
La Camera dei Deputati ha recentemente approvato, in prima lettura, il ddl di revisione costituzionale “Nordio” sulla separazione delle carriere fra magistratura requirente e giudicante, che si propone di modificare l’articolo 104 della Costituzione, introducendo due diversi Csm (uno per i pubblici ministeri e uno per i giudici), sostituendo il sistema elettivo dei componenti togati del Csm con il metodo del sorteggio e istituendo una “Alta Corte” per decidere dei procedimenti disciplinari promossi dal ministro della Giustizia nei confronti dei magistrati.

La riforma degli assetti costituzionali non è mai una riforma neutra. Scopo della revisione costituzionale proposta è quello di riequilibrare i poteri dello Stato, nella direzione di una effettiva limitazione dell’autonomia della magistratura che costituisce, secondo l’articolo 104 della Carta costituzionale, “un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere”. In particolare, con l’introduzione ordinamentale della separazione delle carriere, si vuole attaccare il principio costituzionale della divisione e della separazione dei poteri, rendendo il Pm asservito al potere esecutivo. Sappiamo bene che il ministro Nordio (e con lui buona parte dei proponenti della sbagliata e pasticciata riforma) nega tale eventualità: ma i ministri vanno e vengono e un nuovo ministro potrebbe portare alla conclusione, scontata, che porta alla trasformazione del ruolo del Pm in quello di avvocato della polizia: un superpoliziotto con immensi poteri e visibilità mediatica maggiore di quella odierna, completamente separato e senza nessun tipo di relazione con la giurisdizione. L’obiettivo processuale del Pm sarà, unicamente, la ricerca della condanna dell’imputato ovvero l’accertamento della sua colpevolezza e non l’accertamento della verità anche nell’eventuale interesse dell’indagato, imputato (art.358 c.p.p)

Ritengo che l’imparzialità e terzietà del giudice, prevista dall’articolo 111 della Costituzione che ha introdotto il processo accusatorio senza però far menzione della separazione delle carriere, sia meglio garantita da un giudice che abbia svolto, in precedenza, anche funzioni requirenti (arricchite dall’esperienza dello svolgimento delle indagini preliminari), con un Pm imparziale e dotato del senso di equilibrio dell’esperienza giudicante. Negli ultimi anni, peraltro (dalla riforma Mastella del 2006 sino alla riforma Cartabia riguardante l’ordinamento giudiziario), occorre osservare che la possibilità di passare da una funzione all’altra (da Pm a giudice e viceversa) si è ridotta in modo notevole: una sola possibilità di esercitare la scelta nei primi anni di carriera. E ancora: veramente pensiamo che un corpo che dirige e dispone della polizia giudiziaria, senza relazione con la giurisdizione, sia uno strumento di garanzia per i cittadini?

A ciò si aggiunga che nel tempo, il numero di richieste dei Pm respinte dai Giudici si è notevolmente accresciuto, onde oggi si può calcolare che circa un 40 per cento delle richieste dei Pm venga accolto dai giudici, così rendendo sempre meno sostenibile la tesi della vicinanza dovuta alla comune carriera. Sono considerevolmente aumentate, infatti, anche il numero delle sentenze assolutorie con le diverse formule previste dal codice di procedura penale (il fatto non sussiste, non aver commesso il fatto, il fatto non costituisce reato).

Nel merito della riforma, rilevo che il metodo prescelto del sorteggio per la nomina dei componenti togati del Csm minerà l’autorevolezza stessa del Csm: una scelta che umilia la magistratura nel suo insieme, considerata incapace di svolgere un’opera di selezione al suo interno tramite l’elezione dei propri rappresentanti. Il caso Palamara che ha messo in evidenza i rapporti oscuri fra pezzi della politica e limitati settori della magistratura al fine di concordare nomine e incarichi direttivi, viene usato come pretesto per eliminare il pluralismo culturale naturale in qualsiasi categoria e per giustificare il ricorso al “sorteggio casuale” dei componenti del Csm a prescindere dall’esperienza professionale maturata, dalle conoscenze del singolo magistrato e in rappresentanza di 7.500 giudici e 2.000 pubblici ministeri. Ricordo che la natura elettiva dei componenti togati del Csm, prevista proprio dall’art. 104 della Costituzione, venne inserita nella Carta costituzionale a seguito del dibattito sviluppatosi in seno all’Assemblea Costituente proprio per garantire il principio democratico di rappresentanza e l’autonomia della magistratura, dopo venti anni di dittatura fascista, che su di essa aveva esercitato il controllo politico. Inoltre, l’impossibilità per il magistrato/a di impugnare il provvedimento disciplinare eventualmente irrogatogli dall’Alta Corte avanti la Corte di Cassazione, costituisce una palese violazione del diritto di difesa (art.24 Cost) e dello stesso art.111 della Costituzione nella parte in cui è sempre ammesso il ricorso per violazione di legge avanti il Giudice di legittimità.

Preoccupano, in conclusione, l’apertura di procedimenti disciplinari nei confronti dei magistrati (come avvenuto in passato per una decisione assunta dalla Corte d’Appello di Milano) ritenuti responsabili di aver esercitato, legittimamente, il proprio diritto all’interpretazione delle leggi vigenti sulla base dei principi costituzionali e comunitari. Da ultimo in questo senso, le dichiarazioni delegittimanti nei confronti della Magistratura e rese a esempio da esponenti del Governo nei confronti di un’ordinanza emessa dalle Sezioni unite della Corte di Cassazione civile, peraltro, in tema di risarcimento del danno avanzato da un richiedente asilo allo Stato italiano per il caso della privazione della libertà di sbarco presso il porto di Catania, nel caso della nave Diciotti. E altri casi ancora… Una palese violazione del principio costituzionale della separazione dei poteri.

L’azione penale oggi obbligatoria per garantire il principio di eguaglianza dei cittadini davanti alla legge (art.112 Cost), dopo l’intervenuta riforma Cartabia, verrà esercitata dopo l’indicazione dei criteri di priorità nella scelta dei reati perseguibili che dovrebbero essere individuati , con legge ordinaria, dal Parlamento.

Infine, l’efficienza del sistema giustizia (celerità dei processi penali, civili, amministrativi, tributari) non dipenderà, sicuramente, dalla riforma ordinamentale della separazione delle carriere: ci vorranno risorse pubbliche per l’assunzione di personale amministrativo nelle cancellerie, negli uffici giudiziari, per il miglioramento del processo telematico, per aumentare il numero dei magistrati e dare una risposta al problema della carenza degli organici. È molto probabile che questo provvedimento di revisione costituzionale venga approvato dal Parlamento nelle forme previste dalla legge e che si tenga poi il referendum costituzionale oppositivo/confermativo previsto dall’articolo 138 della Costituzione, referendum senza quorum. Questioni giuridiche complesse, certamente, ma che dovranno essere semplificate sotto il profilo comunicativo. Le modifiche costituzionali riguardano, sempre, i diritti soggettivi di tutti i cittadini e di tutte le cittadine, i principi costituzionali e, quindi, la vita delle persone. Vale la pena, dunque, impegnarsi e non restare indifferenti.
Marco Sereno Dal Toso, avvocato del Foro di Milano
Pubblicato martedì 18 Marzo 2025
Stampato il 25/03/2025 da Patria indipendente alla url https://www.patriaindipendente.it/cittadinanza-attiva/magistrati-quella-separazione-che-indebolisce-la-giustizia/