Le parole dei partigiani italiani che, in una serie di video chiedono giustizia per Giulio Regeni, stanno toccando il cuore di migliaia di persone.
E, tra loro, Paola e Claudio Regeni, i genitori del giovane ricercatore italiano ucciso in Egitto nel gennaio del 2016: “È un’enorme emozione, vedere e sentire persone che hanno contribuito alla democrazia in Italia, con le loro azioni, il loro coraggio e le loro idee; uomini e donne che hanno resistito e che continuano a farlo, dalla nostra parte, per e con Giulio. Grazie!”. Esprimono così la loro gratitudine ai partigiani, raggiunti attraverso Patria Indipendente. “La vostra vita è storia, che trasmette e testimonia i valori fondanti la nostra Costituzione. Con riconoscenza, Paola e Claudio Regeni”, si conclude il messaggio.
Non hanno esitato, donne e uomini della Resistenza, a prendere la parola e aderire all’iniziativa #partigianipergiulio: una maratona social sul sito e la pagina facebook dell’Anpi, che continuerà almeno fino a Natale e probabilmente anche dopo: perché i partigiani sono anziani, certo, ma ancora combattenti, contro ogni fascismo, per i diritti umani, per far vincere ancora una volta i diritti umani e della convivenza civile.
Guardano dritti l’obiettivo, come Laura Wronowski, partigiana delle Brigate Giustizia e Libertà e nipote di Giacomo Matteotti, rivolgendosi al presidente del Consiglio Giuseppe Conte: “Signor Presidente del Consiglio, chiedo giustizia per Giulio Regeni. Adesso. È passato troppo tempo. Troppo dolore. Faccia rispettare i diritti umani e la dignità del nostro Paese”.
Se la formula è la medesima, c’è chi, come il torinese Gastone Cottino, partigiano “Lucio” che sottolinea con enfasi “adesso”; mentre il toscano Fiorello Fabbri della Brigata Buricchi, ricorda di parlare anche a nome degli altri partigiani pratesi.
La genovese Mirella Alloisio, “Rossella”, appartenente al comando militare del Cln Liguria e, come ricorda, insignita della Croce al merito di guerra, ribadisce il concetto dei diritti umani; secca, veloce, la dichiarazione di Mario Candotto, friulano come Giulio, nella Resistenza combattente della Brigata Proletaria di Monfalcone, con il fazzoletto rosso garibaldino al collo: è passato troppo tempo, ribadisce, così come lo fanno il bolognese Renato Romagnoli, “Italiano” della settima brigata Gap, e la staffetta romana delle Brigate Garibaldi Luciana Romoli.
Altri si stanno mettendo in fila, registrando i loro video: perché come ha recentemente ricordato Gianfranco Pagliarulo, presidente nazionale Anpi, dopo la chiusura delle indagini da parte della Procura di Roma sul caso del giovane ricercatore torturato e ucciso al Cairo, i diritti umani sono stati alla base della Resistenza: per questo ora è necessario sollecitare il governo a cambiare passo.
“Ancora una volta ci associamo alla richiesta dei genitori di Giulio. Va ritirato l’ambasciatore. Vanno rivisti i rapporti con un Paese ritenuto amico, ma il cui governo non si è dimostrato degno di tale amicizia”, ha dichiarato Pagliarulo. Ricordando inoltre che “se l’Italia e l’Ue hanno posto a fondamenta della loro esistenza i diritti umani, non si possono avere due velocità e una reazione tentennante a seconda delle commesse militari. Serve la diplomazia e il negoziato ma sui diritti umani è necessaria la risolutezza. Aspettiamo da troppo tempo un segnale dal governo. Il problema non è alzare la voce ma fare gesti significativi come ritirare l’ambasciatore italiano in Egitto o sospendere le commesse militari”.
Pubblicato martedì 22 Dicembre 2020
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