Quasi settemila chilometri ci separano dall’Afghanistan, un Paese straziato da guerre civili, occupato, abbandonato dalla scorsa estate nelle mani della parte più integralista e retriva dei talebani. La violenza e gli omicidi sono l’orrore quotidiano e, per non farsi mancare nulla, è arrivato l’Isis con attentati e stragi. A quasi settemila chilometri da noi abitano le donne afghane, vittime predestinate di una cultura oscurantista e letale. Donne, o almeno una parte di loro, che negli anni Sessanta avevano conosciuto l’emancipazione nella vita quotidiana, nello studio e nel lavoro.
Donne che, oggi più di ieri, sotto il potere dell’emirato islamico subiscono, smarrite e impaurite, azioni di terrore. Eppure da donne estremamente coraggiose parlano, urlano, non si rassegnano, scendono in piazza, sfidando la ferocia dei talebani per pretendere il rispetto della loro dignità, dei diritti, della libertà. Lo fanno a rischio della loro vita: intellettuali, professioniste, donne e basta, con il valore aggiunto che ha il significato dell’essere femmina in una situazione drammatica come quella afghana.
Solo poche settimane fa sono stati ritrovati i corpi senza vita di quattro attiviste della libertà, tra le quali Frozan Safi, docente di economia, che aveva solo 29 anni. Sono poche però le notizie che arrivano da noi come nel resto del mondo e quindi non sappiamo quanti altri eccidi e atti di violenza vengono censurati e nascosti all’opinione pubblica. Eppure su questa tragedia umana quotidiana, che riguarda soprattutto le sorelle lontane (non solo in Afghanistan), dopo un impulso di deplorazione e di solidarietà mondiale, spesso solo virtuale, in verità, e che non ha raggiunto neanche il traguardo dell’inizio dell’autunno, si tace. Vogliamo dirlo in modo più stereotipato? È calato il silenzio, si sono spenti i riflettori.
Qui è la colpa, perché quelle donne continuano a subire, sono vittime e, nonostante tutto, hanno la forza di organizzarsi, farsi sentire, riunirsi clandestinamente, aiutandosi l’un l’altra per provare a espatriare nel disperato tentativo di proteggere se stesse e i figli e soprattutto le figlie in tenera età o adolescenti. Hanno bisogno di sostegno, aiuto concreto, di un mondo che continui a manifestare in ogni modo la sua vicinanza, lo sdegno e la vergogna dell’appartenere a un genere umano che consente crudeltà, soprusi, sopraffazione, discriminazione.
Si sono tirate indietro persino le diplomazie di tutto il mondo, che invece avrebbero l’occasione e l’obbligo di alzare la voce. E tutto ciò mentre le forze laiche e democratiche in Afghanistan, spesso guidate da donne, attive da oltre quarant’anni, chiedono alle società civili occidentali di sostenere l’autodeterminazione del loro popolo, poiché la democrazia non può essere imposta dall’esterno, e di creare in Europa una grande rete di sostegno alla loro resistenza.
Non tutti e non tutte vogliono dimenticare e tirarsi fuori. “Di fronte a questa nuova, devastante emergenza umanitaria, è necessaria una mobilitazione urgente, anche di solidarietà materiale”, è stata subito la posizione del Coordinamento nazionale donne Anpi che, assieme ad altre associazioni e movimenti di donne, quali Non Una di Meno, appoggiano l’attività del Cisda (coordinamento italiano sostegno donne afghane) attraverso Rawa (associazione rivoluzionaria delle donne afghane) “organizzazione che ha deciso di rimanere nel Paese accanto alla popolazione civile, con un enorme rischio per la sicurezza delle proprie operatrici e operatori”.
Questa lotta per il rispetto dei diritti umani, l’autodeterminazione delle donne e la costruzione di istituzioni fondate sui principi di laicità, democrazia e parità di genere, non è un progetto a termine, non può esserlo. La mobilitazione continua e sta coinvolgendo le donne di tutta Italia, dal Nord al Sud.
In Veneto, la sezione Anpi di Mestre e la sezione Anpi Sette Martiri di Venezia lo scorso agosto hanno donato 500 euro ciascuna al Cisda. Ugualmente ha fatto la sezione Anpi Sandonatese “Silvio Trentin”, in provincia di Venezia. Anpi Mestre, Anpi Venezia, Giuristi Democratici e rEsistenze lo scorso 23 ottobre hanno anche organizzato un presidio con l’adesione di altre organizzazioni – sindacali, politiche, di genere, studentesche e culturali per i diritti delle donne e delle minoranze – e una conferenza con l’obiettivo primario di mantenere viva l’attenzione sull’Afghanistan, “che sta purtroppo progressivamente scemando”.
Il convegno ha dato voce alle testimonianza di cittadine e cittadini afghani, con la presenza di un’attivista del Cisda, di un’esponente di Emergency, di un docente di sociologia delle religioni dell’università di Padova e, in collegamento online, il giornalista Alberto Negri, specializzato in zone di crisi, per inquadrare la situazione geopolitica e geostrategica del Paese del meridione asiatico. Sono state ben 160 le iscrizioni per assistere al convegno. E anche il presidio ha avuto una corposa partecipazione.
A Genova le associazioni si sono raccolte attorno al Cisda, il 15 e il 22 ottobre, per iniziative di sensibilizzazione e a sostegno delle donne afghane. Anpi, con le sezioni di Seregno e di Monza, é inoltre impegnata con Cisda/Staffetta Femminista dando valore politico e sostegno economico al progetto Vite Preziose per il supporto alle vittime di violenza familiare. E Anpi Monza Brianza ha partecipato alla prima assemblea di coalizione di “Stand up for change with afghan women”.
Numerose le iniziative in rete con tante associazioni a Novara, dove la presidente del comitato provincia Anpi, Michela Cella, che di professione è insegnante, ha anche presentato un progetto, poi approvato e in corso di attuazione, per l’inclusione scolastica delle bambine e dei bambini afghani. A Siena Anpi ha organizzato un incontro insieme a Nudm, Arcigay e l’associazione Il Serpe Regolo, con Cristiana Cella del Cisda, e avviato una raccolta fondi.
Le donne di varie associazioni in rete, con il grande apporto di Anpi, il 25 settembre scorso si sono mobilitate anche a Firenze per Stand up for change with afghan women, insieme per le donne afghane. Il 30 agosto l’Anpi di Sezze (Latina) ha organizzato un incontro per l’Afghanistan al centro Calabresi per una solidarietà fattiva e concreta in favore di quanti sono riusciti a fuggire in aereo nei primi giorni del ritiro dei militari statunitensi e ora sono in Italia, “perchè lì era un inferno e non gli resta niente. Donne, bambini, uomini che debbono reinventare una resistenza per la vita e poi alimentare il sogno di tornare”.
Anpi Roma continua le mobilitazioni e il sostegno materiale alle donne afghane in collaborazione con la Casa internazionale delle Donne. E c’è Anpi Ancona che sta seguendo il progetto di alcune associazioni del territorio per fare arrivare delle giovani afghane in Italia, salvandole dai rischi che corre ogni giorno la loro vita. Il progetto Stand up for a change with afghan women ha preso piede anche a Milano, Nova Milanese, Pesaro, Imola, Casale Monferrato, Fano e in tante altre città fino ad arrivare nel sud dell’Italia.
A Brindisi l’associazione Io Donna, che gestisce centri antiviolenza, il coordinamento donne Anpi (assieme al comitato provinciale), il movimento Non una di meno e Fiab, associazione di ciclo-ecologisti, hanno deciso di impegnarsi in una salda rete a cui si sono aggiunti lo Spi-Cgil e l’Auser, ma resta aperta a ogni uomo e a ogni donna che hanno a cuore la vita e la libertà delle donne afghane.
Domenica 31 ottobre si è tenuto prima un flash mob in cui le donne si sono presentate con il capo coperto per poi lanciare in aria, in un urlo di liberazione, sciarpe e foulard e subito dopo una pedalata lungo le strade della città. È stato l’avvio del programma, organizzato accanto al Cisda, “Vite preziose delle donne afghane” per contrastare il barbaro regime dei talebani, tornati a dominare il Paese, dopo 20 anni di occupazione e guerra delle forze Usa e Nato. Obiettivo è la raccolta fondi a sostegno del progetto attraverso la distribuzione di una cartolina dedicata, realizzata dalla giovane pittrice brindisina Ambra Grande.
Il progetto ha l’obiettivo di contrastare in Afghanistan la violenza contro le donne, promuovere i diritti e affermare una cultura di legalità e prevede il sostegno a distanza di donne e bambine vittime di violenza, che si rivolgono ai centri di aiuto legale di Kabul, Herat, Jalalabad e Mazar-e-Sharif, e a volte sono ospitate in case rifugio segrete. I centri di aiuto legale e gli Shelter (Case rifugio segrete) sono gestiti da Hawca (Humanitarian assistance for the women and children of Afghanistan). In Italia, il Cisda provvede a finanziare il progetto con donazioni individuali e collettive mentre al contempo in Afghanistan Hawca provvede a fornire i servizi e le strutture che necessitano alle donne: assistenza alle vittime di violenza, protezione, attività di microcredito, istruzione, assistenza sanitaria e legale. La rete di Brindisi ha in programma proiezioni di documentari e film afghani, cene per raccogliere fondi, e molte altre iniziative solidali perché sarà un programma di lunga durata come lunga e difficile sarà la resistenza delle donne afghane.
Violenza e assalti a parte, il Paese è al limite della sopravvivenza. Mancano cibo e acqua. Ignorare ciò che avviene a settemila chilometri di distanza da noi non è più possibile. Va ricordato ogni giorno come si è fatto il 25 novembre per la Giornata internazionale contro la violenza sulle donne nelle tante iniziative promosse nei territori italiani dalle donne Anpi fino a domenica. La lotta contro gli abusi, le violenze anche sulle donne afghane non possono che essere uno dei temi dell’urlo delle donne italiane e di tutto il mondo contro il ritorno alle barbarie. Per la vita e la libertà di tutte.
Tea Sisto
Pubblicato venerdì 26 Novembre 2021
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