cgil.
I valori sui quali fonda la Comunità europea, ispirati al Manifesto di Ventotene, devono spingere la UE a realizzare un contesto di pace basato su iniziative concrete e tangibili. Sicuramente il clima che si respira in Italia con il precipitare della crisi di governo desta una forte preoccupazione rispetto alle emergenze vissute dal Paese e in una situazione di crisi sociale, ha concluso Calò, diventa sempre più necessario difendere i diritti sanciti dalla Costituzione, frutto del sacrificio di tante donne e uomini che hanno dato la vita per realizzarli, mantenerli e difenderli, come ha fatto Placido Rizzotto nel corso della sua vita, partigiano sempre.
La lettura di alcuni brani tratti dal Rapporto di Carlo Alberto Dalla Chiesa sul sequestro e l’assassinio di Placido Rizzotto, dalla giovane voce di Dario Panebianco hanno emozionato la platea, che con le note di “Bella ciao”, accompagnata dalla magica chitarra del giovanissimo Francesco Messina, con il canto più bello ha voluto esprimere gratitudine e speranza.
Pina Palella, presidente comitato provinciale Anpi Catania
Pubblicato venerdì 29 Luglio 2022
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