Lo hanno scoperto una manciata di giorni fa cercando accuratamente negli archivi comunali. Il sospetto è nato quando a Bergamo si è avviato il dibattito sulla revoca della cittadinanza onoraria a Mussolini ed è stato comprovato: anche a Crema al duce avevano conferito il medesimo riconoscimento. Era il 20 maggio 1924 e quel titolo non venne mai abrogato, come invece nel dopoguerra in altre località grandi e piccole. In realtà, potrebbero essere molti altri i Municipi ignari di contare tra i loro benemeriti il numero uno del regime. Tanto che un’interrogazione parlamentare ha chiesto al ministro degli Interni di avviare un censimento nazionale.
«Non eravamo al corrente. Ora però che lo sappiamo, non possiamo fare finta di nulla» ha dichiarato la Sindaca Stefania Bonaldi, confermata nel secondo mandato lo scorso giugno 2017.
L’annullamento dell’onorificenza è stato proposto coralmente dai consiglieri di maggioranza e da un comitato del quale fanno parte l’Anpi locale, Cub e Usb, Sinistra italiana e Rifondazione comunista (si deve alla ricerca dell’ex consigliere comunale, Marco Lottaroli, il ritrovamento del documento con l’atto di concessione).
«Su Mussolini e il fascismo la Storia – continua Bonaldi – ha già espresso il suo inappellabile giudizio, non è a questo compito che possiamo sentirci chiamati. Noi, prima ancora da cittadini di una democrazia consapevole che in qualità di amministratori, siamo chiamati a esercitare nella maniera corretta la memoria, un compito che richiede un impegno costante perché in caso contrario la Storia si impasta in un grumo indistinto di avvenimenti, tutti dello stesso tenore e falsamente equivalenti, la via più diretta per arrivare alla neutralità che “favorisce sempre l’oppressore, non la vittima”, come insegnava il filosofo, scrittore e attivista dei diritti umani sopravvissuto alla Shoah, Elie Wiesel».
La richiesta di revoca sulla quale dovrà pronunciarsi formalmente il Consiglio comunale è stata presentata, spiegano dal comitato, “anche per dare un segnale ai nuovi fascismi di CasaPound e Forza Nuova”. Una necessità avvalorata il primo dicembre, quando, in occasione dell’anniversario del bombardamento durante la seconda guerra mondiale, uno striscione è apparso sul cancello di una scuola superiore (Racchetti-Da Vinci). “Bombe democratiche su Crema”, recitava la scritta, firmata dal simbolo del Fronte veneto skinhead, la formazione di estrema destra protagonista dell’irruzione di Como.
A Crema non si sapeva che Mussolini fosse ancora nell’albo d’oro cittadino ma si ricorda bene come allora venne omaggiato.
Nella provincia di Cremona, alle amministrative del 1920 i socialisti avevano vinto in 76 Comuni, i cattolici popolari in 53. Siamo nel pieno degli anni in cui le squadracce fasciste minacciano, uccidono, assaltano sedi di partito, Camere del lavoro, palazzi istituzionali. Molti degli eletti saranno costretti a dimettersi o verranno destituiti. I giornali locali dell’opposizione saranno costretti a chiudere: La Provincia viene sostituita dal Regime Fascista.
L’11 dicembre 1921 è assassinato a colpi di manganello il vicepresidente della Provincia, il socialista Attilio Boldori. Nelle comunali successive, con Mussolini al governo, i fascisti stravincono.
Sull’intero territorio nazionale viene avviata una campagna per assegnare in ogni Municipio la cittadinanza onoraria al duce. I prefetti monitorano e sollecitano. Le delibere dei Consigli saranno sempre approvate all’unanimità o per “entusiastica acclamazione”, sottolineano i verbali. Anche quello di Crema. E il copione si ripete quasi identico in gran parte del Paese, da Nord a Sud.
Intanto, mentre a Bergamo si discute, e aspramente – «trovo singolare che si mantenga una cittadinanza onoraria a un assassino», ha replicato, al sindaco e collega di partito Giorgio Gori, contrario all’invalidazione, il promotore del disegno di legge che vieta la vendita di gadget fascisti, il dem Emanuele Fiano, durante un convegno promosso dall’Anpi – Ravenna ha deciso: via la cittadinanza onoraria elargita al dittatore. Una notizia niente affatto scontata.
La città romagnola era stata tra le prime a ossequiare il conterraneo Mussolini: la delibera risale al 26 ottobre 1923, decisa non dal consiglio comunale eletto (ancora non sciolto) ma solo dalla giunta guidata dal sindaco Celso Calvetti. Questo un passo della motivazione: “Nello storico primo anniversario della marcia su Roma che segnò insuperabile confine ad un periodo di nefasto dissolvimento della vita politica economica e morale dell’Italia ed iniziò nuova era di romana grandezza che già si afferma infallibile e sicura pur tra gli ostacoli quotidiani di oscuri nemici interni e le pericolose invidie altrui non dimentica che del grande avvenimento primo artefice fu Benito Mussolini”.
Ravenna riscatterà durante l’occupazione la sua dignità democratica, tanto da ottenere nel dopoguerra la Medaglia d’oro al valor militare per la lotta di Liberazione. È anche la città natale di Arrigo Boldrini, il leggendario Comandante Bulow della 28ª Brigata Garibaldi (decorato col massimo riconoscimento) e tra i fondatori dell’Anpi. Eppure l’onorificenza attribuita al duce resterà in vigore e quando nel 2014 la proposta di revoca viene sottoposta al Consiglio comunale (a prevalenza Pd) è respinta per mantenerla “come monito”.
La diatriba anche all’interno dei dem però non si è mai spenta e lo scorso 4 dicembre, nel giorno in cui la città ha festeggiato il suo 73° anniversario della Liberazione, è arrivato l’annuncio del sindaco Michele De Pascale, subito recepito dalla maggioranza: “Oggi più che mai, con il clima di razzismo, antisemitismo, nostalgia del fascismo che sta dilagando nelle nostre comunità, come chiaramente recenti fatti di cronaca confermano, è necessario mandare messaggi chiari e inequivocabili. Per questo motivo, nel totale rispetto del dibattito in corso, auspico che il Consiglio comunale decida per la revoca della cittadinanza a Benito Mussolini”.
Pubblicato mercoledì 13 Dicembre 2017
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