Alessandra Ballerini, avvocato civilista, è stata consulente della Commissione Diritti Umani del Senato per il monitoraggio dei centri di accoglienza e di detenzione per stranieri e per la stesura, nel 2006, del Libro Bianco sui Cpta (Centri di Permanenza Temporanea e assistenza). Collabora con l’ufficio immigrati della Cgil, si occupa di donne vittime di violenza, minori, emarginati. Fa parte degli “avvocati di strada”; con il “Genoa Legal Forum” ha seguito le cause per il risarcimento di alcuni manifestanti pacifisti feriti durante il G8 del 2001. È coautrice del libro “Il muro invisibile” e di “Dalla parte del torto” sui fatti di Genova. Con Melampo edizioni ha pubblicato “La vita ti sia lieve”, storie di migranti e altri esclusi, e da ultimo insieme a Lorenzo Terranera “Fifa nera Fifa blu” con Donzelli editore. È il legale della famiglia di Giulio Regeni, il ricercatore torturato e ucciso in Egitto nel 2016.
Avvocato Ballerini, in Italia c’è o meno un crescente arrivo di migranti?
La rappresentazione del governo e dei media sulla presenza e l’arrivo di persone che fuggono da guerre o povertà non corrisponde affatto al vero. Non ci sono “invasioni” né emergenze. Mai, negli ultimi anni, il numero degli arrivi via mare in Italia è stato così basso come in questi ultimi mesi. sono soprattutto cittadini tunisini, rimandati indietro per colpa degli accordi di riammissione siglati con il nostro Paese. E lo stesso avviene con l’Egitto a partire dal 2007. Il record di sbarchi in Italia, 160mila, si è registrato nel 2016 quando con la guerra in Siria tanta parte della popolazione ha dovuto lasciare la propria terra. Ma nel resto d’Europa i profughi accolti hanno toccato il milione. Per di più chi arriva da noi spesso non vuole neppure restarci, non ci sono leggi o regolamenti o quote che tengano. “Gli uomini hanno piedi e non radici”, spiega il mio amico antropologo Marco Aime. Le persone si spostano in virtù dei loro talenti, della lingua che conoscono, oppure cercano di riunirsi alla famiglia, spesso in Germania, in Francia o in Svezia, dunque si “ricollocano” da soli. La vera emergenza piuttosto, oggi, sono i morti in mare, sui quali non si hanno dati certi ma solo una stima approssimativa, oltre 1.600 da gennaio scorso, il numero più alto nell’ultimo lustro. Mi riferisco ai corpi recuperati perché i barconi che si inabissano al largo della Libia non lasciano traccia. Spesso quando chiedo a persone che sono riuscite ad approdare se sono arrivati tutti vivi, con gli occhi lucidi mi rispondono di aver visto bambini inghiottiti dalle onde, di aver perso in mare fratelli, mogli. Questo raccontano i sopravvissuti. Inoltre ci sono migliaia di migranti rinchiusi nei lager libici, sottoposti a tortura, a trattamenti inumani e degradanti, le donne sono regolarmente stuprate. Lo denunciamo da tempo e solo adesso possiamo dirlo a voce alta perché ora anche l’Onu ha lanciato l’allarme.
Il decreto immigrazione, accorpato a quello sulla sicurezza è stato varato in appena un’ora, all’unanimità, dal Consiglio dei Ministri.
Una inumana follia. Abolire la protezione umanitaria è un’assurdità. Inoltre revocare o negare lo status di rifugiato a chi ha riportato una condanna anche solo in primo grado non rispetta l’artico 27, comma 2 della nostra Costituzione: un imputato è innocente fino a una sentenza di condanna che sia definitiva. Se da noi un processo riguarda un colletto bianco si invoca il garantismo ma, guarda caso, ciò non vale per gli stranieri. Per di più espellere una persona che ha ottenuto protezione in Italia perché nel suo Paese rischiava di essere perseguitata o di subire un danno grave, rimpatriarla magari per furto aggravato, equivale a infliggergli la pena di morte o la tortura.
Cosa comporterà la modifica della protezione per motivi umanitari?
Il permesso per motivi umanitari ha la sua fonte in una disposizione prevista dal Testo unico sull’immigrazione, l’art. 5 comma 6. Una clausola di salvaguardia. Fino ad oggi la legge prevede che le questure possano concedere un permesso di soggiorno ai cittadini stranieri non appartenenti all’Unione europea che presentino “seri motivi, in particolare di carattere umanitario o risultanti da obblighi costituzionali o internazionali”. L’articolo 2 della Costituzione prevede infatti un dovere inderogabile di solidarietà dello Stato italiano. E l’articolo 3 sancisce la pari dignità sociale, diritto inviolabile, in modo che nessuno possa subire soprusi. Aggiungo che l’articolo 10 comma 3 della Carta prevede il diritto all’asilo e per ottenerlo non c’è bisogno di essere vittime di tortura, essere perseguitati politici, non devi rischiare la pena di morte, è “sufficiente” che gli sia “impedito nel suo Paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana”.
E va detto che la forma di protezione più riconosciuta dalle commissioni territoriali e dai tribunali è giusto la protezione umanitaria. In futuro tutte queste persone rischiano di rimanere senza protezione alcuna. In questo modo si cancella il diritto di uguaglianza e di solidarietà e il diritto all’asilo sanciti nella Carta fondamentale della Repubblica.
Di più. Tra i principi guida adottati dalle Nazioni Unite nel 2012 si afferma che la povertà estrema nega la dignità e la parità delle persone nonché l’accesso ai diritti fondamentali. Cioè i cosiddetti migranti economici, se provenienti da un Paese dove, per esempio, manca l’accesso all’acqua o alle cure mediche o a un sistema di welfare che garantisca la sopravvivenza degli indigenti, sono offesi nella loro dignità e nel loro diritto alla vita.
Anche la previsione del raddoppio dei tempi di trattenimento nei Cpr, i Centri di permanenza per il rimpatrio, gli ex Cie, costituisce un passo indietro nel cammino dei diritti. Nei Cpr, lo sappiamo bene, stanno rinchiuse in condizioni spesso indecenti, persone che non hanno commesso alcun reato ma che, loro malgrado, non hanno un permesso di soggiorno: donne vittime di tratta, richiedenti asilo “rifiutati”, persone che hanno perso il lavoro, persone che pur avendolo richiesto non hanno ottenuto il permesso di soggiorno. Tutti imprigionati non per qualcosa che hanno fatto ma per quello che sono: stranieri sans papier.
Cos’era il sistema Sprar ora abolito dal decreto se non per i minori non accompagnati?
Le strutture del Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati erano gestite dai Comuni e dagli Enti locali, di ogni colore politico, e hanno dato ottimi risultati. Bisognava implementarle. Optare invece per i Cara, che fanno capo direttamente al ministero dell’Interno tramite i prefetti e finora hanno avuto esiti pessimi (basta ricordare il famigerato Cara di Mineo colpito da indagini penali), significa disinvestire nell’integrazione. E integrare costa molto meno di escludere, respingere, rinchiudere ed espellere. Oltretutto con la riduzione dei Sprar si perderanno centinaia di posti di lavoro, di italiani che operano nel terzo settore. Insomma si predilige ammassare le persone in centri dove la situazione è spesso sotto limiti della decenza e dove non esistono controlli efficaci.
Secondo Medici senza Frontiere, Panama avrebbe revocato l’iscrizione della nave Aquarius 2 dal proprio registro navale su pressioni del ministero dell’Interno italiano.
Non si vogliono le Ong nel Mediterraneo non solo perché, violando precetti internazionali, non si vogliono salvare vite in mare, ma anche perché così non ci saranno più scomodi testimoni su quanto accade in alto mare al largo della Libia. Abbiamo presentato diversi esposti sia per l’Aquarius sia per la Diciotti. I migranti arriveranno meno numerosi più semplicemente perché moriranno in mare o in Libia.
La questione immigrazione in Europa è legata al Regolamento di Dublino, non lo si doveva riformare?
L’europarlamentare Elly Schlein ha più volte denunciato che la Lega, ora al governo, non ha quasi mai partecipato alle riunioni di negoziato che sulla riforma si sono tenute a Strasburgo nel corso di due anni. È invece indispensabile cambiare il Regolamento secondo cui le persone devono chiedere asilo nel primo Paese di approdo. In questo modo diventano infatti “detenute” nello Stato dove arrivano (e che non le vuole) e sono costrette a spostarsi irregolarmente. Il risultato sono, per esempio, i respingimenti di massa a Ventimiglia, lungo la frontiera francese, o al Brennero, solo perché i migranti sono entrati in Europa dalla porta italiana. Se le perone potessero spostarsi liberamente si distribuirebbero da sole equamente per tutti i Paesi. Solo così si risolverebbe a monte la questione. Ed insieme alla riforma del regolamento Dublino bisognerebbe prevedere il visto di ingresso per motivi umanitari perché chi fugge dal proprio Paese lo possa fare in relativa sicurezza e in piena legalità.
Alessandra Ballerini è l’avvocato della famiglia di Giulio Regeni, il giovane ricercatore torturato e ucciso Al Cairo. Ci sono novità dopo le recenti visite in Egitto di rappresentanti del governo e delle istituzioni italiane?
No, restiamo in attesa di risultati. Intanto si moltiplicano le manifestazioni della società civile di vicinanza alla famiglia, accanto alla campagna di Amnesty International “Verità per Giulio Regeni”. Partita dal Friuli Venezia Giulia, il 3 ottobre arriverà nella capitale la ciclostaffetta “A Roma per Giulio”, promossa dall’associazione “Bisiachinbici” che consegnerà alle istituzioni una lettera della famiglia nella quale si spiega ciò che sarebbe necessario fare per ottenere la verità, che ancora non c’è. Il collettivo “Giulio siamo Noi” ha organizzato per il tre ottobre una mattinata con le scuole e una serata al Teatro India dove saranno presenti i genitori di Giulio e tanti artisti si esibiranno per Giulio.
Negli ultimi mesi, la società civile si è più volte mobilitata contro il razzismo e per il rispetto dei diritti umani.
#Apriteiporti, #Maglietterosse # Restiamoumani sono iniziative importantissime. Perché non basta mettere un like su una pagina Facebook, bisogna mobilitarsi in prima persona e andare in piazza. Bisogna lottare. Come peraltro previsto dalla dichiarazione Onu sui difensori dei diritti umani del 1999 “Tutti hanno il diritto, individualmente e in associazione con altri, di promuovere e lottare per la protezione e la realizzazione dei diritti umani e delle libertà fondamentali a livello nazionale ed internazionale” (art.1) e “Nessuno deve partecipare, con atti o omissioni, alla violazione dei diritti umani e delle libertà fondamentali, e nessuno deve essere soggetto a punizione o a qualunque tipo di azione vessatoria per essersi rifiutato di farlo” (art.10). Oggi più che mai lottare per i diritti inviolabili e dunque, di tutti è non solo un diritto ma un dovere.
Pubblicato venerdì 28 Settembre 2018
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