Una proposta di idee e riflessioni feconde sulla democrazia, preziose per capire questo nostro tempo complesso, un incontro tra generazioni e anche un’occasione per piantare semi di nuove sfide. Non poteva essere altrimenti la presentazione dell’ultimo libro di Carlo Smuraglia, presidente emerito dell’Anpi, Con la Costituzione nel cuore. Conversazioni su storia, memoria e politica, edito per i tipi del Gruppo Abele e scritto sotto forma di dialogo-intervista con il giovane ricercatore di diritto Francesco Campobello.
A Roma, nella sede della Cgil nazionale il 18 aprile, giorno di uscita del volume in libreria, una gremita e attentissima Sala Santi e i microfoni di RadioArticolo1 e di Radio Radicale hanno ascoltato gli interventi degli autori e di illustri esponenti dei diversi mondi attraversati da Smuraglia nei suoi intensi novantacinque anni. Donne e uomini che con lui hanno avuto affinità intellettuali, politiche, professionali o condiviso impegno civile e tante lotte: Nino Baseotto, segretario confederale di Corso d’Italia; la storica della Resistenza Isabella Insolvibile; Carla Nespolo, presidente nazionale dell’Associazione dei partigiani; Franco Ippolito, magistrato, presidente della fondazione Lelio e Lisli Basso; Giovanni Maria Flick, presidente emerito della Corte Costituzionale, già ministro della Giustizia.
Ogni ragionamento partiva da un libro che, va detto, smentisce luoghi comuni e vulgate perché la Resistenza e la sua eredità, la Costituzione, non sono stati affatto un patrimonio scontato, ma una ricchezza conquistata di continuo da proteggere e sulle quali vigilare lungo decenni, spesso pericolosamente scivolosi, della storia democratica italiana.
Il tratto formativo dell’opera, a cominciare dal titolo, è spiegato dal moderatore della tavola rotonda, il coautore Campobello, nato ben 60 anni dopo l’altro:
«Abbiamo intrapreso un viaggio nelle origini e nella storia della Repubblica e insieme nella vicenda biografica di Smuraglia, dalla scelta consapevole e convinta dell’8 settembre ’43 scandendone ogni tappa, il suo primo 25 aprile e i successivi all’insegna della festa, della testimonianza, dell’impegno e del ricordo, fino alle ultime ricorrenze, caratterizzate spesso da accesa contrapposizione».
Una narrazione del Paese, e dei tanti nodi cruciali che potevano cambiarne il corso, raccontata con la lente della Costituzione «perché ogni articolo della Carta rispecchiava anche il senso e il fine di un’esperienza umana esistenziale». Quella del partigiano, del docente universitario alla statale di Milano nel ’68, l’anno della contestazione giovanile, dell’avvocato che difese i partigiani nei grandi processi degli anni 50, fu in tribunale al fianco della famiglia dell’anarchico Pinelli, il giuslavorista che anticipò, facendo scuola, il tema della tutela della salute dei lavoratori, il componente del Consiglio superiore della magistratura, il pm nel processo Lockheed, uno dei più gravi scandali di corruzione degli anni 70, il senatore per tre legislature che mai volle allinearsi a posizioni di partito senza un proprio autentico convincimento, e infine del presidente dell’Anpi.
La Costituzione dunque, saldo ponte tra passato e presente ed elaborazione costante di prospettive per il futuro. Lo sottolinea il segretario confederale Cgil Nino Baseotto: «Siamo orgogliosi che il libro sia stato presentato nella casa del lavoro e dei lavoratori, conferma l’antica sintonia tra il sindacato e l’associazione partigiana guidata prima da Smuraglia e oggi da Carla Nespolo, ribadita nella difesa della Costituzione durante la battaglia referendaria, rafforzata in questi mesi dalle iniziative di “Mai più fascismi, mai più razzismi” e la grande manifestazione nazionale del 24 febbraio scorso». A cementare il lungo sodalizio anche «la straordinaria modernità dell’Anpi nella lettura della realtà sociale e politica, nella proposta antifascista e nella visione della Costituzione». Baseotto ha rievocato anche l’amicizia con Smuraglia, animatore della Rivista giuridica del lavoro, componente della consulta giuridica Cgil, punto di rifermento costante quando in gioco c’erano le ragioni del lavoro e della dignità dei lavoratori, purtroppo oggi dimenticate «troppo presto e troppo frettolosamente».
Poi è stata la volta di Isabella Insolvibile: «Il volume – ha segnalato la storica, autrice di saggi sulle stragi nazifasciste (l’ultimo, scritto con il procuratore Marco De Paolis, si intitola Cefalonia. Il processo, la storia, i documenti) – offre molteplici aspetti e argomenti di grande interesse per gli studiosi della Resistenza e, al contempo, è e testo utile anche ai non addetti ai lavori grazie alla narrazione coinvolgente capace di esporre vicende complesse e complicate con chiarezza e semplicità». Ed ecco allora tra i temi esplorati, altrimenti ignorati o snobbati dalla ricerca, la grande battaglia compiuta nel dopoguerra affinché la Costituzione, la legge fondamentale della Repubblica, promulgata nel ’48, divenisse imprescindibile norma quotidiana sia nella coscienza pubblica sia nella giurisprudenza, segnatamente in larga parte della magistratura, non epurata dopo il fascismo. Proprio perché la Costituzione è parametro interpretativo e bussola esistenziale ed etica di ogni sua attività, Smuraglia non indugia nel racconto biografico, pur avendo combattuto con la Divisione Cremona fino a liberare Venezia prima degli Alleati. Con la Costituzione nel cuore rappresenta è dunque, soprattutto, un contributo alle conquiste e ai risultati della più moderna e recente storiografia. Infatti, nelle origini della lotta di Liberazione e della Costituzione, si includono anche i fatti della “prima Resistenza”: gli accadimenti di Piombino, le 4 Giornate di Napoli, Cefalonia, gli episodi avvenuti nel Centro-Sud del Paese durante i giorni immediatamente precedenti e a ridosso dell’armistizio. Sono eventi estemporanei ed emergenziali, condannati inevitabilmente alla sconfitta, facendo però emergere – prosegue Insolvibile – una visione della Resistenza che può essere solo declinata al plurale, le Resistenze, dove quella armata è imprescindibile da quella civile e militare, tutte con pari dignità e importanza. Frutto di questa traccia scientifica è l’Atlante storico delle stragi nazifasciste al quale hanno lavorato giovani studiosi, la rete degli Istituti storici della Resistenza e l’Anpi. La memoria, inoltre, quella preziosa concepita da Smuraglia, consapevole e basata sulla conoscenza, è uno strumento che salvaguarda la verità dei fatti, di ciò che è stato, distante anni luce dalla memoria che si voleva a tutti costi “condivisa”, adottata in una fase politica recente per una strumentale “pacificazione” che si guardava bene di fare i conti con il passato fascista e anzi lo assolveva. Questione niente affatto risolta, avvisa Insolvibile, soltanto accantonata, perché i nuovi emergenti fascismi puntano ormai sull’auto-legittimazione. Lo dimostra la cronaca di Grosseto con la proposta di intitolare una strada ad Almirante e una a Berlinguer applicando una specie di “par condicio”.
Al centro dell’intervento di Carla Nespolo, presidente nazionale Anpi, già presidente dell’istituto storico della Resistenza di Alessandria e parlamentare per più legislature, sono stati i giovani di ieri e di oggi. A cominciare dal giovane di allora, Carlo Smuraglia. Apprezzando del libro il rigore e la forza morale, le scansioni temporali e di merito, utilissime per approfondire una pluralità di argomenti, Nespolo non ha nascosto la sorpresa per la dimensione soggettiva rivelata dal presidente emerito dell’Anpi «uomo assai riservato e niente affatto semplice». Per esempio, il racconto della madre che pianse dieci giorni quando lo studente universitario di giurisprudenza Smuraglia, sceso dalla montagna, decise di non fermarsi a casa, nelle Marche liberate, ma di arruolarsi per combattere nel risorto esercito italiano. Promettendo però ai genitori di laurearsi al più presto. Parola mantenuta: «aveva la tempra di sempre». Inaspettate anche altre affermazioni («difficile sentirgliele dire a voce») come quella, dopo aver guidato l’Anpi dal 2011 al 2017, di aver voluto una donna a succedergli per riconoscere il contributo delle donne nella Resistenza. Quindi una “confessione” di Nespolo: «mai avrei accettato l’incarico se Smuraglia non avesse acconsentito, e non è stato facile convincerlo, a mantenere un ruolo di primo piano nell’associazione». Occupandosi di una necessità fondamentale per l’Anpi: la formazione dei giovani, trasmettendo loro l’esperienza resistenziale e la memoria attiva, cioè impegno per incidere nell’oggi. E soprattutto, «come ininterrottamente ha fatto Smuraglia per l’intera vita, continuando a dedicarsi alla Costituzione, la radice della convivenza democratica». Nespolo ha ripercorso i momenti decisivi per ciò che l’Anpi rappresenta nell’Italia contemporanea, a iniziare dalla “nuova stagione”, avviata ufficialmente nel 2006 con l’apertura alle nuove generazioni antifasciste, fino alla grande vittoria referendaria del 4 dicembre 2016. Rilanciando un concetto proposto in Con la Costituzione nel cuore, Nespolo ha invitato a valorizzare il risultato della consultazione, straordinario per molti aspetti: «Oggi a fronte di una crisi di attenzione e partecipazione sia elettorale sia sociale, quel voto ha dimostrato, al di là di chi si è espresso per il No o per il Sì, che i cittadini italiani, le elettrici e gli elettori, oltre le differenti appartenenze, tradizioni e culture politiche si riconoscono nel vero unico tratto identitario del Paese, l’ammirazione per quella Costituzione scritta in dieci mesi da ragazzi e ragazze che avevano lottato contro l’occupazione nazifascista, sconfiggendo uno degli eserciti più potenti del mondo». La presidente dei partigiani ha inoltre ricordato la raccolta di firme promossa dal coordinamento “Mai più fascismi, mai più razzismi”, composto da 23 associazioni, e la proposta avviata con Smuraglia di un momento di dialogo degli antifascisti europei per contrastare “i muri” e i venti di guerra che stanno sollevandosi nel mondo.
Il diritto, il senso di giustizia nell’intreccio tra politica e storia italiana è stato il cardine dell’intervento del magistrato Franco Ippolito, presidente della fondazione Lelio e Lisli Basso. Partendo dal profilo di Smuraglia, persona dotata di sobrietà nelle argomentazioni, capacità di risolvere i problemi, rigore nei principi e nei valori, pubblico ministero nell’unico caso di un processo a ministri del governo tenuto in sede di Corte Costituzionale (il caso Lockeheed, appunto), uomo delle istituzioni repubblicane, presidente del Consiglio regionale della Lombardia, presidente di Commissione parlamentare, componente del Csm dal 1986 al 1990. Dell’organo di rilievo costituzionale di autogoverno della magistratura avrebbe potuto essere eletto vicepresidente. Perché non andò così? Spiega Ippolito: «“Innovando” una prassi in vigore dal ’58, il Capo dello Stato di allora volle votare e il suo favore si indirizzò verso un altro candidato». D’altronde non avrebbe potuto assolutamente condividere i principi di Smuraglia. «Fui io stesso testimone sgomento – continua Ippolito – di un’affermazione di quel Presidente della Repubblica: “Una comunità si fonda sull’oblio,bisogna dimenticare per andare avanti”». Il presidente della fondazione Basso ha ricordato l’opposizione tenace di Smuraglia quando, nel ’96, nel discorso di insediamento come presidente della Camera, un rappresentante del suo stesso partito di sinistra, propose l’equiparazione tra repubblichini di Salò e partigiani. Difficile non scantonare nell’agiografia, quando si ha a che fare con biografia tanto imponente, tuttavia parlano i fatti. Documenta Ippolito: «Smuraglia è stato un pioniere e un costruttore del diritto del lavoro e quando nel ’58 si propose per la cattedra il suo libro La Costituzione e il sistema del diritto del lavoro suscitò perplessità e diffidenza». Era il periodo del cosiddetto “congelamento costituzionale” in cui la Carta veniva interpretata sulla base del codice civile e chi provava a ripristinare la corretta gerarchia delle fonti giuridiche era addirittura guardato con sospetto. Allo stesso modo fu lunga la battaglia per affermare uno dei più grandi lasciti, a livello mondiale, della Costituente italiana: l’art 3 con il secondo comma sui doveri e i compiti della Repubblica, alla stesura del quale contribuì anche Lelio Basso, citato insieme a Terracini tra i padri nobili ne Con la Costituzione nel cuore.
Ha poi preso la parola Giovanni Maria Flick. Il presidente emerito della Corte Costituzionale, professore di diritto penale, ed ex ministro della Giustizia. «Sono solo un cittadino che ha scoperto la Costituzione durante i nove anni di lavoro alla Consulta, imparando ad amarla» ha esordito Flick. Autore nel 2017, di Elogio della Costituzione, pubblicato per le edizioni Paoline, con l’obiettivo di far conoscere, e precisamente far amare alle nuove generazioni la legge fondamentale della Repubblica: «vivere la Costituzione nella quotidianità, come indica Smuraglia, è la guida per seguire il percorso migliore». L’ex titolare del dicastero di via Arenula ha posto l’accento sulla straordinaria eleganza cristallina, agilità e semplicità del testo elaborato dai Costituenti, «bandisce il politichese, il giornalese, il burocratese». Poi l’affondo contro chi, a settant’anni dal primo volto libero degli italiani dopo vent’anni di regime, «con un referendum ha tentato di contrabbandare una decisione sulla Costituzione con una consultazione politica volta a legittimare il capo del Governo. Se l’operazione fosse riuscita si sarebbe messa una lapide sulla Costituzione». Ma la Costituzione ha ancora una sua attualità? La risposta di Flick coincide con quella di Smuraglia: la Carta non ha perso affatto smalto e valore, purtroppo però non è mai stata completamente attuata, “c’è stato uno scambio tra una costituzione mancata e una costituzione promessa”, aveva precocemente avvertito Calamandrei. Con la Costituzione nel cuore riesce a far capire ai giovani che la Costituzione è soprattutto un documento per il futuro perché nata dalla sofferenza di chi combatté contro il nazifascismo. Basti fare il paragone con la Costituzione europea, a cui Flick ha lavorato: un testo di 450 articoli scritto a tavolino, bocciato immediatamente da due Stati dell’Unione europea, «un mattone utile solo per fare da gamba a un mobile zoppo». Ben diversa la Costituzione italiana che, come diceva Calamandrei sta “nelle sabbie del deserto e nelle nevi della Russia” riferendosi a chi è morto prima che iniziasse la Resistenza, e perciò non capitale morale di una sola parte politica ma di tutti, dei 600.000 militari deportati, di chi rifiutòdi combattere nelle file della Repubblica sociale e venne fucilato, delle donne, dei giovani e degli anziani trucidati a Sant’Anna di Stazzema e a Marzabotto. La freschezza e validità odierna della Costituzione è confermata in questo momento storico dalla XII disposizione finale, «non la chiamerei transitoria», che vieta la ricostituzione del disciolto partito fascista, perché considerato un pericolo presunto e assoluto per la democrazia. Una norma, conclude Flick, che con la legge Scelba, «purtroppo male applicata», e la legge Mancino sulle discriminazioni, presagendo i rischi, rappresentano il futuro di un mondo che deve restituire centralità dell’uomo e, come ha scritto Smuraglia, insegnarlo alle giovani generazioni.
Carlo Smuraglia, dedicando il libro alla moglie Enrica Domeneghetti e ad Alessandro Pace «il mio vero maestro» (presenti in sala) ha spiegato di aver optato di pubblicare con il Gruppo Abele (molte e lusinghiere, oltreché remunerative, le offerte di altri) per i valori di pace e solidarietà che contraddistinguono la casa editrice e per l’amicizia col direttore, Livio Pepino, già segretario di Magistratura democratica. Una scelta coerente. Perché la coerenza, che oggi può apparire arcaica, non pretende affatto estremi sacrifici, anzi ripaga. E i libri contestati per la libera docenza all’università? «Ci ho solo messo un po’ di più ad ottenerla ma ho contribuito ad affermare temi e diritti importanti». E sempre per coerenza, nel 2002, abbandonò il suo partito, il Pci. «Però conservo gelosamente la mia prima tessera, quella del ’43, che durante la clandestinità dette un tipografo dette al nostro gruppo di “sbandati”, iscrivendoci tutti». Però gli ideali restano. «La mia casa sono l’Anpi e la Cgil». Cosa è stata la Resistenza, per Smuraglia? «Ai ragazzi che mi chiedono perché decisi di diventare partigiano cerco di spiegare come per un giovane della mia età, cresciuto nel fascismo, non c’era niente di più semplice, facile e istintivo, dopo l’8 settembre, del preferire la libertà alla cupezza della dittatura. Tuttavia – continua Smuraglia – con quell’esperienza cominciò un processo costellato di gioie e sconforto, di vittorie e sconfitte, ma di eccezionale maturazione collettiva». Sta qui la ragione della seconda, consapevole e matura scelta di Smuraglia di non tornare a casa e di affrontare un altro pezzo di guerra. Perché la Resistenza non è stata solo lotta con le armi, è stata progetto ricorrente del dopo. Le Repubbliche partigiane ne sono una testimonianza: la Carnia varò una norma esattamente identica all’attuale articolo 53 della Costituzione, un’altra gettò le premesse di una riforma della scuola pur sapendo, circondata dai nazifascisti, di avere i giorni contati. «Nella Resistenza ci siamo incontrati in tanti, ognuno profondamente diverso, e insieme abbiamo immaginato il futuro. Di Costituzione si parlava già e l’Assemblea riuscì a confrontarsi e andare avanti nonostante le rotture politiche, grazie a quell’esperienza comune». La Resistenza è stata soprattutto un magnifico sogno di democrazia. E quel sogno continua.
Pubblicato martedì 24 Aprile 2018
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