È il Festival della canzone italiana eppure Sanremo non è solo questo. Non è una novità. Ma quest’anno Sanremo si fa partito! Nella conferenza stampa d’apertura Enrico Lucci provoca Amadeus con una “piccola domanda”, gli chiede: “…tu ti puoi definire antifascista?”, la risposta senza esitazione è Sì, anche Mengoni si dice antifascista e insieme intonano Bella ciao! Come inizio niente male, alla faccia di tutti quelli che ci girano intorno e se pure gli scappa di dirsi “antifascisti” poi trovano il modo di pareggiare per non scontentare nessuno.
Sul palco del Teatro Ariston si comincia a cantare, ma non solo. Dargen D’Amico con il brano Onda Alta non le manda a dire. Nel testo della canzone dice: “come si fa ad odiare un intero popolo”. E ancora: “siamo più dei salvagenti sulla barca”; l’onda alta è il nemico di chi spera di toccare terra dall’altra parte del Mar Mediterraneo, soprattutto dei bambini. Sempre nel testo della canzone: “…bambino, questa volta hai fatto un bel casino …per sentirti vivo …se la guerra è dei bambini, la colpa è di tutti quanti”. Ma non basta, al termine dell’esibizione, senza remore, riferendosi al brano, afferma: “…lo dedico alla mia cuginetta Marta, che adesso è a studiare a Malta …e ha avuto questa grande fortuna, ma non tutti i bambini hanno questa fortuna. Nel Mar Mediterraneo, in questo momento ci sono bambini sotto le bombe, senza acqua, senza cibo e in questo momento il nostro silenzio è corresponsabilità. La Storia, Dio, non accettano la scena muta …Cessate il fuoco”.
E ancora, durante la terza serata, l’Eros Ramazzotti che non t’aspetti. Al termine del suo storico brano Terra promessa, lascia andare la musica di sottofondo per dire: “Quasi 500 milioni di bambini vivono in terre di conflitto, altri milioni non vedranno mai la terra promessa …basta sangue, basta guerre. Pace!”.
E durante la serata di chiusura, il giovane Ghali (miracolosamente quarto nella classifica finale) canta: “La strada non porta a casa se la tua casa non sai qual è …ma come fate a dire che qui è tutto normale per tracciare un confine con linee immaginarie, bombardate un ospedale per un pezzo di terra o per un pezzo di pane …non c’è mai pace”. E alla fine dell’esibizione, lui, nato in Italia da genitori tunisini, cresciuto senza padre, lui, vissuto in un ambiente di degrado e criminalità, venendo anche arrestato da minorenne, lui, che durante la serata cosiddetta dei duetti e delle cover, ha cantato L’Italiano di Toto Cutugno per sottolineare che quando si nasce in Italia, pure da genitori stranieri, si è italiani, lui, che per rimarcare le contraddizioni della nostra società s’inventa un extraterrestre un scena, lui, crede di dover fare ancora di più e si lascia andare in quel: “stop al genocidio!” che risulterà essere la frase simbolo del festival di Sanremo 2024: il coraggio della verità si trasforma in orgoglio comune.
L’ambasciatore israeliano in Italia, Alon Bar, parla di “odio e provocazione”, non accorgendosi che ancora una volta perde l’occasione per pronunciare la parola più importante: “Pace”, se pure ricorda – e giustamente – che nella terribile strage del 7 ottobre praticata dai terroristi di Hamas, tra le 1.200 vittime, c’erano oltre 360 giovani trucidati e violentati nel corso del Nova Music Festival e che altri 40 di loro sono stati rapiti e si trovano ancora nelle mani dei terroristi.
Occasione persa anche per l’amministratore delegato RAI Roberto Sergio, quando in un comunicato stampa di solidarietà al popolo d’Israele e alla Comunità Ebraica dimentica anch’esso che il nemico comune rimane la guerra e laddove non si riesce proprio dirsi contro si rischia di far passare l’idea che si possa essere a favore! Equivoco in cui non sono voluti incappare gli artisti di Sanremo, perché rimane il fatto che alla fine della fiera la pace, come valore assoluto, risulterà essere il tema centrale della kermesse.
Hanno invocato in effetti la pace anche Diodato, Giuliano Sangiorgi dei Negramaro, che ha chiosato “Viva la musica, viva la libertà, viva la pace”; Tedua, in collegamento dalla nave al largo di Sanremo; Fiorella Mannoia durante Domenica In. E a proposito di Domenica In, durante la puntata che segue al festival arrivano anche le coraggiose motivazioni di Ghali: “Io sono un musicista prima di salire su questo palco… ho sempre parlato di questo fin da quando ero bambino …continua la politica del terrore, la gente ha paura di dire stop alla guerra, stop al genocidio, stiamo vivendo un momento in cui le persone sentono che vanno a perdere qualcosa se dicono viva la pace. Ci sono dei bambini di mezzo… quei bambini che stanno morendo, chissà quante star, quanti dottori, insegnanti, quanti geni, ci sono lì in mezzo”.
Ci permettiamo di aggiungere che la pace si fa in due, si fa tra due popoli in due Stati, magari qualcuno verrà ora a spiegarci che opporsi a questo è anch’esso un messaggio di pace e che le ragioni della guerra valgono per il fine ultimo della pace, ma per comprendere questa contraddizione non serve il coraggio degli artisti di Sanremo. Va da se tuttavia che per essere partito servono altri argomenti che non sia solo la pace e il partito di Sanremo ne ha sciolinati diversi.
BigMama è in gara con la canzone La rabbia non ti basta, in cui parla di violenza, bullismo e body shaming per parlare di sé. Accadimenti che l’hanno molto segnata soprattutto durante l’infanzia. Ha covato rabbia, odio e rancore, ma crescendo è riuscita a liberarsi di tutta quella negatività, trasformandola nella consapevolezza che si può vivere e amare liberamente, senza che gli altri debbano farti sentire sbagliata.
Il fiocchetto rosso onnipresente nelle esibizioni dell’intramontabile Loredana Bertè pone l’accento sul tema della violenza sulle donne, a farle da eco Rose Villain che dedica il duetto con Gianna Nannini alle donne.
Per quanto ci riguarda, sentiamo il bisogno di essere solidali con Alessandra Amoroso che ha ricevuto una valanga di insulti sui social, per lo più a sfondo sessuale, irripetibili, carichi di odio, che segnano la necessità di non stancarsi di combattere una battaglia culturale perché siano sempre garantiti dignità e pieno rispetto alla donna in quanto tale.
Durante la terza serata il tema dei diritti, dei diritti sociali, in special modo del diritto al lavoro …e alla vita, raggiunge l’apoteosi nell’esibizione di due “outsiders”. Amadeus dice: “…quattro lavoratori al giorno non tornano più a casa. Sono 1.485 i morti silenziosi che non fanno notizia”, Sanremo si fa serio. Salgono sul palco Paolo Jannacci e Stefano Massini con il brano inedito L’uomo nel lampo, ispirato alla vera storia di un operaio morto in fabbrica. L’esibizione è da brividi, pace e lavoro nel passaggio della canzone che narra “…tutti con il marchio addosso di questo paradosso, che il lavoro porta sotto terra, che l’operaio muore come in guerra”. Alla fine lo stesso Amadeus dirà: “il lavoro è un diritto che non prevede la morte e proteggere i lavoratori è un dovere”. Massini dirà: “…c’è un amore fondamentale, quello per i diritti, i diritti che ci spettano chiunque tu sia …diritti alla base di una parola …dignità”. Un trionfo!
Le briglie ormai sono sciolte. Mahmood dal suo canto sintetizza: “Viva le differenze e la libertà di pensiero sempre e comunque”; cos’è se non l’elogio delle diversità? E persino Edoardo Leo, a culmine di un intenso monologo dice la sua: “Il sole della cultura è l’ultimo spiraglio di luce prima del buio”.
C’è poi l’umanità di Giovanni Allevi in occasione del suo ritorno sulle scene dopo una lunga malattia, il quale esprime “la gratitudine, la riconoscenza per il talento dei medici, degli infermieri, di tutto il personale ospedaliero, la riconoscenza per la ricerca scientifica”; come anche Luca Argentero ringrazia “chi nel momento del buio la luce la accende: medici, infermieri, operatori sanitari”. Per dire che c’è bisogno di diritti, costituzionalmente riconosciuti che vanno sostenuti, dallo Stato, sopra ogni cosa. C’è la Costituzione a Sanremo!
Come in ogni partito che si rispetti c’è anche una minoranza, si fa per dire, quindi spazio al Giorno del ricordo che va sì celebrato al fine di ricordare l’orrore delle foibe e le loro vittime e, assieme il dramma dell’esodo di tanti italiani dalle loro terre, degli istriani, fiumani e dalmati, non dimenticando di ricordare però anche l’aggressione dell’Italia fascista nei confronti della Jugoslavia nell’aprile 1941, i campi di concentramento nell’isola di Arbe, dove migliaia di civili morirono di fame a causa della deportazione italiana, e perciò ricordando le efferatezze dei nazisti nell’attuale Friuli-Venezia Giulia, occupato con la piena collaborazione dei fascisti italiani, complici e responsabili – a cominciare dalla X Mas – di innumerevoli delitti. Ricordiamo dunque – nella Giornata del ricordo – tutte le vittime!
E poi, spazio a Ercolina e all’appello del movimento dei trattori, per dire che tra il costo di un bene al momento della produzione e il prezzo di vendita al consumatore finale c’è un divario eccessivo, generato da quello che in altri tempi avremmo chiamato extraprofitto.
E nel partito di Sanremo c’è la singolarità della questione generazionale, già, perché una cosa che colpisce dell’impianto generale del festival è che i giovani non sono semplicemente accolti o tollerati, sono protagonisti assoluti. I giovani a Sanremo sono a casa loro!
Durante l’ultima puntata si canta l’inno nazionale, a testimoniare, ove fosse ancora necessario, che Patria è un termine rappresentativo di valori universali, che non può essere abusato per fini politici. La Patria è di tutti coloro che l’hanno conquistata e per alcuni versi riscattata, e va collocata al posto che merita, ovvero nel cuore della Costituzione repubblicana.
Dal festival di Sanremo 2024 nel complesso sono arrivati messaggi di umanità, di valori, di sentimento, ciò che dovrebbe essere la politica, ciò che manca alla politica di oggi. Qualche malpensante ha detto quindi che Sanremo si fa partito. Ovviamente non è così perché nel buio dei partiti dire cose di buonsenso, assumersi la responsabilità di dirle, avere il coraggio di dirle o farle dire in un consesso così prestigioso lascia presagire alla “concorrenza sleale”, al ricorso a una strada parallela che raggiunga il traguardo ultimo della politica. Fa gridare al lupo al lupo, come se ci fosse da vergognarsi di dire cose, che poi non sono, non possono essere dei partiti perché appartengono esclusivamente del buonsenso. D’altronde qualcuno deve pur farlo per tenere ancora accesa la fiammella della speranza che le emozioni passano anche per la consapevolezza di dover osare al fine di raggiungere l’obiettivo del sogno.
Il partito di Sanremo ha messo all’ordine del giorno parole come pace, diritti, dignità, il trionfo della Costituzione, allora forse sbaglio, perché la Costituzione è di tutti, non di qualcuno, quindi non si può parlare di partito, se il silenzio però prende il sopravvento e ciò che dovrebbe essere di tutti non viene affermato da nessuno, se questo può servire a far suonare la sveglia per i partiti (quelli veri), allora ben venga il partito laico dei pensieri, che non si presenterà certo alle elezioni ma che crede che qualcosa possa cambiare. Pertanto forse deluderò qualcuno mai io, quest’anno, mi iscrivo al partito di Sanremo.
Vincenzo Calò, segreteria nazionale Anpi
Pubblicato martedì 13 Febbraio 2024
Stampato il 21/11/2024 da Patria indipendente alla url https://www.patriaindipendente.it/cittadinanza-attiva/il-partito-di-sanremo/