Una delle più belle e sentite tradizioni dell’antifascismo italiano è quella di riunirsi ogni 25 luglio davanti a un piatto di pastasciutta, ricordando e celebrando quella che la famiglia Cervi offrì a tutto il paese, Campegine, per festeggiare la caduta di Mussolini.
Come sempre succede, ma in questo caso è più evidente che mai, il 25 luglio 1943 la Storia si intreccia con le storie delle persone. Il Gran Consiglio del Fascismo, l’organo deliberativo del fascismo, sfiducia Mussolini che viene arrestato e imprigionato sul Gran Sasso. Dopo oltre vent’anni cade il regime fascista, e re Vittorio Emanuele III nomina il maresciallo Pietro Badoglio capo del governo.
Non appena appresa la notizia, un paese gioioso di poche migliaia di anime si riunisce davanti a un piatto di pasta.
La famiglia Cervi era una famiglia contadina, gente semplice. Di storie di gente semplice ne abbiamo perse a migliaia, e anche quel gesto dell’aver offerto la pasta a tutto il paese avremmo potuto facilmente dimenticarlo.
Invece oggi reiteriamo quel gesto e quella vicenda di un minuscolo paese di campagna per ricordare e celebrare la grande Storia. La pastasciutta antifascista è diventata una tradizione, e l’adesione di così tante e tanti a questo momento di convivialità è l’espressione di una coscienza condivisa da un intero Paese.
Quest’anno poi la celebrazione si è caricata di alcuni significati ulteriori. Sono passati ottant’anni da quel giorno, e tra pochi mesi saranno ottant’anni dalla fucilazione dei sette fratelli Cervi; ma il tempo passa inarrestabilmente, e non è poi tanto la cifra tonda dell’ottantesimo anniversario a rendere la pastasciutta antifascista 2023 così sentita e speciale.
La pastasciutta antifascista 2023 è stata così partecipata perché, a ottant’anni di distanza, il patrimonio culturale e valoriale della Resistenza è sotto assedio. Il tentativo di dare un colpo di spugna alla storia, con l’obbiettivo di riscriverne un’altra, c’è sempre stato. Oggi però con la destra al governo c’è chi lo rispolvera e impugna come strumento politico per demolire la memoria democratica. Così si spiegano, vien da pensare, le circa 300 pastasciutte organizzate in tutta Italia, le migliaia di volontari che si sono spesi e le decine di migliaia di partecipanti: il popolo non ci sta, e risponde numeroso ai tentativi di revisionismo.
Allo stesso modo, lo scorso 25 aprile ha registrato una partecipazione straordinaria, che ha reso evidente quanto ancora il sentimento antifascista sia radicato nel popolo italiano. Fondamentale per l’organizzazione e la riuscita della pastasciutta è stata, ed è ogni anno, quella straordinaria comunità di persone che è l’ANPI, l’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia.
Da Campegine, dall’Istituto Cervi e da Casa Cervi, ogni anno si leva l’invito all’organizzazione della pastasciutta e alla sua partecipazione, che l’ANPI sempre, in tutta Italia, raccoglie e fa proprio. L’attività dell’ANPI, faccio notare, si basa sul puro volontariato dei propri iscritti che, mossi da ideali antifascisti e democratici, dedicano tempo, impegno e risorse per la memoria della Resistenza e per la difesa della Costituzione. E in un torrido 25 luglio l’organizzazione di circa 300 pastasciutte in ogni angolo del Paese e in molti d’Europa fa capire quanto l’associazione dei partigiani sia forte e impattante, oltreché essenziale, per la vita pubblica.
L’Istituto Cervi, poi, ha due grandissimi meriti: ne è il promotore e ha sempre lavorato affinché la pastasciutta fosse una tradizione italiana, piuttosto che emiliana o addirittura reggiana.
L’Italia è il Paese dei mille campanili, e quella della pastasciutta è una storia non solo sopravvissuta al tempo ma anche al rischio di divenire tradizione di un singolo Comune o di una sola Regione. Solitamente ogni Municipio che come da Costituzione si riconosce nell’antifascismo celebra gli anniversari degli eccidi e dei fatti che lo hanno direttamente coinvolto, la pastasciutta antifascista invece, pur muovendo le sue mosse ogni anno da Casa Cervi, è un patrimonio nazionale e sta divenendo europeo.
Questo aver superato i confini del proprio luogo geografico si deve certamente a quello che i sette fratelli Cervi rappresentano. Sarebbe bello ricordare i fratelli Cervi solo per la pastasciutta che, indebitandosi fino al collo, offrirono al paese per celebrare la caduta del fascismo; li ricordiamo invece e forse soprattutto per la loro fucilazione, accorsa pochi mesi dopo, il 28 dicembre 1943, per mano fascista. È bene ricordarlo: non nazista ma fascista.
Sono stati stimati circa 40.000 partigiani Caduti nella guerra di Liberazione, i fratelli Cervi rappresentano tutti loro. L’ovvia, dolorosa, impossibilità a ricordare nomi e volti di ogni Caduto ha inevitabilmente portato a creare simboli.
Il lutto e la commemorazione per i fratelli Cervi sono il lutto e la commemorazione per tutti coloro che diedero la vita per conquistare una forma di società ancora mai vissuta, la democrazia. Allo stesso modo quando si commemorano e celebrano Gramsci, Matteotti o Gobetti non si onorano solo loro in quanto tali, ma la lotta antifascista tutta.
La storia, incredibile e straziante, del prelievo e l’esecuzione di tutti i figli maschi di una famiglia ha avuto un tale eco da renderli una delle più eloquenti immagini del sacrificio che la guerra di Liberazione ha richiesto.
Il 25 luglio abbiamo ricordato la caduta del fascismo e celebrato, quindi, tutti loro con questa che è una tradizione, se ci si pensa, “anomala”.
Le tradizioni solitamente sono gesti e azioni del passato che, per abitudine e uso, vengono riproposti periodicamente. Le tradizioni hanno a che fare col passato e col presente, quasi mai col futuro. La pastasciutta antifascista è invece una storia del passato che guarda al futuro, è certamente una tradizione, ma è un’usanza che ogni anno interroga i democratici e gli antifascisti, proponendo sempre nuovi spunti. Nel reiterarla ogni 25 luglio non vogliamo solo ricordare, ma anche costruire.
Tanti, non a caso, i discorsi tenuti durante le pastasciutte che hanno toccato temi di stretta attualità: il contrasto ai progetti di autonomia differenziata, la lotta alle diseguaglianze, il diritto al lavoro e la sempre più urgente questione ambientale. E poi il tema della legalità e della giustizia sociale, che sono il terreno su cui l’antifascismo afferma il suo modello di società.
Ho vissuto questa pastasciutta antifascista 2023 a Casa Cervi, dove si sta svolgendo il campo estivo di “Libera contro le mafie”, in cui ragazze e ragazzi provenienti da tutta Italia hanno prestato il proprio servizio per la realizzazione della pastasciutta. E mi rimane una cosa da questa pastasciutta.
Mi rimane l’orgoglio per la nostra comunità, quella antifascista e democratica, che è numerosa, entusiasta e coesa forse più di quanto immaginiamo.
Le decine di migliaia di antifascisti presenti alle pastasciutte di tutta Italia e gli oltre duemila accorsi a Casa Cervi che, a ottant’anni da quel gesto, sorridenti ed entusiasti, mangiavano assieme, mi hanno fatto pensare: “se ci vedessero i fratelli Cervi, beh, sarebbero orgogliosi di noi”.
Gabriele Bartolini, presidente Anpi “Casa della Memoria”, Roma
Pubblicato sabato 29 Luglio 2023
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