Una settimana insieme al Myanmar, dal 15 al 19 novembre scorso, a Parma, città Capitale italiana della Cultura 2020-21. Insieme per la democrazia, “liberi dalla paura”. Per sostenere il grande sforzo di tutto il popolo birmano, i gruppi etnici, la generazione Z, le donne.
Il Movimento di Disobbedienza Civile (CDM) che si oppone al golpe militare del 1 febbraio scorso, è composto per il 65% da donne.
Una giovane leadership femminile sta aprendo la strada alla democrazia, alcune hanno costituito gruppi di sole donne nel PDF, il People’s Defence Force, il nuovo esercito democratico. Mentre la leader Aung San Suu Kyi, la Madre, si trova agli arresti, sottoposta a un processo assurdo la cui sentenza, ancora parziale, è arrivata.
Aung San Suu Kyi, una delle donne più coraggiose al mondo nella testimonianza per la democrazia.
I giorni a Parma sono stati intensi e forti, come è oggi il dramma del Myanmar.
Con l’Amministrazione comunale di Parma hanno collaborato l’Istituto Alcide Cervi, che porta nella contemporaneità la memoria della Resistenza e della democrazia, e l’Associazione per l’Amicizia Italia Birmania “Giuseppe Malpeli”, da anni accanto ad Aung San Suu Kyi e al popolo birmano.
Hanno collaborato le scuole di Parma, gli studenti dei licei e dei centri giovani. Insieme a loro abbiamo camminato per le strade di Parma nei luoghi segnati dalla Resistenza, ascoltando le parole di Aung San Suu Kyi e dei giovani poeti birmani uccisi in questi mesi dal regime militare. Studenti straordinari, con la loro consapevolezza rendono già migliore il nostro mondo.
Sono stati giorni di eventi e di dibattiti internazionali, con la partecipazione di rappresentanti del Governo e del Parlamento italiani, del Parlamento europeo, di organizzazioni internazionali, del Governo di Unità Nazionale (NUG) della Birmania democratica, di esponenti della società civile oggi alla macchia, di amici del Myanmar come Romano Prodi e Jean Todt. Molto coinvolta la comunità dei birmani in Italia.
Mentre in Myanmar continua l’oppressione della giunta militare con continui arresti, condanne, torture, bombardamenti dei villaggi, distruzione di chiese cristiane, mentre cresce il numero delle persone che cercano rifugio nella foresta e sui confini, tenere la luce accesa sulla devastazione che sta colpendo il Myanmar è più che mai necessario.
La comunità internazionale, dall’ONU all’ASEAN, dall’UE all’Indopacifico, non riconosce la giunta militare, ma ancora non riesce a sostenere il popolo con aiuti umanitari e vaccini, a costringere i militari a trattare, a ripristinare la democrazia, a liberare i prigionieri politici.
In questo inizio del XXI secolo sono molto evidenti l’aumento della violenza nel mondo, la pressione a cui sono sottoposte le democrazie, la loro difficoltà a difendere concretamente le scelte democratiche dei popoli, i diritti umani, la pace.
Questa è la grande sfida del nostro tempo. La debolezza della politica, anche internazionale, è evidente, in Myanmar come in altri luoghi del mondo.
Penso ad Aung San Suu Kyi, al suo isolamento, al suo silenzio, alla condanna ulteriore che l’attende. Penso alla sua intera vita.
Penso alle vittime di ogni giorno, alla fatica, all’insicurezza, alla paura della gente. Tutto questo deve finire presto. La violenza, la malvagità, la menzogna, la disumanità stanno devastando il Myanmar. Le energie del bene le stanno contrastando, anche a prezzo della vita.
Questa sfida ci riguarda. Far vincere l’umanità è il nostro compito, oggi come ieri. È sempre resistenza antifascista.
Per questo continuiamo a lavorare. Il network internazionale che abbiamo costituito, “Alliance for A Democratic Myanmar”, è già al lavoro, prenderà nuove iniziative. Anche il team internazionale di avvocati sta seguendo il processo ad Aung San Suu Kyi e agli altri leaders verificandone la completa illegalità. Nel mondo globale, laddove è sceso il buio, devono accendersi le luci.
Verrà il giorno nuovo, il giorno della libertà dalla paura, se noi lo chiameremo come sentinelle nella notte.
Thutzar, la nostra amica birmana che è imprenditrice a Milano, ci ha detto: “Continuiamo a camminare insieme”. È così: continueremo a camminare insieme. Sulla strada della libertà, dell’amicizia, della democrazia. La stessa strada per loro e per noi, per tutti.
Questo è il messaggio che la comunità birmana in Italia ha pubblicato in questi giorni su Facebook:
“È passato quasi un anno dal primo febbraio, il giorno in cui c’è stato il colpo di stato. La resistenza del popolo birmano continua senza mai mollare ma continuano anche le tragedie e le crudeltà disumane dei militari. Le notizie che ci arrivano tutti i giorni sono intrise di lacrime, dolore e sofferenza.
In tutto questo periodo, la vita di un’intera popolazione è stata stravolta. Nessuno di noi ha ritrovato la normalità che c’era prima. I sogni di tanti sono stati infranti, una vita di sacrifici e impegno per stabilirsi con un lavoro, una casa, una famiglia sono stati frantumati o persi, e tanti altri hanno vissuto la violenza e visto la morte in una maniera così crudele e indescrivibile.
Ci viene da domandare cosa vogliamo ricordare di questo tragico momento? Sappiamo che la ricerca di positività non riempie il vuoto ma non possiamo dimenticare che non c’è stata solo la morte e la tragedia in questa rivoluzione. C’è stata un’unità del popolo come non si è mai visto in Birmania. C’è stata una solidarietà, un aiuto reciproco e la cosa più importante è una resistenza indistruttibile. La resistenza per il bene comune, per la giustizia e per il futuro di migliaia di persone!
Una cosa sicura è che non siamo stati soli. Non stiamo lottando da soli ma con gli amici e con le persone che hanno a cuore costruire un mondo migliore. I movimenti di Parma di questi cinque giorni per la democrazia in Myanmar, sono stati la testimonianza che farà parte della storia della Birmania come quella dell’Italia. Perché quello che abbiamo costruito oggi è per il domani. Noi non molliamo fino alla vittoria del popolo anche per questa fede incrollabile.
I cinque giorni di Parma sono stati giorni intensi, piena di incontri e attività. Tutte le persone che sono state coinvolte in questi giorni faranno parte della storia. Una storia contraddistinta dalla compassione, solidarietà e tanto, tantissimo affetto. Abbiamo avuto l’occasione di sorridere che da tanto tempo credevamo fosse non più possibile. Abbiamo pianto ma siamo uniti come non mai. Ci siamo sentiti abbracciati, amati. Ogni abbraccio, ogni mano tesa, ogni gesto o una semplice parola di incoraggiamento alimenta la forza per andare avanti tutti i giorni.”
La regista Liliana Cavani, che segue questa storia, mi ha scritto: «Bravissima! La tua passione umanitaria è formidabile. Spero che la tragica questione Birmania possa arrivare alla Comunità Europea perché se non è presente almeno con “l’attenzione” tradisce gli europei, i migliori, i più civili, i più vigili, i più coscienti. Pensa se ci fosse stata una Comunità di Europei civili e maturi negli anni Trenta-Quaranta quando prevalse l’inciviltà totale di Nazismo e Fascismo! È davvero urgente una cultura che faccia comprendere la Fraternitas degli esseri umani, tutti senza distinzioni di razze e confini. Si sarebbe potuto evitare l’orrore nazista e anche l’invasione del Tibet e tanta politica aggressiva e meschina e disumana in giro per il Mondo. Il Mondo è la casa di tutti! Questo concetto deve diventare imprescindibile. Grazie Albertina, un abbraccio, Liliana».
La coscienza, la cultura, la politica sono, oggi come ieri, il nostro dovere per far vivere la democrazia e i valori umani universali sotto tutti i cieli.
Albertina Soliani, presidente dell’Istituto Alcide Cervi, vicepresidente nazionale Anpi
La dichiarazione di Albertina Soliani dopo la notizia della condanna di Aung San Suu Kyi :
“La condanna di Aung San Suu Kyi è l’inizio della fine per i militari”
È arrivata per Aung San Suu Kyi la prima sentenza del processo: quattro anni di carcere, 2+2. Riguardano due imputazioni: non aver rispettato le regole anti-Covid in campagna elettorale, istigazione alla protesta contro il golpe.
Accuse ridicole: ogni giorno ha insegnato al popolo come difendersi dalla pandemia, riuscendo a contenere il contagio. Lo sanno tutti. Quanto all’istigazione, è accusata di aver firmato una lettera dell’NLD (National League for Democracy) che invitava alla protesta contro il golpe. Come poteva firmare se era già stata arrestata e le era precluso ogni contatto con l’esterno?
Questo non è un processo, è una messa in scena, una truffa. Ha ricevuto undici accuse di reati, questa condanna ne riguarda due. Cosa arriverà in seguito?
Si sente dire che i quattro anni sono stati subito ridotti a due. Nulla è trasparente, niente è razionale. “Assurdo”, come ha detto Aung San Suu Kyi. Nelle settimane scorse è stato condannato a 11 anni il giornalista americano Danny Fenster, in carcere da mesi, dopo due giorni è stato liberato.
Questo processo è una strategia politica: vogliono lasciarla per sempre in carcere, Aung San Suu Kyi per i militari deve sparire dalla scena politica e così il suo partito, l’NLD. Hanno già arrestato più di 500 dirigenti, dal vertice alla base.
È la vendetta dei militari perché hanno straperso le elezioni, che ha stravinto Aung San Suu Kyi. Un gioco sporco, che travolge la democrazia. La verità è che i generali hanno una grande paura di lei.
Il 10 dicembre il popolo birmano dimostrerà ancora una volta la sua opposizione con lo sciopero di ogni attività, saranno chiusi in casa, vestiti di nero, con il gesto delle tre dita della mano destra alzate.
E le democrazie nel mondo? E i Paesi vicini? Come impedire ai militari di continuare nella loro azione illegittima e immorale?
Chiediamo l’immediata liberazione di Aung San Suu Kyi e degli altri arrestati con lei. Nel nome della democrazia. La democrazia in Myanmar è la nostra democrazia.
Pubblicato martedì 7 Dicembre 2021
Stampato il 23/11/2024 da Patria indipendente alla url https://www.patriaindipendente.it/cittadinanza-attiva/liberi-dalla-paura-per-la-democrazia-in-myanmar/