Da settimane l’Afghanistan è ripiombato nell’incubo dell’integralismo talebano che, con particolare accanimento, è tornato a violare i diritti di libertà e autodeterminazione delle donne, specchio del grado di civiltà di ogni società.
Nel corso degli ultimi anni, nonostante il permanere di uno scenario di guerra e di occupazione militare da parte degli Stati Uniti e dei suoi alleati, le donne afghane, in particolare delle realtà urbane, erano riuscite, seppur relativamente, ad avviare, attraverso lo studio, il lavoro e la partecipazione a funzioni istituzionali, un percorso di riconoscimento della loro soggettività e a migliorare le loro condizione di vita.
Ora, la caotica modalità con cui gli Stati Uniti hanno dato luogo al ritiro militare e la contestuale occupazione del territorio da parte dei talebani, oltre al permanere di condizioni di instabilità, ha immediatamente riproposto il tema dell’eliminazione di quei diritti e di quelle conquiste, e il pericolo altissimo che possono correre le donne che si sono esposte per il progresso della società intera.
Nonostante tali pericoli e le limitate informazioni, in questi giorni, a Herat, Kabul e in altre aree del nord del Paese, abbiamo potuto vedere che le donne, con una straordinaria forza di ribellione e di idee, sono scese in piazza per rompere il silenzio e hanno coraggiosamente manifestato al grido di “diritti e libertà”.
Le donne afghane chiedono che vengano garantiti il diritto all’educazione, la libertà di parola, la possibilità di contribuire alla vita politica e sociale.
In Afghanistan a sostegno delle donne e non solo, operano diverse associazioni, tra queste, da oltre due decenni, c’è il Coordinamento Italiano Sostegno Donne Afghane Onlus (Cisda), che è riuscito a tessere una preziosa rete di relazioni a supporto delle attiviste locali con la presentazione di molteplici progetti e che in diverse città italiane ha già organizzato iniziative.
Ci piace segnalare “Vite Preziose”, finalizzato al sostegno a distanza delle donne afghane che intendono sfuggire dalla violenza e raggiungere l’autodeterminazione personale e politica. Tramite Hawca, il partner afghano di Cisda, sono nate una casa protetta, un centro culturale e un centro di aiuto legale.
Nel mese di luglio scorso il Coordinamento nazionale donne Anpi aveva inviato una lettera di condivisione e di adesione al progetto. E a seguito del precipitare degli eventi di agosto, ha lanciato un appello che richiama la necessità, a fronte della nuova, devastante emergenza umanitaria, di una mobilitazione urgente, anche di solidarietà materiale.
Per tali ragioni, va dato pieno sostegno alle associazioni che hanno deciso di rimanere nel Paese accanto alla popolazione civile, con un enorme rischio per la stessa sicurezza delle proprie operatrici e operatori.
L’appello più urgente che le organizzazioni umanitarie lanciano a tutti i Paesi è quello di aprire corridoi umanitari non solo per gli stranieri residenti in Afghanistan e per quanti hanno collaborato con la comunità internazionale ma anche per chi è nel mirino dei talebani, a cominciare dalle donne, ampliando la rete di sostegno alla popolazione femminile che cerca di resistere.
La solidarietà alle donne afghane sarà parte rilevante della manifestazione nazionale delle donne “TULL QUADZE/TUTTE LE DONNE. La voce delle donne per prendersi cura del mondo” promossa dall’assemblea della Magnolia che si svolgerà a Roma il prossimo 25 settembre che vedrà anche la partecipazione del Coordinamento nazionale donne dell’Anpi.
Pubblicato giovedì 16 Settembre 2021
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