Arrivano da Milano, la città simbolo della lotta di Liberazione, e da Bergamo, Lecco, Udine, Pisa e tanti Municipi più piccoli del centro-nord del Paese le belle notizie sulla capacità delle amministrazioni locali di reagire ai risorgenti fascismi. In forma di mozione oppure di ordine del giorno, in sempre più numerosi Comuni sono stati approvati provvedimenti per non concedere spazi pubblici né patrocini a chi non sottoscriva una dichiarazione di rispetto della XII norma finale della Costituzione e delle leggi Scelba e Mancino. Le disposizioni richiedono anche di respingere omofobia, sessismo, xenofobia, eppure secondo la destra la richiesta di garanzie democratiche sarebbe pleonastica, pletorica, una forma di autoritarismo o uno strumento del tutto inutile.
Nel capoluogo meneghino, l’11 gennaio, “la Carta dei valori” è stata approvata a maggioranza dal Consiglio con un ordine del giorno: si “invita il sindaco e la giunta a non concedere spazi, patrocini, contribuiti di qualunque natura a coloro i quali non garantiscono di rispettare i valori della Costituzione, professando o praticando comportamenti fascisti”. Proposta come mozione, la decisione aveva causato, il 17 dicembre, una bagarre in Aula e il blocco dei lavori. Nella nuova forma non emendabile ha ottenuto 31 pronunciamenti favorevoli (Pd, liste civiche e Movimento 5stelle), e 2 contrari (Forza Italia) su un totale di 33 votanti La Lega e altri gruppi di opposizione sono usciti dall’aula di Palazzo Marino. Il documento invita inoltre l’Esecutivo a promuovere un analogo indirizzo presso le aziende controllate e partecipate, e a trasmettere il testo anche alla Città metropolitana e alla Regione.
Un ringraziamento ai firmatari dell’odg e ai consiglieri sostenitori è stato espresso dalle persone, i più, che a Milano sono preoccupati per le ripetute e violente azioni dell’estrema destra. L’Anpi di Milano ha loro dato voce: «Siamo molto soddisfatti – ha commentato il presidente provinciale dell’Associazione dei partigiani, Roberto Cenati –. È stato compiuto anche dal Consiglio Comunale di Milano, capitale della Resistenza, un importante passo avanti per contrastare la sempre più preoccupante deriva xenofoba, razzista e neofascista. L’ordine del giorno approvato costituisce anche una ferma risposta agli odiosi e vergognosi slogan antisemiti scanditi nel corso della manifestazione svoltasi in piazza Cavour il 9 dicembre scorso che ha offeso i sentimenti democratici di tutti i milanesi».
In verità quello del dicembre scorso è solo l’ultimo di episodi che offendono la democrazia e le istituzioni della Repubblica: il 29 aprile 2017, nonostante appelli e divieti, in oltre mille avevano sfilato al Campo X del Cimitero Maggiore – esibendo braccio teso e saluto romano – per omaggiare i caduti repubblichini. Poi i manifestanti, tra cui tanti esponenti di CasaPound e di LealtàAzione, si erano spostati sotto casa di Sergio Ramelli, il giovane militante missino ucciso nel 1975. Due mesi dopo le tartarughe frecciate hanno addirittura compiuto un blitz in Consiglio, interrompendo i lavori e gridando “dimissioni” all’indirizzo del sindaco Giuseppe Sala.
In Lombardia niente spazi pubblici all’ultradestra anche a Bergamo. Il 15 gennaio, il Consiglio ha adottato un odg con cui si impegna la Giunta guidata da Giorgio Gori a modificare i regolamenti comunali.
«È quanto auspicava l’Anpi – ha commentato il presidente del Comitato locale dell’associazione, Mauro Magistrati –. Si mette la Città nella condizione di operare concretamente, senza tentennamenti, in un’azione di contrasto, anche culturale, ai gruppi neofascisti. Siamo contenti nel costatare che anche il nostro capoluogo di provincia si muova in questa direzione richiamandosi alla memoria della Resistenza e ai principi antifascisti della Costituzione”. All’Amministrazione ora si chiede un ulteriore importante passo: “Numerose città italiane hanno revocato la cittadinanza onoraria a Mussolini – ha detto Magistrati –. Per questi motivi riteniamo opportuno, giusto e non più prorogabile che anche Bergamo revochi la cittadinanza onoraria al capo del fascismo: l’impegno contro i neofascisti di oggi si declina anche nel fare i conti con il fascismo di ieri».
A fare da apripista, nell’ultimo periodo, era stata Lecco. Nella città dei laghi alpini, una mozione antifascista è stata approvata a larga maggioranza (Pd, consiglieri della Sinistra e i 5 Stelle), si sono opposti al provvedimento Lega Nord e Ncd perché la delibera non è stata ritenuta uno strumento adatto né necessario. Evidentemente non sarebbe benefica neppure la richiesta alla giunta e al sindaco, contenuta nel documento licenziato, di promuovere iniziative culturali in collaborazione con le scuole affinché venga mantenuta la memoria storica, e di promuovere iniziative che consentano di portare il problema dei nuovi fascismi anche all’attenzione della popolazione.
A Genova, città Medaglia d’Oro al Valor Militare per la lotta di Liberazione, si è scritta invece una pagina buia. Nel capoluogo regionale ligure, il sindaco Bucci e la sua maggioranza di centrodestra non hanno accettato di sottoscrivere un documento con riferimenti espliciti all’antifascismo e, dopo quasi due ore di sospensione, per far mancare il numero legale sono usciti dall’aula. Non solo: il presidente del consiglio comunale ha chiesto ai vigili di far sgomberare il pubblico mentre il primo cittadino minacciava di riconvocare il Consiglio a porte chiuse quando dagli spalti riservati all’uditorio si è iniziato a cantare l’Inno di Mameli e Bella Ciao e a gridare “vergogna”. Appena 17 i consiglieri presenti all’appello alla ripresa dei lavori (Pd, Lista Crivello, M5S e Chiamami Genova), quattro in meno del numero minimo di 21, indispensabile a fare proseguire la seduta. Il presidente dell’Anpi Genova, Massimo Bisca, ha amaramente commentato: «Il sindaco ha perso l’ago e la bussola. È inutile che venga alle commemorazioni. Sarebbe dovuto rimane al suo posto in aula, confonde l’istituzione che rappresenta con gli interessi di quattro “cuculli” della sua maggioranza. Il centrodestra diventa colluso con il neofascismo dilagante nel nostro Paese. Non sanno nemmeno su cosa è fondata la nostra Costituzione, mi fanno pena».
Paradossalmente nell’area metropolitana il centro-destra ha mostrato ben diversa consapevolezza democratica. Ad Arenzano ha condiviso l’impegno antifascista del Comune e una mozione antifascista è stata approvata all’unanimità. Così in altri Comuni del Tigullio e a Chiavari una delibera quasi identica a quella genovese è stata presentata dall’ex sindaco di centro-destra.
A La Spezia, al contrario, si è assistito a un copione pressoché identico a quello di Palazzo Tursi. La maggioranza di centrodestra, al governo della città dal giugno 2017, ha proposto un ordine del giorno di condanna contro “ogni forma di totalitarismo, razzismo o discriminazioni”, votato all’unanimità. Ma ha bocciato una mozione delle opposizioni (lista civica LeAli a Spezia, sostenuta da tutta la minoranza e dal M5s) contro la concessione di spazi pubblici alle formazioni che si richiamano al fascismo. Risultato: dibattito al calor bianco e minoranza uscita compattamente dall’aula. Un atteggiamento definito grave dalla Camera del lavoro spezzina e dall’Anpi: “La nostra è città della Resistenza, degli scioperi del ‘44, di Exodus e non può in alcun modo essere il teatro di manifestazioni di piazza di forze che si ispirano al neo fascismo e neo nazismo”, ha detto la Cgil. La presidenza dell’Anpi provinciale ha invitato il sindaco a presentare lui stesso una mozione: “La Spezia è una città decisamente antifascista, Medaglia d’Argento al Valor Militare per la guerra di Liberazione, Medaglia d’Oro al Merito Civile per l’accoglienza e l’appoggio agli ebrei reduci dai campi di sterminio; rammentiamo che i cittadini spezzini hanno sopportato 20 lunghi mesi di occupazione nazifascista con rastrellamenti, bombardamenti, centinaia di caduti partigiani, il sacrificio dei marinai della Marina militare, dei militari dopo l’8 settembre 1943, dei deportati, di tutte le vittime della scellerata guerra scatenata dai fascismi, per non dimenticare le leggi razziali. Sicuramente – continua l’Anpi – il sindaco Peracchini ricorda che la Costituzione, sulla quale ha giurato come primo cittadino e che rappresenta, vieta ogni ritorno del fascismo, in qualsiasi forma esso si presenti o si camuffi”.
Udine, dalla sua, ha confermato pienamente l’appartenenza alla più nobile storia democratica. Il 15 gennaio, durante l’ultima seduta del Consiglio comunale presieduta dal sindaco dimissionario Furio Honsell (il 4 marzo si terranno anche le elezioni amministrative), ha approvato una “mozione di sentimento” volta a impedire la concessione di spazi pubblici per manifestazioni neofasciste e contrarie ai principi della Costituzione repubblicana.
La mozione si intitola “le Case della democrazia”, con un riferimento esplicito all’articolo di Patria Indipendente .
Proposta dal consigliere di maggioranza Mario Barel, componente del direttivo Anpi della sezione “Città di Udine”, il documento è stato respinto dalla minoranza (M5s, Forza Italia e liste civiche di destra) che si era pure opposta alla presentazione e alla discussione del testo, sollevando l’obiezione che il regolamento consiliare vieta la presentazione di mozioni di sentimento che prevedano variazioni delle norme comunali. Malgrado una “correzione” del dispositivo finale concordata in aula, la minoranza ha ritenuto di mantenere il suo atteggiamento di contrarietà e ha abbandonato la sala, sottraendosi al confronto del merito. Infine la mozione è stata approvata con 23 voti favorevoli e un’astensione.
In Emilia Romagna, una mozione è stata presentata a Reggio Emilia mentre Bologna ha già accolto un odg antifascista ai primi dello scorso dicembre, tenendo testa all’ostruzionismo del centro-destra. E una novità assoluta arriva dall’hinterland della città delle Torri degli Asinelli. Poco più di un mese fa, infatti, in seguito all’indignazione per una “Festa d’autunno” organizzata dall’estrema destra a Budrio, poi cancellata, e il saluto romano di un calciatore sul campo del Marzabotto, i sindaci di Casalecchio di Reno, Monte San Pietro, Sasso Marconi, Valsamoggia e Zola Predosa – un terzo della provincia bolognese – di concerto con Cgil, Cisl e Uil hanno deciso lo stop alla concessione degli spazi pubblici per chi non si riconosce nei principi della Costituzione. «È la prima volta che un accordo di questo tipo abbraccia così tanti municipi tutti assieme – hanno spiegato i sindaci per voce del primo cittadino di Casalecchio, Massimo Bosso –. E non ci saranno eccezioni: l’assegnazione degli spazi comunali, in futuro, sarà solo per singoli o associazioni che si riconoscono nei principi democratici e repubblicani. La decisione – ha precisato Bosso – è legata alla preoccupazione per il riemergere di comportamenti antidemocratici di espressione fascista, xenofoba, razzista e sessista. I regolamenti comunali saranno adeguati».
A Valsamoggia il provvedimento è stato immediatamente varato. «Quello approvato in Consiglio – ha dichiarato il sindaco Daniele Ruscigno – è solo un argine istituzionale. Non basterà ad arrestare il fenomeno a cui stiamo assistendo che vede persone che con grande disinvoltura si richiamano a concetti e comportamenti di inaccettabile violenza e prevaricazione. È vero che in Italia esiste la libertà di espressione, ma ci sono dei limiti e questi limiti sono indicati nella Costituzione. Nessuno si deve quindi sentire in diritto di fare e dire quello che vuole senza il rispetto di questi limiti. Violenza e prevaricazione le abbiamo già vissute ed è assolutamente necessario recuperare quegli anticorpi. Abbiamo cicatrici che devono aiutare la società a recuperare la memoria. E non è una questione di partiti politici – ha proseguito Ruscigno –. Serve unità. E l’impegno di tutti a fermare ogni forma di fascismo in ogni contesto». L’Anpi di Bazzano-Valsamoggia, con il segretario Doriano Depietri, ha voluto ringraziare l’Assemblea comunale: «Era necessario un segnale forte della comunità: un impegno delle istituzioni repubblicane a vigilare e ad applicare la nostra Costituzione, e un impegno della comunità che deve tornare a fare un lavoro di testimonianza. Dobbiamo far crescere nei giovani il seme dell’antifascismo: è lì che possiamo far diventare reale quel muro democratico gigantesco che la Costituzione è».
In Toscana, Pisa si aggiunge a Firenze e Siena e altri Comuni. L’iniziativa di una mozione promossa dall’Anpi e da altre associazioni, presentata dal Pd, è stata approvata dal Consiglio, impegnando la Giunta a modificare i regolamenti cittadini al fine di vietare la concessione e l’utilizzo di locali pubblici ai soggetti che si ispirano ai disvalori del fascismo, del nazismo o che contrastino i valori della Resistenza: per manifestare sarà obbligatorio sottoscrivere una dichiarazione in cui afferma di non professare ideologie antidemocratiche, razziste, xenofobe, antisemite, omofobe, sessiste o di intolleranza religiosa.
Hanno votato a favore tutte le forze politiche di maggioranza (Pd, Mdp-Art1, In lista per Pisa, Riformisti), Ucic-Prc, Sinistra Italiana, Green Italia/Possibile e M5s (ad eccezione di un consigliere pentastellato che si è astenuto). Contrari alla mozione Nap-FdI-An, Pisa nel Cuore, e Forza Italia.
A Livorno l’Anpi, con il presidente provinciale Gino Niccolai ha preso carta e penna e scritto una lettera-appello ai presidenti dei Consigli comunali, e per conoscenza ai sindaci, di tutta la provincia. La missiva esprime la forte preoccupazione di tutte le Sezioni del sodalizio “per lo spazio che organizzazioni di area neofascista, neonazista e razzista si stanno ritagliando nelle nostre città, utilizzando spazi pubblici con l’autorizzazione delle istituzioni democratiche. È infatti fondamentale – prosegue la lettera – ribadire che la Repubblica nata dalla Resistenza deve essere difesa a tutti i livelli e in tutte le circostanze, perché, come spesso l’Anpi ha sottolineato, il fascismo non è un’opinione, è un crimine”. E per mettere in condizione i rappresentanti delle istituzioni eletti dai cittadini di “cominciare a discutere” ha inviato una bozza di odg e le delibere approvate a Torino (dove a guidare la giunta è il M5s con la sindaca Appendino) e Siena, oltre a segnalare gli articoli del nostro giornale.
A Gavorrano (Grosseto), accogliendo l’appello dell’Anpi, una mozione di indirizzo politico-amministrativo sui valori della Resistenza e sui principi della Costituzione repubblicana presentata dal capogruppo di maggioranza, è stata approvata in Consiglio all’unanimità. Tanto da rubricarla come una mozione dell’intero parlamentino locale. Però è stato cassato il punto in cui si chiedeva “di dare mandato alle competenti direzioni comunali di adeguare i regolamenti sull’occupazione di suolo pubblico, per includere, al momento della richiesta di autorizzazione, una dichiarazione esplicita di riconoscimento dei valori democratici espressi nella Costituzione italiana e nello statuto comunale”. Il punto non avrebbe trovato accoglimento “per problemi esecutivi”. Il presidente dell’Anpi gavorranese, Leo Barbi, si è detto molto dispiaciuto: «Mozioni contenenti l’adeguamento del regolamento sono già state approvate nelle maggiori città italiane e nella nostra Regione. Rammarica vedere che a Gavorrano si debbano sollevare dubbi sulla praticabilità di una proposta del genere».
Nelle Marche si è mobilitata la Rete antifascista di Macerata per coinvolgere i sindaci e tutte le istituzioni del territorio nel promuovere una discussione su una mozione di contrasto ai neofascismi. Con una lettera aperta la Rete ha elaborato un documento da proporre in ogni Consiglio comunale per avviare l’iniziativa, inoltrando anche il testo dell’appello nazionale condiviso da oltre 20 tra associazioni, partiti, sindacati, movimenti democratici sul quale nei prossimi giorni verrà avviata una raccolta di firme: “Mai più fascismi”.
Pubblicato martedì 23 Gennaio 2018
Stampato il 30/10/2024 da Patria indipendente alla url https://www.patriaindipendente.it/cittadinanza-attiva/macchia-dolio-le-citta-defascistizzate/