Come ogni anno, forse questo 2018 ancora di più, il 25 aprile è stata una grande giornata di festa e di memoria attiva, un appello contro ogni fascismo, razzismo e nazismo, una richiesta corale di pace e di giustizia nel mondo. Come ogni anno l’ANPI è stata l’anima della quasi totalità di tali manifestazioni, promosse per lo più in collaborazione con ciascun Comune e con altre associazioni e organizzazioni. È perciò giusto ribadire a tutti i Sindaci ed alle altre autorità preposte la richiesta di rispettare ed onorare il 25 aprile come Festa nazionale della Repubblica.
Ma anche quest’anno, come già avvenuto in qualche circostanza passata, vi sono stati limitati tentativi di esclusioni, autoesclusioni o autoallontanamenti che si potevano e si possono evitare costruendo un clima di dialogo e di confronto da parte di questa o quella comunità.
Colpisce vedere come l’attenzione dei media si sia concentrata prevalentemente su tali episodi, invece che sul carattere popolare, nazionale e unitario della quasi totalità delle manifestazioni.
La questione più dolorosa riguarda alcune comunità ebraiche che, difformemente da tutte le altre, hanno disertato l’iniziativa promossa dall’Anpi in base a due presupposti: il primo è la presunta illegittimità della presenza di qualsiasi segno della questione palestinese nel contesto della manifestazione; il secondo è la richiesta perentoria, meglio, l’imposizione di un obbligo che l’Anpi avrebbe, e cioè quello di impedire nelle manifestazioni qualsiasi riferimento, diretto o indiretto, alla questione palestinese.
Ci paiono richieste che non solo contrastano con i principi di tolleranza e di disponibilità che dovrebbero caratterizzare tali manifestazioni, ma che attribuiscono all’Anpi un “dovere” peraltro inammissibile costituzionalmente, ove all’art. 21 si dispone che “tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”.
Per la manifestazione di Roma, l’Anpi ha deciso di essere rappresentata in corteo solo dalle bandiere della Resistenza italiana ed europea. Ma tale proposta non poteva né può essere ritenuta un impedimento alla libertà di espressione di chiunque volesse partecipare all’iniziativa.
L’Anpi dai tempi della sua nascita, com’era ovvio e doveroso, ha fatto propria la causa del contrasto irriducibile ad ogni discriminazione, come peraltro enunciato dalla Costituzione, ove si afferma che tutti i cittadini “hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”.
L’Anpi in ogni modo ed in ogni forma, come parte integrante ed ineliminabile della formazione antifascista e democratica, ha contribuito a informare sul dramma della Shoah, approfondendo, scavando, rivelando, promuovendo incontri e convegni, disponendo centinaia di articoli sulla sua stampa, a sostegno di una parte sola: la parte degli ebrei sterminati con la Shoah e dei sopravvissuti. Questo – sia chiaro – era, è e sarà un preciso e intramontabile dovere dell’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia. Per questo l’Anpi condanna senza appello le parole di Abu Mazen che attribuiscono proprio agli ebrei delle responsabilità sulle ragioni del loro sterminio: parole gravi, inaccettabili e irricevibili.
L’Anpi, pur non confondendo mai due questioni collegate ma distinte, e cioè la Shoah e lo Stato d’Israele, ha sempre affermato la legittimità di tale Stato ed il diritto alla pace ed alla sicurezza dei suoi cittadini, sostenendo peraltro anche il diritto del popolo palestinese a un proprio Stato, ma l’Anpi ha criticato, giudicando sempre i fatti e mai i governi come tali, le scelte del governo di Israele quando queste apparivano in contrasto con i principi ispiratori della pace, della libertà, della convivenza fra i popoli e dei diritti umani.
Di conseguenza l’Anpi ritiene legittimo e doveroso criticare – come peraltro ha fatto gran parte della comunità mondiale ed anche parte dell’opinione pubblica israeliana – ciò che è ripetutamente avvenuto al valico di Karni dove, com’è noto, sono stati uccisi decine di palestinesi e feriti migliaia di palestinesi, quanto meno per uso sproporzionato della forza. Tutto ciò non ha nulla a che vedere né con la Shoah né con l’antisemitismo; si tratta di due categorie che nella loro tragica unicità non possono e non devono essere utilizzate come un’accusa infamante contro chiunque critichi qualsiasi azione militare o civile da parte del governo israeliano nei territori della West Bank.
In occasione del 25 aprile, sia pure in modo sporadico, è emerso contro l’Anpi in qualche comunità e in qualche personalità del mondo ebraico italiano un’ostilità stupefacente che crea amarezza e tensioni. Sovente l’elemento scatenante di tali polemiche è stata la contestazione – o l’ipotesi della contestazione – alla presenza della Brigata Ebraica e della sua bandiera nei cortei. La Brigata Ebraica è stata a tutti gli effetti parte degli eserciti alleati che hanno contribuito a liberare l’Italia dal nazifascismo. Abbiamo detto, diciamo e diremo che ogni contestazione e a maggior ragione ogni violenza contro la Brigata Ebraica va condannata fermamente. Aggiungiamo, anche se è ovvio, che più in generale va condannata fermamente ogni violenza di qualsiasi genere sia nel corso della manifestazioni del 25 aprile, sia in qualsiasi altra manifestazione.
L’Anpi nei limiti delle sue forze, ma nel rigore dei suoi principi, farà il possibile perché tutte le comunità possano incontrarsi e dialogare sapendo che le politiche di muri e di frontiere portano alla lunga solo odi e rancori, ed in ultima analisi nuovi disastri.
Il 25 aprile di quest’anno è stato caratterizzato ovunque da parole d’ordine di pace e di antifascismo, cogliendo così i temi oggi essenziali della battaglia per la democrazia: il contrasto allo scenario di tensioni internazionali e di guerre che si va purtroppo estendendo e la lotta contro formazioni di tipo neofascista, neonazista e razzista che da tempo in Italia e in Europa hanno pericolosamente rialzato la testa. L’Anpi ribadisce che solo un grande movimento unitario, come quello che si è manifestato in occasione del 25 aprile di quest’anno, potrà efficacemente lottare per la pace nel mondo e vincere la sfida contro i neofascisti.
La Presidenza e la Segreteria nazionale dell’Anpi
Pubblicato venerdì 18 Maggio 2018
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