L’idea era nata qualche mese fa in via degli Scipioni 271 a Roma. Nelle riunioni di segreteria nazionale dell’Anpi si discuteva su come dare continuità al forum antifascista europeo che si era svolto proprio a metà dicembre 2018 a Roma. Occorreva, certo, fissare un successivo appuntamento internazionale ove rendere pubblica la volontà delle associazioni partigiane del vecchio continente di contrastare le forze nazionaliste, neofasciste e razziste in occasione delle elezioni europee. D’accordo con i compagni tedeschi e ungheresi, si era deciso di vederci a Budapest, il che effettivamente avverrà il 4 maggio, quando in piazza delle Libertà nella capitale magiara ci si troverà per leggere in tante lingue un comune appello per un voto antifascista.
Ma lievitava, insieme, anche un altro desiderio, – chiamiamolo così – di prossimità. Una questione di frontiera. Il confine orientale dell’Italia bacia oggi il confine occidentale della Slovenia. Poco più a sud, la Croazia, con la penisola d’Istria. A nord, dolcemente appoggiata sulle spalle dell’Italia e della Slovenia, la Carinzia, ove risiedono gli austriaci di etnia slovena.
Ebbene, in queste terre erano avvenute cose sconvolgenti negli anni della seconda guerra mondiale: da un lato l’invasione nazifascista, dall’altro l’Anschluss, cioè l’annessione dell’Austria alla Germania. All’inizio di aprile 1941 i tedeschi entrano a Zagabria; l’11 aprile gli italiani occupano Lubiana, mentre anche gli ungheresi, da nord, entrano in territorio slavo. Il Regno di Jugoslavia si dissolve: Lubiana diviene provincia italiana e l’occupante cerca di reprimere con violenza sanguinaria (e impunita, perché impuniti sono rimasti i criminali di guerra italiani) la resistenza di un popolo; si forma in Croazia un governo fantoccio, retto da un animale voluto da Mussolini, Ante Pavelic, che si rende responsabile di atrocità inenarrabili, peggiori, secondo molti, di quelle degli stessi nazisti tedeschi. Si organizza la resistenza. Alla fine della guerra in Jugoslavia si conterà una cifra fra un milione e un milione e mezzo di vittime su meno di 16 milioni di abitanti; più di due terzi dei morti sono civili. Sconvolgenti i massacri di partigiani, di ebrei, di rom, di serbi.
Alla fine, con la sconfitta dell’Italia fascista, avvengono nuove, efferate stragi: le foibe. Per quanto controverso possa essere il numero delle vittime – i cosiddetti infoibati –, e per quanto avvelenato potesse essere quel tempo di sangue e di furore, rimane innegabile l’ondata di violenza che colpì molti italiani, visti spesso come fascisti perché italiani, e l’orrore delle foibe, ove sovente si materializzava tale violenza. E poi l’esodo, cioè l’emigrazione più o meno forzata della maggioranza dei cittadini giuliani, fiumani e dalmati di lingua italiana. Una ininterrotta sequenza di tragedie che segna la storia di tanti popoli.
Da questo terribile passato e dal desiderio/obbligo di voltare pagina, l’idea di un incontro pubblico fra i responsabili delle associazioni partigiane della Slovenia, della Croazia, della Carinzia e, ovviamente, dell’Italia. Perché? Perché – si legge nella lettera inviata dall’Anpi nazionale alle associazioni slovena, croata e carinziana – “noi pensiamo che sia giusto ricordare i drammi di quegli anni terribili per guardare ad un futuro in cui i nostri Paesi e i nostri popoli siano sempre più uniti in una Unione Europea profondamente rinnovata. Noi pensiamo alle incancellabili responsabilità del fascismo che con la violenza, l’occupazione militare, la discriminazione delle minoranze linguistiche, i campi di internamento dove morirono migliaia di persone, aprì una ferita gravissima fra popoli vicini e fratelli. Noi pensiamo alle terribili conseguenze di quella politica, che avviò una lunga spirale di vendette, di terrore e di lutti. Ricordiamo doverosamente perciò la tragedia degli italiani assieme alla tragedia degli sloveni e dei croati, respingendo con forza ogni nazionalismo, da qualsiasi parte provenga. Ricordiamo il sacrificio dei partigiani italiani, sloveni e croati che, pur con eccessi e contraddizioni nel clima infuocato della guerra, sconfissero il cancro nazifascista e restituirono la libertà ai nostri popoli”.
Ed ecco l’iniziativa che si è svolta il 30 marzo a Sežana, in Slovenia, ad un pugno di chilometri da Trieste, dal titolo “Fratelli senza confini – Italiani, sloveni e croati uniti contro nazionalismi, neofascismi e razzismi”. “Contro chi ancora oggi vuole dividere popoli e Paesi, le associazioni partigiane – si legge in una nota stampa – rilanciano l’unità e la loro scelta europeista, ricordando la comune lotta resistenziale che ha determinato la sconfitta del nazifascismo”. È così che nel pomeriggio di un assolato sabato a cavallo fra inverno e primavera in una piazza della cittadina di confine è stato piantato un albero dove ciascun presidente delle associazioni partigiane ha versato la sua terra: terra italiana, terra croata, terra carinziana, terra slovena, madreterra, terra mescolata nella terra, terra feconda dove un tiglio può crescere, dove può crescere la fraternità fra popoli, fra genti che altri hanno voluto per troppo tempo divise.
Poche ore prima nella sala consiliare del Comune di Sežana gremita di donne e uomini provenienti da quattro diversi Paesi avevano parlato i protagonisti della giornata: Milan Wutte, presidente ZKP (Carinzia), Tit Turnšek, presidente ZZ NOB (Slovenia), Franjo Habulin, presidente SABA (Croazia), Carla Nespolo, presidente nazionale Anpi. Fratelli e sorelle, non solo per un giorno. E alla fine un comune documento sottoscritto, in cui si legge fra l’altro: “Vogliamo un’Unione Europea profondamente cambiata, che valorizzi il lavoro, la persona e la sua dignità, con un’altra politica economica, un’Europa sempre più forte, sempre più coesa, sempre più popolare. Vogliamo che dalle prossime elezioni esca vincitrice questa Europa e sia sconfitta l’Europa dei muri, delle barriere, dell’odio e delle discriminazioni”. (Clicca qui per il testo integrale del documento).
Poi, sempre insieme, a deporre una corona di fiori davanti al monumento alle vittime del fascismo. A conclusione, l’albero nella terra, un simbolo di vita antico come la vita.
Sežana, una tappa. Il 4 maggio Budapest. Perché è in corso la lotta per un’Unione Europea che cancelli le ombre del neofascismo, del nazionalismo, del razzismo e si confermi antifascista, così come prescrive la ragione ideale della sua nascita. E i partigiani e i loro figli e i loro eredi sempre in prima fila. Oggi più di ieri e meno di domani, come una dichiarazione d’amore.
Pubblicato martedì 23 Aprile 2019
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